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giovedì 30 aprile 2020

La rinascita di Lentate sul Seveso si gioca sull’area Schiatti: salviamola!


Riceviamo e pubblichiamo

Il COMITATO SCHIATTI apolitico, apartitico e senza scopo di lucro attraverso la seguente PETIZIONE CHIEDE all’Amministrazione Comunale la revisione del progetto, oggetto di Piano Integrato di Intervento di Iniziativa Privata (Ambito territoriale “ex Area Schiatti”), la cui approvazione costituisce variante al Vigente PGT di Lentate sul Seveso.

Il suddetto PII ha come scopo la completa demolizione del complesso dell’”ex Manifattura Schiatti” per far posto a:

- un ipermercato di 4350 mq circa, di cui 2500 mq di vendita, in pieno centro, quando siamo circondati di altre strutture nel raggio di 1 km;

- due Residenze Sanitarie Assistenziali, un edificio di 4 piani per cento metri di lunghezza, per un totale di 8650 mq circa e 180 posti di degenza;

- il suddetto PII non fa posto alle necessità dei giovani, delle associazioni, alle opportunità di auto imprenditorialità, all'ambiente, al verde.

Il Comitato chiede che non vengano abbattuti gli edifici meglio conservati, quali la Palazzina uffici e le cortine sulle vie Matteotti e Cesare Battisti. Il sito è la memoria storica di una Manifattura conosciuta a livello internazionale per le sue stoffe di pregio per l’arredamento, ha costituito la maggiore fonte di occupazione lavorativa della popolazione di Lentate per tutto il 900  ed ha creato un importante indotto per tutta la comunità. Ha valore architettonico  per la sua tipologia industriale produttiva, valore urbanistico perché ha generato lo sviluppo del paese realizzando le abitazioni ad essa legate, dalle ville dei proprietari, alle case per i dirigenti e per gli operai che la circondano.

Il Comitato propone che gli edifici recuperabili vengano destinati alla collettività e ad attività compatibile con la loro struttura e il ridimensionamento delle destinazioni previste dal progetto adottato in Consiglio comunale.

Il Comitato chiede all’Amministrazione Comunale di Lentate sul Seveso di prendere in considerazione la petizione già protocollata a cui non è mai stata data risposta.

L’originale della petizione è consultabile su www.comitatoschiatti.com


mercoledì 29 aprile 2020

Il grido di allarme di Legambiente Seregno: "Fermiamo le potature selvagge!"

Le potature eseguite a Seregno, via Wagner
"... chi ha autorizzato questo scempio?" Questa la domanda sofferta ed indignata di Legambiente Seregno in merito alle potature avvenute in questi giorni in via Wagner.

Antonello Dell'Orto, guardando le immagini del viale, dice sconfortato: "Guardate la sofferenza di queste piante mutilate e violentate! Da anni chiediamo che venga approvato un apposito regolamento sulle potature e la salvaguardia degli alberi esistenti. Cambiano le amministrazioni ma questi orrori restano!"

Aggiunge Marzio Marzorati: "Le piante soffriranno e diventeranno pericolose proprio per questo intervento atroce".

Gli alberi prima delle potature
Da parte nostra ricordiamo che piante adulte hanno un valore ecosistemico che va ben oltre quello di puro elemento ornamentale: produzione di ossigeno, ombreggiamento e riduzione delle temperature estive, fonte di diversità urbana come habitat di molti animali (insetti, uccelli e piccoli mammiferi).

Ci auguriamo che le potature in corso, così come sono state programmate, vengano bloccate e che venga redatto un regolamento che prenda in considerazione gli aspetti ambientali fino ad ora trascurati

Per approfondire come potare correttamente gli alberi cliccare qui.

martedì 28 aprile 2020

La pompa di Meda. Romanzo sintetico verista ambientale


Oh, dio, che pompa!...
(Romanzo sintetico verista ambientale)
di GIFRI, tratto da "Il Corriere di Monza e della Brianza" di domenica 6 Marzo 1921

CAPITOLO I. IL FUOCO! IL FUOCO
Nelle ore inoltrate di una gelida sera invernale, quando già sulle case dell'industre paese di Meda alitava lo spirito di Morfeo, dalla piazza Cavour balzò improvviso ed acutissimo un grido che molti altri, in un battibaleno, ne richiamò dai vicoli e dalle vie adiacenti, mentre torme di borghigiani, infilati in fretta e furia i pantaloni si precipitavano nella strada ed accorrevano verso il punto donde era partito il primo grido, il quale era quello di:
- Il fuoco ! il fuoco !

