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mercoledì 26 gennaio 2022

Inceneritore di Como. Ipotesi terza linea. Aspetti sanitari con un doveroso sguardo al passato


A cura di Enzo Tiso, presidente Circolo Legambiente "A. Vassallo" APS - Como

Premetto che il direttivo del circolo Legambiente, sulla base delle informazioni raccolte, esprime contrarietà alla realizzazione di una terza linea sulla base di diverse motivazioni, non solo di carattere ambientale, rese pubbliche in un documento sottoscritto con altre associazioni e inviato agli enti interessati e alla stampa (leggi qui). La contrarietà riguarda la prassi della monocombustione generalizzata dei fanghi, indipendentemente dalla localizzazione degli impianti.

In queste brevi righe si vogliono però portare all'attenzione motivazioni di carattere sanitario riguardanti in modo specifico il sito comasco.

La nuova linea dedicata all'incenerimento dei fanghi avrà le caratteristiche di un nuovo inceneritore che porterebbe a raddoppiare i quantitativi di rifiuti trattati (RSU, rifiuti speciali ed ospedalieri nelle prime due linee più i fanghi della terza). Come noto tutti gli inceneritori emettono fumi contenenti sia inquinanti tipici della combustione, sia derivanti dal materiale trattato, sia dalla reazione tra le diverse sostanze (CO, COT, HCl, NOx, SOx, Polveri sottili di varie dimensioni, Ammoniaca, Diossine, furani, PCB, mercurio, cadmio, cromo). Sostanze dotate di varia tossicità e alcune sono considerate "cancerogeni certi".

Gli inquinanti ricadono sui terreni circostanti e può esserci esposizione da parte dei residenti e dei lavoratori e possono interessare tutto l'ecosistema. Alcune di esse ricadendo su terreni coltivati possono entrare nella catena alimentare. Per la prospettata nuova linea sono previsti sistemi di abbattimento e controllo degli inquinanti, analogamente a quanto avviene per l'esistente, volti a minimizzare le concentrazioni per cercare di mantenerle rispettose dei limiti imposti dalla normativa e facendo riferimento alle migliori tecniche disponibili (BAT).

È indubbio però che le emissioni della nuova linea si aggiungeranno alle esistenti, vanificando la adesione alle migliori tecniche di abbattimento sopra richiamate. Va inoltre ricordato che per valutare gli effetti sulla popolazione, oltre alla quantità e concentrazione nell'aria di una sostanza, va presa in considerazione anche la durata dell'esposizione e questo vale in particolar modo per i cancerogeni e per le sostanze che hanno la capacità di accumularsi nell'organismo.

Il primo inceneritore in località La Guzza (Como) si e insediato nel 1969 ed il secondo nel 1997. Autorizzati per RSU e per rifiuti speciali pericolosi e non e per rifiuti ospedalieri. La normativa dei primi anni era notoriamente molto meno restrittiva, le tecniche di costruzione molto meno efficaci e i controlli molto meno frequenti. I valori considerati "accettabili" dei vari inquinanti sono cambiati nel tempo sulla base di nuove conoscenze scientifiche ed in genere sono stati tutti ampiamente abbassati. Si pensi solo alla diversa valutazione della pericolosità delle polveri man mano che si analizzavano gli effetti nocivi delle diverse componenti (PM10, PM2,5 ...).

Leggiamo dal sito di ACSM AGAM che solo nel 1986 vi e stato un adeguamento dell'impianto trattamento acque e della linea di trattamento fumi, i cui lavori però si concludono solo nel 2004. Solo nel 2005 è adottato un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni. Solo nel 2009 è attivato un portale per il controllo della radioattività. Non si è mai pensato di eseguire una indagine epidemiologica nella zona ma secondo una revisione di vari studi fatta da OMS si conclude che: "i documenti che trattano degli effetti sulla salute degli inceneritori attivi nel periodo 1969-1996 riportano cosfantemente un rischio rílevabile di alcuni tumori stomaco, colon, fegato e polmoni) nelle popolazioni che vivono nelle vicinanze". (WHO Meeting Report , 2015: Waste and human health: Evidence and needs", World Healt Organization, Regional Office for Europe).
 

Più incerti i risultati di studi epidemiologici svolti in anni recenti su popolazioni esposte alle emissioni di inceneritori di più moderna concezione ma che comunque non escludono danni alle persone e all'ambiente. Cito tra i tanti solo uno studio su otto inceneritori in Emilia Romagna per gli anni 2003-2006 che mostra un aumento significativo nella popolazione di nascite premature e un'associazione con l'abortività spontanea. (Regione Emilia Romagna, quaderni di Moniter, 6/12).


Nel valutare pertanto le possibili conseguenze legate alle emissioni inquinanti in questa zona, occorre prendere in seria considerazione il fatto che siamo di fronte ad una esposizione a sostanze, anche ad azione cancerogena, da oltre 50 anni. Anche basse concentrazioni, che perdureranno quindi ancora per decine di anni, accresceranno il rischio di contrarre patologie soprattutto a carico di chi da più tempo risiede o lavora nelle zone di ricaduta, oltre ad inquinare l'ambiente e l'ecosistema. Queste emissioni si sommano alle altre fonti di inquinamento atmosferico presenti ed in particolare a quelle dovute al traffico veicolare a servizio del termovalarizzatare o comunque presente nella zona.

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