Commissione Cultura Alternativa
Comitato per il diritto al mito/festa del bambino
Befana sul fiume Lambro 2014
BEFANA ONIRONAUTA
Sogno Bisogno
Presentazione
Venerdì 6 dicembre ore 21.00
Auditorium biblioteca civica “Monsignor Galbiati”
Verano Brianza
Durante la serata verranno presentati il tema di quest'anno, i laboratori e le nostre speranze per il futuro della Befana sul Lambro.
Come sempre ci accompagneranno letture e azioni teatrali e concluderemo la serata con un momento conviviale.
CONTRIBUTO CULTURALE / 1
I SOGNI SONO SEGNI DI UN ALTRO MONDO
di Alberto Bordogna
“I sogni son desideri di felicità” cantava la Cenerentola di Walt Disney, svelando anche ai più piccoli il legame scoperto da Freud tra sogno, desiderio e felicità.
Il resto l’ha fatto la pubblicità, facendo sì che il semplice desiderio diventasse un impellente bisogno.
Ma nel pensiero mitico, come nel mondo contadino o nella fantasia dei bambini, i sogni sono rivelazioni, premonizioni, anticipazioni, messaggi e segni – spesso oscuri e misteriosi – provenienti dal cielo, dagli dei o comunque da un altro mondo, esistente al di fuori della nostra mente.
Anzi questi segni sono tanto più potenti e significativi, quanto più sembrano indecifrabili, incomprensibili, lontani dall’esperienza quotidiana.
Il sogno è allora segno che occorre interpretare, dal momento che anticipa il futuro e reca in sé tutti i caratteri essenziali di questo: la novità, la possibilità e l’eccezionalità.
I sogni di Cenerentola sono chiari, comprensibili, concreti e vicini alla sua esperienza quotidiana, così come lo sono i suoi desideri: cambiare i vecchi e logori vestiti con abiti nuovi e sfavillanti, abbandonare una vita di stenti e sacrifici per cominciarne una nuova lussuosa.
Invece i sogni della Befana, provenendo da un mondo contadino, mitico ed infantile, sono segni intangibili, oscuri, tutti da interpretare, messaggi inviati dal cielo agli uomini: manifestazioni ed epifanie del nostro profondo bisogno di un altro mondo.
I SOGNI SONO SEGNI DI UN ALTRO MONDO
di Alberto Bordogna
“I sogni son desideri di felicità” cantava la Cenerentola di Walt Disney, svelando anche ai più piccoli il legame scoperto da Freud tra sogno, desiderio e felicità.
Il resto l’ha fatto la pubblicità, facendo sì che il semplice desiderio diventasse un impellente bisogno.
Ma nel pensiero mitico, come nel mondo contadino o nella fantasia dei bambini, i sogni sono rivelazioni, premonizioni, anticipazioni, messaggi e segni – spesso oscuri e misteriosi – provenienti dal cielo, dagli dei o comunque da un altro mondo, esistente al di fuori della nostra mente.
Anzi questi segni sono tanto più potenti e significativi, quanto più sembrano indecifrabili, incomprensibili, lontani dall’esperienza quotidiana.
Il sogno è allora segno che occorre interpretare, dal momento che anticipa il futuro e reca in sé tutti i caratteri essenziali di questo: la novità, la possibilità e l’eccezionalità.
I sogni di Cenerentola sono chiari, comprensibili, concreti e vicini alla sua esperienza quotidiana, così come lo sono i suoi desideri: cambiare i vecchi e logori vestiti con abiti nuovi e sfavillanti, abbandonare una vita di stenti e sacrifici per cominciarne una nuova lussuosa.
Invece i sogni della Befana, provenendo da un mondo contadino, mitico ed infantile, sono segni intangibili, oscuri, tutti da interpretare, messaggi inviati dal cielo agli uomini: manifestazioni ed epifanie del nostro profondo bisogno di un altro mondo.
