La forza delle cose semplici
A cura di: Simona Bartolena
6 ottobre - 14 ottobre 2012
Inaugurazione mostra: sabato 6 ottobre 2012, ore 17.00
annullo postale solo domenica 7 ottobre, dalle ore 10 alle 17,
Presso il Municipio - Piazzetta Marconi, 3, Busnago (MB)
Orari di apertura:
da lunedì a venerdì dalle ore 15,00 alle ore 19,00
sabato e domenica dalle ore 9,30 alle ore 19,00
Scolaresche o gruppi, al mattino su appuntamento
La conferenza è fissata per lunedì 8 ottobre, alle ore 21
presso la biblioteca di Busnago in Via San Rocco
Giovanni da Busnago
di Simona Bartolena
Ci sono artisti che, pur mantenendo un ruolo di rilievo nella scena nazionale, restano profondamente legati a un luogo; è il caso di Giovanni Colombo, non a caso meglio noto come Giovanni da Busnago, pittore nato nel 1908 e scomparso nel 1972 a seguito di un incidente d’auto, il cui ricordo è ancora oggi freschissimo nella memoria dei suoi concittadini, che, giustamente, hanno deciso di ricordarlo con una grande antologica, a quarant’anni dalla sua morte.
Autodidatta, di professione spazzacamino, con “una gamba di legno e un cervello molto felicemente creativo” – come scrive di lui Giuseppe Martucci –, Giovanni da Busnago tiene la prima personale a Roma, in Palazzo Torlonia, nel 1932, esposizione alla quale ne fa seguito, quattro anni dopo, una seconda, presso la Galleria Angelelli, ma è a Milano che l’artista ottiene finalmente l’attenzione della critica e raggiunge la meritata fama. Legato al circolo dei pittori di Bagutta e amico dei Chiaristi milanesi, Giovanni si guadagna la fama di colleghi quali Filippo de Pisis, del cui linguaggio, certo, la pittura di Colombo porta un’eco, senza mai esserne, però, debitrice. Come de Pisis egli si dedica perlopiù al paesaggio e alla natura morta, interpretandoli con uno stile che media la lezione impressionista a una pennellata istintiva, dinamica e vigorosa, a tratti sommaria, spesso sorprendentemente ingenua. Un’ingenuità che nello stile, inconfondibile, di Giovanni emerge con disarmante immediatezza, libera da qualsiasi vincolo culturale e per questo sempre vigorosa, personale, capace di narrare il vero, di fermare sulla tela l’emozione di un momento, il ricordo di uno scorcio, l’atmosfera di una veduta con un candore e una sincerità che ben raramente si colgono nell’opera di artisti più colti e artisticamente dotti.
Le opere di Giovanni da Busnago raccontano un mondo che oggi non c’è più: la Milano dei Navigli, dei vicoli, delle lavandaie, dei mercati…, una Venezia struggente, a tratti malinconica e una Brianza – la sua Brianza – dai paesaggi armoniosi e verdeggianti, con i suoi borghi e le sue chiesette; luoghi perduti che rivivono sulle tele dell’artista, abilissimo nel suggerire, senza mai descrivere nel dettaglio, l’emozione di un paesaggio e di una veduta.
Stilisticamente più volte avvicinato a de Pisis o ai Chiaristi, definito erede dei naturalisti lombardi, descritto come un “post-impressionista”, Giovanni da Busnago è, in fin dei conti, un artista che ha trovato nella libertà (pittorica e umana) l’unica via espressiva, approdando in modo del tutto istintivo a uno stile personale e profondamente efficace.
di Simona Bartolena
Ci sono artisti che, pur mantenendo un ruolo di rilievo nella scena nazionale, restano profondamente legati a un luogo; è il caso di Giovanni Colombo, non a caso meglio noto come Giovanni da Busnago, pittore nato nel 1908 e scomparso nel 1972 a seguito di un incidente d’auto, il cui ricordo è ancora oggi freschissimo nella memoria dei suoi concittadini, che, giustamente, hanno deciso di ricordarlo con una grande antologica, a quarant’anni dalla sua morte.
Autodidatta, di professione spazzacamino, con “una gamba di legno e un cervello molto felicemente creativo” – come scrive di lui Giuseppe Martucci –, Giovanni da Busnago tiene la prima personale a Roma, in Palazzo Torlonia, nel 1932, esposizione alla quale ne fa seguito, quattro anni dopo, una seconda, presso la Galleria Angelelli, ma è a Milano che l’artista ottiene finalmente l’attenzione della critica e raggiunge la meritata fama. Legato al circolo dei pittori di Bagutta e amico dei Chiaristi milanesi, Giovanni si guadagna la fama di colleghi quali Filippo de Pisis, del cui linguaggio, certo, la pittura di Colombo porta un’eco, senza mai esserne, però, debitrice. Come de Pisis egli si dedica perlopiù al paesaggio e alla natura morta, interpretandoli con uno stile che media la lezione impressionista a una pennellata istintiva, dinamica e vigorosa, a tratti sommaria, spesso sorprendentemente ingenua. Un’ingenuità che nello stile, inconfondibile, di Giovanni emerge con disarmante immediatezza, libera da qualsiasi vincolo culturale e per questo sempre vigorosa, personale, capace di narrare il vero, di fermare sulla tela l’emozione di un momento, il ricordo di uno scorcio, l’atmosfera di una veduta con un candore e una sincerità che ben raramente si colgono nell’opera di artisti più colti e artisticamente dotti.
Le opere di Giovanni da Busnago raccontano un mondo che oggi non c’è più: la Milano dei Navigli, dei vicoli, delle lavandaie, dei mercati…, una Venezia struggente, a tratti malinconica e una Brianza – la sua Brianza – dai paesaggi armoniosi e verdeggianti, con i suoi borghi e le sue chiesette; luoghi perduti che rivivono sulle tele dell’artista, abilissimo nel suggerire, senza mai descrivere nel dettaglio, l’emozione di un paesaggio e di una veduta.
Stilisticamente più volte avvicinato a de Pisis o ai Chiaristi, definito erede dei naturalisti lombardi, descritto come un “post-impressionista”, Giovanni da Busnago è, in fin dei conti, un artista che ha trovato nella libertà (pittorica e umana) l’unica via espressiva, approdando in modo del tutto istintivo a uno stile personale e profondamente efficace.
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