di Arturo Lanzani e Antonio Longo
Un grande parco regionale metropolitano unitario intorno al nucleo centrale della città di Milano è davvero l’immagine più utile per disegnare il futuro dell’area metropolitana Milanese? E la risposta alla previsione di un parco unitario e indifferenziato può essere solo la definizione di una corona circolare, un parco orbitale limitato al contesto urbano milanese o poco più esteso?
Nelle note che seguono vorremmo provare a tratteggiare un possibile disegno coerente con gli obiettivi del Progetto di Legge Regionale, informato da principi di accorpamento e semplificazione, ma che rappresenti l’occasione per una nuova visione articolata e aperta. Ridisegnando la geografia dei parchi in coerenza con i paesaggi che condividono e con le acque che li attraversano e, contemporaneamente, esplicitando la relazione di ciascuno dei nuovi insiemi con il corpo centrale della città di Milano, l’assetto che proponiamo intende essere in relazione con la storia, considera degli aspetti ambientali che uniscono il capoluogo al suo territorio, interpreta le qualità che fanno della metropoli Milanese una città di città, la cui forza sta nelle relazioni riconosciute tra la dimensione regionale e quella globale.
Un disegno aperto e inclusivo potrebbe articolarsi attorno a sei Grandi Parchi Regionali Metropolitani percorsi e caratterizzati dalle acque che valicano i confini della Città Metropolitana e i territori delle provincie adattandosi al paesaggio, all’organizzazione storica e alle reti di collaborazione nel governo presenti nel territorio, oggi in parte negate dalla nuova artificiale divisione amministrativa della città metropolitana:
Un grande Parco dell’Olona Bozzente Lura che unisca il PLIS dei Mulini e della Bassa Valle Olona, la zona a Est del Parco del Roccolo e risalendo i PLIS della Media Valle Olona, del Lura, del Rugareto, del Fontanile San Giacomo, del Rile Tenore Olona, fino a comprendere il Parco Regionale della Pineta di Appiano Gentile. Un grande parco che troverebbe a Milano la sua testata lungo lo scolmatore dell’Olona nell’insieme del parco delle Cave e nel Bosco in Città, nel parco di Trenno, nell’area dell’Ippodromo e della Montagnetta di San Siro includendo la porzione nord-orientale del Parco Agricolo Sud Milano.
Un grande Parco del Ticino e dei Navigli, che unisca il parco regionale del Ticino e i PLIS delle Rogge, dell’Alto Milanese, la porzione a ovest del parco del Roccolo, il settore del Parco Sud compreso tra la direttrice il naviglio pavese (Rozzano, Lacchiarella Parco delle Risaie) e la direttrice per Novara e che abbia come suo punto di massima penetrazione urbana milanese nel Naviglio Grande, nel ridisegno dello scalo di San Cristoforo e nella nuova Darsena.
Un grande Parco Agricolo Sud, Della Vettabbia del Lambro esteso fino all’Adda che comprenda buona parte del Parco Agricolo Sud Milano oltre il Naviglio Pavese l’intero Parco Regionale dell’Adda Sud e i PLIS dei Fontanili, del Fiume Tormo, del Serio Morto, del Brembiolo, di San Colombano del Sillaro e che troverebbe una sua testata milanese nel parco del Ticinello, della Vettabia nel Porto di mare.
Un grande Parco dell’Adda Nord, della Martesana e dell’Alta Pianura Vimercatese che unisca il Parco Regionale dell’Adda Nord, il Parco Regionale di Montevecchia, i tre PLIS del Vimercatese (Rio Vallone, Molgora, Cavallera est), i PLIS bergamaschi del Canto del Bedesco, Basso Brembo e della Gera e, come spina dorsale del sistema verso Milano il neonato PLIS della Martesana che, integrato con il PLIS delle Cascine e delle Cave potrebbe attestarsi a Milano nella porzione più facilmente e utilmente riapribile del Naviglio, in continuità con via Melchiorre Gioia (la strada più brutta nel quartiere più moderno della città) fino alla conca di San Marco, affrontando il nodo idraulico del Seveso.
Un grande Parco della valle del Lambro che comprenda l’attuale Parco Regionale e che unisca gli spazi aperti del PLIS della Media Valle Lambro estendendosi fino a San Giuliano Milanese e Rocca Brivio attraversando la città di Milano e i suoi parchi. La Valle del Fiume Lambro attraverserebbe e includerebbe il parco del Segrino, della Valletta delle Colline Briantee, il Parco della Cavallera a Vimercate, l’ipotizzato parco Almasolis a nord-ovest di Monza. Nella parte più densa dell’area Mianese il Parco della Valle del Lambro darebbe accesso diretto e connessione all’Idroscalo dal centro della città di Milano e connetterebbe come una collana il sistema dei parchi urbani e degli spazi aperti agricoli urbani della Cascinazza a Monza, delle collinette Falck, dei Parchi milanesi Lambro, Rubattino e Forlanini nella sua completa estensione tra Viale Argonne e l’Idroscalo, Monluè e Ponte Lambro.