CONTRIBUTO CULTURALE /2
SOGNO A DISTANZA
di Jacopo Ferrari
Il sogno è un epifenomeno umano a metà tra reale e immaginario, una rappresentazione in tutta la sua pienezza: chi sogna può avere l’impressione di essere spettatore e attore della scena, rispecchiandosi in un mondo che gli appartiene mentre gli annuncia la sua solitudine. Chi passeggia nell’onirico attraversa i territori della coscienza vigile e del noto, sprofondando nei meandri dell’immaginazione e dell’ignoto, terra di mezzo tra l’effettivo e il possibile, ipotetica linea di ricongiungimento tra la vita e la morte. Il sogno somiglia più a una relazione che a una cosa, più a un avvenimento che a un soggetto: potremmo definirlo un non luogo che accade nei movimenti del togliere-mettendo o del mostrare-celando, in apparenza simile alla fantasia, nell’intimo principio della percezione. Nel sogno si dissolve la contraddizione tra mondo e libertà, ambiente e corpo arrivano a coincidere, visione e motilità si equivocano. Nella regressione che per Freud è il sogno, la facoltà immaginativa dell’individuo passa per l’appunto da una coscienza dei processi mentali interni a una coscienza percettiva del mondo esterno, generando stati di allucinazione durante il sonno che definiamo sogno e che in quel momento viviamo come realtà. Se nel sonno la coscienza si assopisce nel sogno l’esperienza si risveglia, sinestesia che molto può mostrare in un attimo e nulla può nascondere per una vita. Oniro è “tò òn eìros”, dal greco “ciò che dice ciò che si è” o “ciò che dice il vero”, che se ne consideri il senso provvidenziale, premonitorio o psicanalitico. L’assurdità del sogno non è sintomo di casualità: essa indica la presenza nei pensieri onirici di contraddizione, scherno e derisione, segni evidenti di un’attività critica che interagisce col sogno e col sistema psichico stesso. L’estremizzazione, l’iperbole, caratterizzano la messa in scena del sogno in un buffo esaltato a livello del grottesco, un pauroso colorato di orrido, uno spiritoso esagerato così da finire nel burlesco, un bizzarro che si getta nel fantastico e mistico. Il sogno si colloca a metà tra una tela surrealista e un disegno patafisico, un proliferare di sensi simbolici in dinamiche contro gravitazionali, in cui l’impossibile si fa possibilità come nella veglia degli schizofrenici, nei giochi dei bambini e nell’atto creativo degli artisti. E come Isadora Duncan non avrebbe avuto bisogno di danzare se avesse potuto dire che cosa significasse la danza, così l’essere umano non avrebbe bisogno di sognare se sapesse afferrare il senso del sogno, dell’esperienza in sé e della vita. Attenzione a chi ha smesso di sognare, banale dirlo, come ripetere che il sogno nasce da una necessità involontaria, cresce appeso a un desiderio vegliardo e matura nel bisogno esistenziale di speranza. O forse banale è dirlo mentre è il lavoro di una vita immaginarlo, vederlo e replicarlo, in natura e cultura, religione e arte, processo mentale e mondo. I Riti, i giochi e le feste sono i sedimenti di tale lavorio umano condensato in strutture (gestualità, costumi, regole) contenenti i residui di un processo cui rimandano (la funzione in sé): qualcosa sta per qualcos’altro ma è anche quella cosa che sta avvenendo. E come le ritualità così anche il sogno rivela un legame umano con qualcosa di grandioso; un’attitudine generativa di ragione e di senso dove spesso significato e significante coincidono o si equivocano, dando vita a un mondo che è la vita stessa nel mondo, come contrasti e contrari che si dissolvono, come il sogno stesso in cui la mappa è il territorio ed è reale solo ciò che è mentale. Chi sogna crea la storia e rinuncia alla noia, saggia la possibilità dell’impossibile come vegliare sul sogno una volta svegli, come attendere i doni della befana che nessuno ha mai visto dal vivo. E da qui il titolo “Befana Onironauta: sogni bisogni”. Un gioco di parole che sta per un sogno all’ennesima potenza. Un sogno epifanico in cui la befana s’immerge con mani vuote e da cui riemerge con dolci sogni zuccherini e incubi inzuppati al carbone. La befana rassicura e provoca con amore, il suo sogno per l’umanità è più che un umano bisogno, è un sogno alla seconda, un bi-sogno di lucidità e curiosità sempre straordinarie (un sogno nel sogno), di devozione e umiltà verso gli antichi maestri (un sogno sul sogno). E mentre la befana galoppa nel gelo e buio dell’inverno tra storie rimosse e dimenticate dall’uomo, il fiume ci osserva e culla con i nostri sogni inespressi: che Oniro sia un’entità da indagare o un’esperienza già in atto, una rivelazione o un’evocazione, egoismo puro o drammaturgia, l’uomo fin dall’antichità vi ha scoperto quel nodo che lega la propria libertà alla necessità del mondo. Non disimpariamo a sognare.