CAPITOLO II. FIAMME NELLA NOTTE
Si trattava, dunque, di un incendio; che - pertanto -, favorito dal soffiare di un venticello alquanto sostenuto, divampava rapidamente. Spettacolo pauroso. Lunghe spade di fuoco si ergevano sinistre contro il cielo ad arrossarne l'arco, a ferirne l'oscurità, a squarciarne con impeto violento il velario delle tenebre. Timor panico nelle donne; un istante di perplessità affannosa ed angosciata negli uomini. Quindi corse fra un gruppo di giovanotti questa voce:
- Andiamo a prendere la pompa!
E via.

CAPITOLO III. LA POMPA
Dopo una diecina di minuti, giunse sul posto dell'incendio un carretto traballante e tutto sgangherato. Era la pompa. Si dipana il tubo, lo si avvita al più vicino attacco dell'acqua potabile e... Un momento. E si ha il piacere di constatare che l'umico tubo esistente è praticamente inservibile perché troppo vecchio e tutto sforacchiato. Madonna campanile, che pompa! Basta. Di necessità bisognò far virtù e, in mancanza di meglio, fu giocoforza giovarsi del sistema primordiale di gettar acqua nel braciere ardente soltanto colle secchie. Sistema che aveva il sapore arcadico di un ritorno all'antico. Non mancò di destare l'interesse di qualche spettatore amante di curiosità preistoriche. Peccato che con questo metodo non si potesse spegnere il rogo se non quando l'incendio ebbe a morire di morte naturale!...

CAPITOLO IV. IL COMMENTO DI TIMOTEO
Timoteo Stattisano, che aveva assistito allo spettacolo, disse:
- Che non ci siano i pompieri, transeat. All'occorenza siamo un po' tutti pompieri. Ci si può arrangiare, sia pure alla bell'e meglio. Ma ciò che costituisce una vergogna vera e propria è il fatto che un paese come Meda, grossa borgata di otto a novemila abitanti, centro industriale di non piccola importanza e località che si permette il lusso di  manate di biglietti da mille per allungare il campanile e per cambiare il concerto di campane, non sia dotata almeno di una pompa funzionabile! E' una vergogna!
Disse. E sputò. Poi andò a rimettere nel letto la propria carcassa.


lunedì 27 aprile 2020

Disegniamo la natura con il WWF Lecco

Un concorso di pittura online, riservato a bambini e ragazzi della scuola primaria e secondaria di primo grado, per promuovere l'attenzione verso la natura che ci circonda.
 

WWF Lecco, in collaborazione con il Parco Regionale del Monte Barro, propone un concorso di pittura online a premi per bambini della scuola primaria e ragazzi della scuola secondaria di primo grado, residenti oppure che frequentino una scuola della Provincia di Lecco. L'idea è di sfruttare il tempo di lockdown e le possibilità di internet e della rete per proporre un divertente concorso di pittura e disegno online, a partecipazione libera, con poche e semplici regole.

Tema del concorso gli animali selvatici che in questi tempi di quarantena si sono riavvicinati alle nostre città: caprioli e volpi, ma anche ricci e lucertole, api e farfalle, fringuelli e gazze... E' sufficiente che sia un soggetto riconoscibile e del nostro territorio lecchese.

I disegni possono essere realizzati con tecnica libera: pastelli o matite colorate, acquerelli o tempere, china o pennarelli, ma anche collage... non ci sono limiti alla creatività!

I disegni pervenuti saranno pubblicati sulle pagine social del WWF Lecco e su un apposito album fotografico dell'Associazione.

Tutti i partecipanti riceveranno un attestato di partecipazione al concorso in formato digitale, mentre i migliori saranno premiati con un'iscrizione annuale al WWF e una pubblicazione del Parco Regionale Monte Barro che collabora all’iniziativa.

Iscrizioni gratuite e aperte da lunedì 27 aprile a domenica 10 maggio sulla pagina dedicata del sito WWF Lecco: https://wwf.lecco.it/disegniamo-la-natura.

In onore di Enrico Perego, Partigiano della 119° Brigata Garibaldi

Partigiani della 119° Brigata Garibaldi S.A.P. 'Di Vona' - Seregno

Una foto e due ritagli di giornale. Ne prendiamo in mano uno, datato  Seregno 9 febbraio 1947, e leggiamo: "Dopo lunghe sofferenze, sopportate con forza d'animo ammirevole, è serenamente deceduto il Compagno Enrico Perego, Partigiano della 119° Brigata Garibaldi".

Franco, mi dice: "Ho conosciuto sua moglie negli anni '90 del secolo scorso. In quel breve incontro mi raccontò che il marito, allora penso trentacinquenne, era deceduto anche per i postumi di un pestaggio subito durante il fascismo". "Mia madre - prosegue Franco - mi disse poi che ai funerali c'erano un mare di bandiere rosse e avevano dovuto farle entrare anche in chiesa."

