Immagine tratta dal blog malatidimontagna |
La Regione ha rilasciato nel 2011 un provvedimento di esclusione sulla base di criteri non in linea con le normative comunitarie in materia di V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale) che richiedono la valutazione degli effetti cumulativi di più derivazioni sullo stesso bacino idrografico. Il provvedimento dovrebbe aver validità quinquennale ed è scaduto. Il datato provvedimento regionale inoltre non rispetta le previsioni della direttiva quadro sulle acque, che vieta utilizzi suscettibili di peggiorare la qualità delle acque superficiali: e la qualità delle acque del bacino idrografico a cui appartiene il Fraina, tributario del Varrone, sono peggiorate anche a causa delle decine di impianti e dighe che hanno invaso quest’angolo di Valsassina.
Il recente Piano di bilancio idrico della Provincia di Lecco, valutato il deterioramento della qualità delle acque del Varrone a valle del Fraina, e l’elevatissimo e insostenibile prelievo del bacino, conclude affermando che in tale caso NON possono essere attuate nuove derivazioni.
La Provincia di Lecco, pur richiamata dalla Regione, a valutare se in considerazione del tempo trascorso dalla valutazione del contesto ambientale e idrico di riferimento, e del suo mutamento, sia opportuno procedere a rinnovazione della verifica di valutazione di impatto ambientale, ad oggi non vi ha provveduto. Il Comune di Premana, altra istituzione chiamata in causa, è chiamato a pronunciarsi prossimamente sullo sgravio degli usi civici dei suoi cittadini a uso e consumo del privato; il Consiglio Comunale deve decidere se chiedere alla Regione, a favore della società interessata allo sfruttamento del Fraina, lo sgravio dall’uso civico dei pascoli, boschi e terreni dei suoi cittadini su cui dovrebbe essere realizzata la centrale e le opere di presa; opere per la cui realizzazione sono previsti scavi e sbancamenti imponenti, anche in aree instabili geologicamente e oggi paesaggisticamente incontaminate.
Stiamo assistendo a un vergognoso e inaccettabile rimpallo di competenze, in cui le Pubbliche Amministrazioni, che devono rispettare il diritto comunitario in materia ambientale e ripristinare la legalità dell’azione amministrativa, fanno finta di non vedere la drammaticità della situazione dell’arco alpino: costellato da migliaia di domande di derivazioni idroelettriche insostenibili ambientalmente, valutate in modo non conforme a quanto richiede la direttiva VIA 2014/52/UE e la direttiva acque 2000/60/CE, come ben chiarito dalle procedure di pre-infrazione che pendono avverso l’Italia, EU Pilot 6011/14/ENVI e 7304/15/ENVI.
Mancano valutazioni di impatto cumulativo, non si considera lo stato di qualità delle acque e il divieto di ogni azione che ne causi il peggioramento (Corte di Giustizia, sentenza C-461/13 del 1/7/2015: la direttiva acque osta all’autorizzazione di un progetto che possa provocare un deterioramento dello stato del corpo idrico interessato e non è applicabile alcuna deroga), né si vuole tener conto dei dati e delle indicazioni del Piano di bilancio idrico provinciale, che esclude la sostenibilità di ogni ulteriore prelievo sull’asta del Fraina.
Quanto agli incentivi pubblici, il Gestore dei Servizi Energetici ha proprio in questo mese reso noto che che per l’idroelettrico sono pervenute, nel termine di legge del 28 ottobre 2016, circa 565 domande di incentivo pari ad una potenza complessiva di 249 MW, il triplo rispetto al contingente disponibile di 79 MW messo a bando con il D.M. 23 giugno 2016, con conseguente ed anticipato saturamento degli incentivi pubblici: segnalando anch’esso l’insostenibilità del prelievo.
Anche la recentissima Direttiva c.d. Derivazioni adottata, a seguito dell’intervenuta notifica allo Stato italiano della procedura di infrazione della Commissione Europea (EU PILOT 6011/14/ENVI), dall’Autorità di Bacino del Fiume Po nel dicembre 2015 ed avente ad oggetto la valutazione del rischio ambientale connesso alle derivazioni idriche in rapporto agli obiettivi di qualità definiti dal Piano Distrettuale Idrografico Padano, conferma ancora una volta la contrarietà a ogni principio di tutela di ogni ulteriore derivazione sul bacino a cui appartiene il Fraina.
Le associazioni chiedono dunque:
- al Comune di Pemana: di rifiutare lo sgravio degli usi civici a favore di un’iniziativa insostenibile ambientalmente, come dimostrano tutti i dati ufficiali, e di difendere i beni comuni, ambiente, acqua, salute richiedendo a Provincia e Regione la ripetizione della VIA secondo criteri legali e secondo le attuali condizioni del torrente ed ambientali in genere, tra cui la drammatica riduzione delle precipitazioni;
- alla Provincia di Lecco: di richiedere d’imperio e in attuazione della normativa comunitaria, oltre che sulla scorta delle indicazioni Regionali, una nuova procedura di V.I.A. che tenga conto degli impatti cumulativi delle diverse derivazioni sul Fraina e sul bacino a cui appartiene il torrente;
- alla Regione Lombardia: di adempiere al proprio ruolo di istituzione chiamata a dare attuazione corretta al diritto comunitario, ai principi di prevenzione e precauzione e alle direttive UE, di disporre ai sensi della Legge 5/10 ogni azione in autotutela per il ripristino della legalità violata.
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