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domenica 11 dicembre 2016

Lecco: l'appello delle associazioni ambientaliste per salvare la valle del Fraina

Immagine tratta dal blog malatidimontagna
WWF  Lecco  e Legambiente  Lario  Sponda Orientale e Lecco  entrano in campo e scrivono agli enti: Regione, Provincia e Comune chiamati a prendere una decisione in ordine alla derivazione idroelettrica in Val Fraina.

La Regione ha rilasciato nel 2011 un provvedimento di esclusione sulla base di criteri non in linea con le normative  comunitarie  in  materia  di  V.I.A.  (Valutazione  di  Impatto  Ambientale)  che  richiedono  la valutazione  degli  effetti  cumulativi  di  più  derivazioni  sullo  stesso  bacino  idrografico.  Il  provvedimento dovrebbe aver validità quinquennale ed è scaduto. Il datato provvedimento regionale inoltre non rispetta le previsioni della direttiva quadro sulle acque, che vieta utilizzi suscettibili di peggiorare la qualità delle acque superficiali: e la qualità delle acque del bacino idrografico a cui appartiene il  Fraina, tributario del Varrone, sono peggiorate anche a causa delle decine di impianti e dighe che hanno invaso quest’angolo di Valsassina.

Il recente  Piano di bilancio idrico della Provincia di Lecco, valutato il deterioramento della qualità delle acque del Varrone a valle del Fraina, e l’elevatissimo e insostenibile prelievo del bacino, conclude affermando che in tale caso NON possono essere attuate nuove derivazioni.

La Provincia di Lecco, pur richiamata dalla Regione, a valutare se in considerazione del tempo trascorso dalla valutazione del contesto ambientale e idrico di riferimento, e del suo mutamento, sia opportuno procedere a rinnovazione della verifica di valutazione di impatto ambientale, ad oggi non vi ha provveduto. Il Comune di Premana, altra istituzione chiamata in  causa,  è chiamato a pronunciarsi prossimamente  sullo sgravio degli usi civici dei suoi cittadini a uso e consumo del privato; il Consiglio Comunale deve decidere se chiedere alla Regione, a favore della società interessata allo sfruttamento del Fraina,  lo sgravio dall’uso civico dei pascoli, boschi e terreni dei suoi cittadini su cui dovrebbe essere realizzata la centrale e le opere di presa; opere  per  la  cui  realizzazione  sono  previsti  scavi e sbancamenti imponenti, anche in aree instabili geologicamente e oggi paesaggisticamente incontaminate.

Stiamo  assistendo  a un vergognoso e inaccettabile rimpallo di competenze, in cui le Pubbliche Amministrazioni, che devono rispettare il diritto comunitario in materia ambientale e ripristinare la legalità dell’azione  amministrativa, fanno  finta  di non vedere la drammaticità  della  situazione  dell’arco  alpino: costellato  da  migliaia  di  domande  di  derivazioni idroelettriche  insostenibili  ambientalmente, valutate in modo non conforme a quanto richiede la direttiva VIA  2014/52/UE  e la direttiva acque  2000/60/CE, come ben chiarito dalle procedure di pre-infrazione che pendono avverso l’Italia, EU Pilot 6011/14/ENVI e 7304/15/ENVI.

Mancano valutazioni di impatto cumulativo, non si considera  lo stato di qualità delle acque e il divieto di ogni azione che ne causi il peggioramento  (Corte di Giustizia,  sentenza C-461/13  del 1/7/2015:  la direttiva acque  osta all’autorizzazione di un progetto che possa provocare un deterioramento dello stato del corpo idrico interessato e non  è applicabile alcuna deroga), né  si vuole tener conto dei dati e delle indicazioni del Piano di bilancio idrico provinciale, che esclude la sostenibilità di ogni ulteriore prelievo sull’asta del Fraina.

Quanto agli incentivi pubblici, il Gestore dei Servizi Energetici ha proprio in questo mese reso noto che che per l’idroelettrico sono pervenute, nel termine di legge del 28 ottobre 2016, circa 565 domande di incentivo pari ad una potenza complessiva di 249 MW, il triplo rispetto al contingente disponibile di 79 MW messo a bando  con  il  D.M.  23  giugno  2016,  con  conseguente  ed  anticipato  saturamento  degli  incentivi  pubblici: segnalando anch’esso l’insostenibilità del prelievo.

Anche la recentissima Direttiva c.d. Derivazioni adottata, a seguito dell’intervenuta notifica allo Stato italiano della procedura di infrazione della Commissione Europea (EU PILOT 6011/14/ENVI), dall’Autorità di Bacino del Fiume Po nel dicembre 2015 ed avente ad oggetto la valutazione del rischio ambientale connesso alle derivazioni  idriche  in  rapporto  agli  obiettivi  di  qualità  definiti  dal  Piano  Distrettuale  Idrografico  Padano, conferma ancora una volta la contrarietà a ogni principio di tutela di ogni ulteriore derivazione sul bacino a cui appartiene il Fraina.

Le associazioni chiedono dunque:
  1. al Comune  di Pemana:  di rifiutare lo sgravio degli usi civici a favore di un’iniziativa insostenibile ambientalmente,  come  dimostrano  tutti  i  dati  ufficiali,  e  di  difendere  i  beni  comuni,  ambiente, acqua,  salute  richiedendo  a  Provincia  e  Regione  la  ripetizione  della  VIA  secondo  criteri  legali  e secondo le attuali condizioni del torrente ed ambientali in genere, tra cui la drammatica riduzione delle precipitazioni;
  2. alla Provincia  di Lecco:  di richiedere d’imperio e in attuazione della normativa comunitaria, oltre che sulla scorta  delle indicazioni Regionali, una nuova procedura di V.I.A.  che tenga conto degli impatti cumulativi delle diverse derivazioni sul Fraina e sul bacino a cui appartiene il torrente;
  3. alla  Regione  Lombardia:  di  adempiere  al  proprio  ruolo  di  istituzione  chiamata  a  dare  attuazione corretta al diritto comunitario, ai principi di prevenzione e precauzione e alle direttive UE, di disporre ai sensi della Legge 5/10 ogni azione in autotutela per il ripristino della legalità violata.
Le Associazioni procederanno a segnalare il caso alla Commissione UE,  quale ulteriore oggetto di infrazione delle direttive V.I.A. ed acque, nell’ambito delle procedure di infrazione già aperte, e si riservano ogni azione legale,  nel caso in cui non si assista  a una netta e doverosa azione  pubblica  a difesa dei beni ambientali a rischio.

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