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giovedì 21 gennaio 2021

Il piano industriale A2A potrebbe nascondere qualche insidia per l’ambiente e per la libera concorrenza

di Dario Balotta, presidente Osservatorio Nazionale Liberalizzazioni Infrastrutture e Trasporti

Non è dato a sapere se il “roboante” piano industriale decennale di A2A presentato ieri, 20 gennaio 2021, da Mazzoncini sia stato approvato anche dagli azionisti di controllo pubblici (Milano e Brescia che insieme detengono il 50% di A2A) oppure no.

I due pilastri strategici del piano industriale sono l’economia circolare e la transizione energetica, certamente condivisibili sulla carta e ampiamente menzionati in ogni piano industriale presentato a Piazza Affari da qualche tempo a questa parte.  Non sono chiari però gli  strumenti che verranno adottati per conseguire gli obiettivi del piano decennale nel caso di A2A.  Il 73% degli investimenti programmati (per complessivi 16 mld) riguarda i facili business amministrati o contrattualizzati con la pubblica amministrazione. Questo in primis per rassicurare il mercato e gli azionisti privati (49%) sempre più pretenziosi di dividendi certi e crescenti nel tempo che solo la mano pubblica sa e può garantire alle proprie aziende pubbliche.  A2A così continuerà  a bruciare rifiuti per generare energia nel mega inceneritore di Brescia. Proseguirà  sulla strada dello sfruttamento delle rendite di posizione monopoliste dei servizi comunali (reti luce, gas, teleriscaldamento e servizi idrici)  e proseguirà nello sfruttamento delle concessioni delle grandi derivazioni idroelettriche.
Sono previste azioni volte ad una crescita nel recupero di energia dai rifiuti, obiettivo non proprio circolare. Nel piano si lascia intendere che sarà supportato dal generoso supporto delle tariffe amministrate e dai consistenti  sussidi pubblici (diretti ed indiretti). Le  facili acquisizioni societarie restano sullo sfondo, prefigurando un’ulteriore concentrazione dell’offerta dei servizi.

Sullo sfondo della crescita degli utili maturati nei settori regolamentati particolarmente graditi all’azionista privato ed a quello pubblico, si profila dunque un piano industriale che potrebbe nascondere qualche insidia per l’ambiente e per la libera concorrenza.

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