Un grande Parco Nord del Seveso e delle Groane, che unisca il Parchi delle Groane e i PLIS del Grugnotorto Villoresi, della Brianza Centrale, della Brughiera Briantea e il Bosco delle querce a Seveso, che trova la sua testata a Milano a Niguarda nel Parco Nord Milano e nelle connessioni con le aree di Bruzzano, di Affori, il PLIS della Balossa, e il parco delle Groane. Visto da Milano non solo metterebbe in relazione la città con il bacino naturale di uno dei corsi d’acqua potenzialmente più dannosi e, nel contempo, che necessitano di politiche integrate di cura e gestione degli spazi aperti, ma si configurerebbe come un grande parco della riqualificazione e rigenerazione urbana nonché un’occasione per ripensare la funzionalità delle acque del Seveso in città risolvendo il nodo con il canale della Martesana.
Senza contraddire questa ipotesi di lavoro si potrebbe poi affiancare – eventualmente – un’agenzia per la gestione dei grandi parchi pubblici della città metropolitana (ed eventualmente delle altre provincie o cantoni). In particolare per la città metropolitana essa potrebbe e dovrebbe gestire situazioni come il Parco Nord, il grande Forlanini e il parco del Lambro, il sistema del parco di Trenno – delle Cave e di Bosco in città, riprendendo un disegno di razionalizzazione gestionale che sta emergendo nella riflessione tecnica.
È un disegno certo difficile quello dei sei parchi che uniscono, in particolare perché metterebbe in discussione geografie e immagini consolidate ma che avrebbe alcuni vantaggi. In primo luogo renderebbe la città metropolitana coprotagonista nella costruzione di grandi sistemi paesistici e ambientali di vera valenza “metropolitana” in una geografia centripeta che non solo si appoggia su natura e storia, ma guarda con più ambizione e coraggio al futuro. Di volta in volta si tratterebbe di cooperare con territori e istituzioni, sicuramente esterni ai suoi confini amministrativi, ma appoggiandosi su arene di confronto assai consolidate (ad esempio tra i comuni dell’Olona a prescindere dalla collocazione istituzionali, tra i comuni della cintura nord di Milano e della Brianza, tra l’area di Melegnano e quella Lodigiana)
In secondo luogo esso si appoggerebbe principalmente sui sistemi fluviali che dovranno essere oggetto nei prossimi anni di rilevanti politiche di messa in sicurezza (con investimenti non esigui). Tali politiche potranno essere ecologicamente e paesaggisticamente devastanti secondo una logica culturalmente sorpassata di vecchia ingegneria idraulica, oppure l’occasione di progetti integrati idraulici, ecologici paesistici e fruitivi come già in parte avviene nella gestione dei Contratti di Fiume lombardi.
In terzo luogo terrebbe conto di storiche differenti connotazioni dell’agricoltura della regione milanese, tra pianura asciutta e pianura irrigua innanzitutto, ma anche tra un nord-ovest e un nord-est rimasti più agricoli e un nord Milanese dove va costruita quasi da zero una nuova agricoltura e attività forestale con connotati spiccatamente ecosistemici.
In quarto luogo riproporrebbe in forme nuove potenti connessioni simboliche tra luoghi che hanno costruito la regione urbana e che ne possono guidare anche il futuro. In un passato che può ancora innervante pratiche ricreative, turistiche e culturali, muovendosi dalla Darsena riscoperta, attraverso i Navigli verso il Ticino al lago Maggiore e Pavia. In un presente che potrebbe unire il nuovo polo di Porta Nuova con luoghi come Crespi d’Adda, le gole leonardesche dell’Adda e il Resegone dentro nuove economie della conoscenza. In un futuro che nel territorio a Nord di Milano più produttivo e industriale vede dal parco Nord, al Bosco di Seveso, al fiume Seveso lo sviluppo di un grande disegno di riconversione ecologica e paesistica di un territorio che non meno della Ruhr può trovare nello spazio aperto riqualificato un utile alleato nella riqualificazione della sua economia.
Infine e soprattutto innerverebbe tutto il territorio della grande Regione Metropolitana che si distende tra Ticino e Adda, tra Prealpi e Po, proponendo un innalzamento della qualità della vita sempre più legati alla qualità dello spazio aperto e anche irradiando una presenza vitale di nuove popolazioni metropolitane interessate a nuove forme di turismo culturale ed ecologico. Così facendo potrebbe fornire un piccolo ma significativo contributo per calmierare alcuni effetti di forte diseguaglianza spaziale legati alle nuove economie metropolitane.
Il disegno che proponiamo non si accontenta di un qualche escamotage amministrativo, che non si riduce in una questione amministrativa, ma cerca di inquadrare un necessario riordino e accorpamento di enti, un necessario recupero di economie di scala e di sinergie, entro una visione di futuro, che vuole assumere anche una dimensione fisica e materiale.
La prima parte di questo articolo è uscita su http://www.arcipelagomilano.org/archives/42202
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