Franco prende in mano la foto e mi dice: "Sono un gruppo di partigiani della 119° Brigata Garibaldi SAP "Di Vona", Enrico Perego è il primo in piedi a sinistra. Quello con il cappello alla cowboy è Francesco Mariani, il Cecch farè, l'ultimo in basso a destra è Angelo Oltolini." 

Una breve pausa, e prosegue: " Gli altri non saprei dirti chi sono, purtroppo penso che non ci sia più nessuno che li possa identificare".

Riprendo in mano l'articolo de "Il Lambro" che con poche righe tratteggia una vita ricca di impegno: "Sin dal 25 luglio 1943 fu uno dei promotori per la formazione di cellule comuniste nelle fabbriche. Nella fabbrica Ortofrigor riuscì a formare la cellula e si adoperò per la costituzione di squadre d'azione. Nell'ottobre 1944 in seguito a segnalazioni, fu costretto ad abbandonare il posto di lavoro e da allora si dedicò all'attività partigiana. Nel dicembre 1944, avvenuto l'arresto del primo Commissario Politico dei distaccamento di Seregno della 119° Brigata Garibaldi, il compagno Perego assunse l'incarico e svolse il suo nuovo compito con fede ammirabile sino alla Liberazione. Avvenuta questa, diede tutta la sua attività al Partito Comunista. La fede grande che sino all'ultimo alimentò questo nostro compagno, ci sia di sprone, di esempio nella continuazione del lavoro per il nostro Partito e per l'elevazione sociale del Proletariato. Alla Vedova ed ai due piccoli le nostre più vive condoglianze."

Intristiti prendiamo in mano il secondo ritaglio di giornale, è datato 16 febbraio 1947 e porta un titolo perentorio "Parole chiare". Si tratta di un comunicato del Comitato ANPI di Seregno, lo riportiamo integralmente.


Questo articolo desidereremmo che lo leggessero quelle persone che mancando al principio di educazione e di rispetto, innanzi ad un manifesto mortuario di uno dei pochi veri partigiani di Seregno, si sono espressi con insulti e con frasi degni solo di uomini d'animo cattivo e poco sensibile.

Ripetiamo la frase che più ha toccato la nostra sensibilità e la nostra onestà: «Dio lo ha punito con la morte non lasciandogli tempo di godere le ruberie fatte nell'epoca dell'insurrezione».

Rispondiamo con frasi imparate dalla dottrina cristiana: «Dio, dà la morte anche come premio e tante volte Dio fa' soffrire i buoni per dare esempio ai cattivi ».

Chiediamo pure a tutti coloro che parlano di insurrezione e di liberazione, se sanno il significato di queste due grandi parole. Chiediamo pure cosa hanno fatto loro perché ciò avvenisse? Queste persone facciano un esame di coscienza e nel fare ciò non troverebbero il tempo e le parole per criticare, insultare e denigrare l'operato dei Partigiani. Sentirebbero vergogna di se stessi, che avendo i mezzi la possibilità di contribuire non l'hanno fatto; il loro aiuto sarebbe stato utile, perché avrebbero contribuito a far terminare più presto la guerra contro i tedeschi e i fascisti e tanti nostri fratelli sarebbero tornati alle loro famiglie.

Ciò queste persone non l'hanno fatto, primo per mancanza dì patriottismo, secondo per vigliaccheria e soprattutto perché non potevano e non volevano andar contro i loro interessi che li spingevano a mercanteggiare coi tedeschi.

I Partigiani, senza ricompense, con sacrifìci enormi, per due anni hanno lavorato, per due anni hanno subito fame, per due anni sono morti in tutta l'Italia e fuori d'Italia per liberare la Patria. Ripetiamo ai denigratori che i veri Partigiani (non quelli del 26 aprile, ciò non per diminuire l'opera valida di tanti Patrioti... ma chi vuol intendere, intenda) erano e sono tuttora uniti sulla strada che hanno scelta volontariamente nell'epoca del pericolo e della morte, allora per raggiungere la libertà, oggi per la ricostruzione e domani difendere la conquistata libertà contro chiunque tenti con manovre occulte di denigrare e distruggere ciò che è sacro per il popolo italiano.

Ai reduci dalla prigionia, ai reduci di ogni parte del mondo, ai mutilali, ai combattenti, alle famiglie dei morti, a tutti coloro che hanno sofferto e lottato, lanciamo un caloroso appello: «In quest'ora così grave per la nostra Italia, al di sopra di ogni fede politica, uniamoci con tutte le forze d'animo per la difesa della conquistata libertà e per onorare i Partigiani, Caduti e tutti quanti, vivi e defunti, si dedicarono con passione ed entusiasmo alla nobile causa. Davanti all'annuncio mortuario di Chi tutto ha sacrificato per il Suo grande ideale (Partigiani, reduci, combattenti, mutilati di tutte le armi, di tutte le fedi), leviamo il nostro pensiero reverente e commosso».