Da Roma,
Vostro Jacopo
SOGNO A DISTANZA
di Jacopo Ferrari
Il sogno è un epifenomeno umano a metà tra reale e immaginario, una rappresentazione in tutta la sua pienezza: chi sogna può avere l’impressione di essere spettatore e attore della scena, rispecchiandosi in un mondo che gli appartiene mentre gli annuncia la sua solitudine. Chi passeggia nell’onirico attraversa i territori della coscienza vigile e del noto, sprofondando nei meandri dell’immaginazione e dell’ignoto, terra di mezzo tra l’effettivo e il possibile, ipotetica linea di ricongiungimento tra la vita e la morte. Il sogno somiglia più a una relazione che a una cosa, più a un avvenimento che a un soggetto: potremmo definirlo un non luogo che accade nei movimenti del togliere-mettendo o del mostrare-celando, in apparenza simile alla fantasia, nell’intimo principio della percezione. Nel sogno si dissolve la contraddizione tra mondo e libertà, ambiente e corpo arrivano a coincidere, visione e motilità si equivocano. Nella regressione che per Freud è il sogno, la facoltà immaginativa dell’individuo passa per l’appunto da una coscienza dei processi mentali interni a una coscienza percettiva del mondo esterno, generando stati di allucinazione durante il sonno che definiamo sogno e che in quel momento viviamo come realtà. Se nel sonno la coscienza si assopisce nel sogno l’esperienza si risveglia, sinestesia che molto può mostrare in un attimo e nulla può nascondere per una vita. Oniro è “tò òn eìros”, dal greco “ciò che dice ciò che si è” o “ciò che dice il vero”, che se ne consideri il senso provvidenziale, premonitorio o psicanalitico. L’assurdità del sogno non è sintomo di casualità: essa indica la presenza nei pensieri onirici di contraddizione, scherno e derisione, segni evidenti di un’attività critica che interagisce col sogno e col sistema psichico stesso. L’estremizzazione, l’iperbole, caratterizzano la messa in scena del sogno in un buffo esaltato a livello del grottesco, un pauroso colorato di orrido, uno spiritoso esagerato così da finire nel burlesco, un bizzarro che si getta nel fantastico e mistico. Il sogno si colloca a metà tra una tela surrealista e un disegno patafisico, un proliferare di sensi simbolici in dinamiche contro gravitazionali, in cui l’impossibile si fa possibilità come nella veglia degli schizofrenici, nei giochi dei bambini e nell’atto creativo degli artisti. E come Isadora Duncan non avrebbe avuto bisogno di danzare se avesse potuto dire che cosa significasse la danza, così l’essere umano non avrebbe bisogno di sognare se sapesse afferrare il senso del sogno, dell’esperienza in sé e della vita. Attenzione a chi ha smesso di sognare, banale dirlo, come ripetere che il sogno nasce da una necessità involontaria, cresce appeso a un desiderio vegliardo e matura nel bisogno esistenziale di speranza. O forse banale è dirlo mentre è il lavoro di una vita immaginarlo, vederlo e replicarlo, in natura e cultura, religione e arte, processo mentale e mondo. I Riti, i giochi e le feste sono i sedimenti di tale lavorio umano condensato in strutture (gestualità, costumi, regole) contenenti i residui di un processo cui rimandano (la funzione in sé): qualcosa sta per qualcos’altro ma è anche quella cosa che sta avvenendo. E come le ritualità così anche il sogno rivela un legame umano con qualcosa di grandioso; un’attitudine generativa di ragione e di senso dove spesso significato e significante coincidono o si equivocano, dando vita a un mondo che è la vita stessa nel mondo, come contrasti e contrari che si dissolvono, come il sogno stesso in cui la mappa è il territorio ed è reale solo ciò che è mentale. Chi sogna crea la storia e rinuncia alla noia, saggia la possibilità dell’impossibile come vegliare sul sogno una volta svegli, come attendere i doni della befana che nessuno ha mai visto dal vivo. E da qui il titolo “Befana Onironauta: sogni bisogni”. Un gioco di parole che sta per un sogno all’ennesima potenza. Un sogno epifanico in cui la befana s’immerge con mani vuote e da cui riemerge con dolci sogni zuccherini e incubi inzuppati al carbone. La befana rassicura e provoca con amore, il suo sogno per l’umanità è più che un umano bisogno, è un sogno alla seconda, un bi-sogno di lucidità e curiosità sempre straordinarie (un sogno nel sogno), di devozione e umiltà verso gli antichi maestri (un sogno sul sogno). E mentre la befana galoppa nel gelo e buio dell’inverno tra storie rimosse e dimenticate dall’uomo, il fiume ci osserva e culla con i nostri sogni inespressi: che Oniro sia un’entità da indagare o un’esperienza già in atto, una rivelazione o un’evocazione, egoismo puro o drammaturgia, l’uomo fin dall’antichità vi ha scoperto quel nodo che lega la propria libertà alla necessità del mondo. Non disimpariamo a sognare.
Da Roma,
Vostro Jacopo
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