Presentazione del volume di scritti di Guido Lopez "Finché c'é carta e inchiostri c'é speranza". Dalle leggi razziali al dopoguerra: memorie di uno scrittore ebreo.
Giovedì 21 febbraio 2109
ore 21.00
Cesano Maderno (MB)
presso Sala Aurora di Palazzo Arese Borromeo
Patrocinato dal Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano, a cura di Fabio Lopez.
Interviene Rossana Veneziano, Graduate Yad Vashem, collaboratrice CII Insubria Varese, presidente Rotary Club Varedo e del Seveso.
A cura dell'Associazione Senza Confini.
Guido Lopez è stato molte cose: scrittore, giornalista, organizzatore e promotore culturale, pi-erre prima che nascessero le pubbliche relazioni. Ebreo, nato nel 1924 in una colta famiglia sefardita milanese, Guido Lopez ha vissuto molte vite che si sono intrecciate con i grandi avvenimenti della Storia italiana. Vite che per decenni ha annotato su diari, fogli sparsi, articoli, da cui è nato il libro di memorie «Finché c’è carta e inchiostri c’è speranza» (a cura di Fabio Lopez, prefazione di Gino Cervi. Mursia, pagg, 556 euro 20).
Il diario, suddiviso in quattro parti, si apre con le storie dell’adolescenza: Guido è figlio di Sisa Tabet e Sabatino Lopez, drammaturgo e critico teatrale, presidente della Siae, amico di Carducci, Pascoli, d’Annunzio, Eleonora Duse e altri grandi dell’inizio del Novecento. Il piccolo Guido respira cultura e vuole studiare, un sogno che si infrange nel settembre del 1938 con le leggi razziali. Per imparare un mestiere si improvvisa apprendista vetraio, ma proprio non è capace. Grazie a Alberto Mattarelli, che corre il rischio di assumere un ebreo, riesce a rimediare un lavoro da «mezze maniche» alla casa editrice Sonzogno. Ci resterà fino al 1942 quando arriva l’ordine dall’alto: licenziare l’ebreo. Le cose precipitano, la famiglia è costretta a scappare. Si dirige verso la Svizzera. Guido annota nei suoi diari i momenti disperati e convulsi di quei giorni, la fuga, l’arresto a Luino, la salvezza.
Nella seconda parte c’è il periodo di esilio in Svizzera nei campi di lavoro e poi a Losanna, dove tra le varie avventure c’è anche quella teatrale: con Lele Luzzati, Fersen e Zeller e altri ebrei italiani mette in scena Re Salomone e la Regina di Saba. È la prima opera di Fersen che poi con Luzzati - scenografo e costumista di quel primo spettacolo - fonderà il Teatro Ebraico. Il 20 luglio 1945 i Lopez rientrano a Milano liberata.
La terza e quarta parte del diario di Lopez sono un affresco strabiliante della vita culturale dell’Italia del dopoguerra che Guido racconta dal un osservatorio privilegiato; l’ufficio stampa della Mondadori. Incontra i grandi e li racconta: le conversazioni a villa Mondadori tra Montale e Hemingway, che tra e varie cose ammette che «William Faulkner è il solo che lo batta. Col whisky», prende un tè a Los Angeles con Thomas Mann, è di casa da Fernanda Pivano, diventa amico tra gi altri di Marino Moretti ( e della sua tartaruga Cunegonda), di Vittorini, di Dino Buzzati, di Alberto Moravia, di Enzo Bettiza che incontra alla redazione di «Epoca Lettere» dove attorno a Piovene si concentra un gruppo di giovani intellettuali che, scrive Lopez «cercava un posto nel mondo».
Nell’ultima parte del diario sulla scena culturale italiana irrompe il mondo della pubblicità e Guido non può mancare: diventa copywriter per l’agenzia JWT. Innesta la sua cultura immensa in un mondo che cerca facili slogan per vendere, si inventa gli eventi ( è sua la prima festa sui navigli per promuovere uno smalto per unghie) e intanto riflette sui nuovi linguaggi. Sono anche gli anni in cui comincia a scrivere di Milano (esce con Mursia nel 1965 la prima edizione di Milano in Mano, una guida storica che ha avuto 18 edizioni) e torna alle sue radici ebraiche interrogandosi su che cosa significhi essere ebreo. Gli risponde l’amico Primo Levi che gli scriverà: «Ti propongo uno slogan. Essere ebrei è difficile, pericoloso, ma stimolante.»
Guido Lopez si è spento a Milano nel 2010. La curatela del diario è di Fabio Lopez.
Per informazioni: press@mursia.com tel. 0227727326
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