Sono passati 3 giorni da quando, in un surreale deposito di idrocarburi a Villasanta, tra serbatoi arrugginiti e muri scrostati, una ignota ma esperta mano criminale ha attivato valvole e pompe per far defluire gasolio e olio combustibile nelle fogne. Per ore i liquami petroliferi sono colati intasando e mettendo ko l'impianto che depura gli scarichi di 800.000 brianzoli, e da lì nel Lambro, senza che nessuno intervenisse per fermare quella che si è trasformata in marea nera, che ha raggiunto il Po ed ora minaccia il delta del grande fiume e gli approvvigionamenti idropotabili di intere città come Ferrara. Sulla 'mano criminale' si sono spesi fiumi di dichiarazioni di giusto sdegno. Cosa guidasse quella mano resta un mistero: il gesto di un folle? Una vendetta? Un avvertimento mafioso? Per ora sappiamo solo che la magistratura sta indagando sui contorni poco chiari della vicenda, che includono gli interessi legati alla trasformazione urbanistica del sito industriale ed anche sospetti di interessi da parte della criminalità organizzata.
Ma quello che appare nella sua sconcertante evidenza, fin d'ora, è la totale mancanza di dispositivi di sicurezza e l'inadeguatezza della reazione da parte delle istituzioni: se la colata è potuta durare per ore, è perchè nessun sistema di allarme si è attivato. Come ciò sia stato possibile in un sito industriale che accoglie migliaia di tonnellate di combustibili, è un mistero. Lombarda Petroli è una delle 287 industrie lombarde classificate 'a rischio di incidente rilevante', come tale obbligata a possedere e notificare un piano di emergenza. Per meglio dire: era una industria a rischio, in quanto esattamente un anno fa essa ha dichiarato di non detenere più gli ingenti quantitativi di idrocarburi da cui deriva la condizione di rischio. Gli interrogativi su cui dovrà indagare la magistratura sono relativi alla veridicità della dichiarazione e, soprattutto, all'assenza di controlli, in primo luogo da parte di Regione Lombardia.
Le vicende successive allo sversamento hanno poi messo in luce un incredibile livello di approssimazione e intempestività degli interventi, a fronte di un disastro che avrebbe dovuto richiedere l'immediata attivazione della protezione civile nazionale, non solo per dichiarare uno stato di emergenza ma anche, e soprattutto, per l'efficace coordinamento degli interventi: proprio la palpabile assenza di regia ha fatto sì che un grave atto di sabotaggio si trasformasse in catastrofe. Ma evidentemente la protezione civile e i poteri speciali, invocati per l'organizzazione di grandi eventi come Expo 2015, vengono invece tenuti alla porta quando si tratta di mettere in atto immediate azioni di contenimento di un danno grave per il più grande bacino fluviale italiano.
Molti cittadini sono ora giustamente indignati per l'accaduto, e chiedono a gran voce che il Lambro torni ad essere un fiume:
Abbracciamo il Lambro
Appuntamento sabato 27 alle ore 11.30 nel Parco Lambro di Milano.
Ingresso via Feltre (MM2 Udine):
Indignati per la selvaggia aggressione al fiume e al suo prezioso ecosistema stringiamo in un abbraccio simbolico il Lambro con una lunga catena umana.
Partecipate!
Firmate l'appello per chiedere che ci sia restituito il fiume curato e pulito!
Per approfondire leggi:
- Lambro, il mistero di quelle cinque ore trascorse dal sabotaggio fino all'allarme
- Ne è passato di gasolio sotto i ponti: le undici domande sul Lambro
- Lambro, specialisti rivelano: «Quegli assorbenti non servono»
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