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venerdì 11 luglio 2025

Monte San Primo, il futuro è senza certezze di neve. Perché il progetto “OltreLario” è una scelta sbagliata


Il cambiamento climatico non è più un rischio lontano: sta già trasformando profondamente l’ambiente alpino e prealpino. Secondo una scheda informativa pubblicata da Funivie Svizzere e ripresa da tvsvizzera.it, entro il 2050 lo zero termico nelle Alpi salirà di altri 300 metri. Significa che molte stazioni sciistiche, anche a quote finora considerate sicure, dovranno fare i conti con inverni più caldi e con precipitazioni sempre più spesso sotto forma di pioggia anziché neve.

Copertina della "Scheda informativa" pubblicata da Funivie Svizzere

“Garantire 100 giorni all’anno con un manto nevoso di 30-50 cm sta diventando sempre più irrealistico”
, afferma Berno Bandi, segretario generale di Funivie Svizzere. E non basteranno i cannoni da neve a risolvere il problema: funzionano solo con temperature inferiori a zero gradi, condizioni sempre meno frequenti, soprattutto nelle stagioni di inizio e fine inverno.

Sviluppo della quota dello zero termico senza protezione del clima
Quota dello zero termico in inverno (media svizzera e media mobile su 30 anni)
© Scenari climatici CH2018

Questi dati dovrebbero indurre alla massima prudenza di fronte a progetti che puntano ancora sullo sci da discesa, anche in zone come le Prealpi Comasche. Eppure, sul Monte San Primo (1.682 m s.l.m.) è previsto il rilancio turistico “OltreLario: Triangolo Lariano meta dell’outdoor”. Il progetto contempla nuovi impianti di risalita, quattro tapis roulant, un invaso per la neve artificiale, piste da sci e da tubing, oltre a nuovi parcheggi.

Anche se il Monte San Primo supera i 1.500 metri, non è affatto immune dagli effetti del riscaldamento globale. La quota del suo comprensorio sciistico, infatti, non corrisponde alla sola cima: buona parte delle aree interessate dal progetto (come l’Alpe del Borgo) si trova a quote medio-basse, tra i 1.100 e i 1.300 metri, dove già oggi la neve scarseggia o si scioglie velocemente. Proprio il documento svizzero evidenzia che l’innevamento naturale si ridurrà drasticamente sotto i 1.500-1.800 metri, soprattutto all’inizio e alla fine dell’inverno, rendendo le stagioni sciistiche più corte e inaffidabili.

Ci sono almeno tre motivi per ritenere il progetto “OltreLario” una scelta sbagliata:

  1. Quota critica per lo sci sostenibile - Pur avendo una cima relativamente alta, il Monte San Primo è caratterizzato da pendii sciistici che si sviluppano sotto i 1.500 metri. Si tratta di quote sempre più esposte a inverni miti e a scarse nevicate, rendendo l’attività sciistica economicamente incerta.
  2. Innevamento artificiale insostenibile - Produrre neve artificiale richiede molta acqua ed energia. Ma soprattutto, se le temperature restano sopra lo zero, nemmeno i cannoni possono funzionare. Il rischio è investire risorse pubbliche in impianti che potrebbero non essere utilizzabili già nel prossimo futuro climatico.
  3. Consumo di suolo e danno ambientale - Nuovi impianti, piste e parcheggi significherebbero ulteriore consumo di suolo, erosione del paesaggio e perdita di habitat naturali, in un’area preziosa dal punto di vista naturalistico e paesaggistico.

Per queste ragioni, il Coordinamento ambientalista Salviamo il Monte San Primo ha lanciato un appello pubblico alla Comunità Montana del Triangolo Lariano e al Comune di Bellagio, chiedendo di rinunciare al progetto e di destinare i circa 2 milioni di euro disponibili a interventi di tutela ambientale e di promozione di un turismo sostenibile.

L’alternativa esiste: investire in sentieri, percorsi escursionistici, itinerari naturalistici e attività dolci, che possano attrarre turisti tutto l’anno, senza bisogno di neve e senza compromettere l’ambiente. È una visione moderna e lungimirante, che guarda alla montagna non più soltanto come pista da sci, ma come spazio di natura, salute e cultura.

In un’epoca in cui il clima cambia sempre più rapidamente, continuare a puntare sullo sci, persino su montagne relativamente alte ma esposte agli effetti del riscaldamento globale, rischia di essere una scelta ambientalmente ed economicamente insostenibile. Il futuro del Monte San Primo e delle Prealpi passa per strade più verdi e responsabili.

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