Nota: lo scambio di informazioni è avvenuto esclusivamente via telefono e mail.

sabato 25 aprile 2020

25 Aprile: quando a Seregno i ragazzi cantavano «Fischia il Vento...»

Seregno, 1947 - Il corteo davanti alla lapide dei partigiani in Piazza Roma
La foto che vedete sopra è stata scattata a Seregno il 26 dicembre 1947 in occasione di una manifestazione organizzata dai Garibaldini della 119° Brigata di Vona per onorare i Caduti seregnesi per la libertà.

Le cronache del tempo ci raccontano che alla cerimonia parteciparono tutte le autorità cittadine. Erano infatti presenti il sindaco Colombo, i rappresentanti di tutti i Partiti e organizzazioni, i membri del C.L.N.

Il corteo poi si recò al Cinema Roma dove furono consegnate medaglie e diplomi a ricordo della lotta partigiana mentre "candide voci di bimbi intonavano l'inno di Mameli, seguito dall'inno dei Partigiani".

L'anno successivo un decreto del governo De Gasperi vietò l’uso in pubblico di uniformi e fazzoletti partigiani per proibire celebrazioni all’aperto della Liberazione. A Seregno la celebrazione del 25 Aprile avvenne comunque anche se in assenza delle autorità.

Di seguito riportiamo la cronaca della giornata pubblicata sul settimanale "Il Lambro" del 1° maggio 1948.



La celebrazione del 25 aprile  

Con immutata fede, nel nome dei suoi Caduti, Seregno repubblicana e democratica ha celebrato il terzo anniversario della lotta di liberazione ricordando le vittime di tutte le guerre.

Con semplicità patrioti e partigiani si sono riuniti alla loro sede domenica mattina.

Al manifesto dell'ANPI era seguito quello del Comitato del Fronte Popolare e della Alleanza Femminile. Più tardi quello della D.C. indirizzato ai Partigiani cristiani, assenti. Notata l'assenza delle autorità, anche alla cerimonia commemorativa alla lapide dei Caduti dove il Comune ha inviato fiori.

Familiari dei Caduti, patrioti e partigiani si sonò ritrovati: con loro uomini e donne del popolo, fraternamente uniti. Essi non dimenticano. Un garibaldino, reduce dalla deportazione ha ricordato per tutti il sacrificio, non invano sofferto dal popolo. La certezza che nella rinnovata unità popolare l'avvenire non conosca nuovi lutti, nuove guerre!

In corteo hanno recato le corone al Monumento ai Caduti! Centinaia di cittadini seguivano, facevano ala, salutando le bandiere. Non era vietato. Alla Lapide in Piazza Roma i ragazzi dell'Asilo Colzani cantano «Fischia il Vento...». Un partigiano ricorda ancora l'insurrezione, i combattenti della libertà, «venuti da tutte le strade, da tutte le case». Uniti col popolo continueremo la loro strada perché l'Italia sia unita, repubblicana, del popolo. Nessuno lo potrà vietare!

Molto modesto il rancio la sera, in «casa dei partigiani». Ma non poteva mancare loro l'allegria, i «quattro salti» ed i canti, che ricordano a giovani ed anziani le speranze, le asprezze della lotta vissuta.

venerdì 24 aprile 2020

25 Aprile: data memorabile per gl'Italiani

Seregno, 1945. Il palazzo comunale imbandierato per l'arrivo delle truppe alleate
Nei mesi scorsi scartabellando nei faldoni dell'Archivio Storico del Comune di Seregno abbiamo avuto il piacere di scoprire una serie di componimenti scritti, nel 1954, dagli alunni delle scuole cittadine per celebrare il 25 Aprile.

Nel leggerli ci ha colpito come i ragazzi siano riusciti a cogliere l'esatto significato di quella "data che segna l’inizio di un’altra vita!"

#iorestolibero e festeggio la Liberazione


Riportiamo di seguito uno dei componimenti premiati, scritto nel 1954, dall'alunna Teresa Tomellini della classe 3° Avviamento Commerciale, Scuole Mercalli

25 Aprile

Venticinque aprile 1945! Data memorabile per gl’Italiani, data che segna l’inizio di un’altra vita! I fascisti ed i tedeschi sono cacciati!

Si avranno vere e nuove elezioni e verrà proclamata la Repubblica. Finalmente l’Italia avrà un Governo libero, uomini liberi, che possano dire e far valere le loro ragioni.

Nove anni sono passati da quel giorno eppure l’entusiasmo nel celebrare l’anniversario di questa data non è assopito. Gli italiani non possono scordare le ansie, i timori, i travagli passati nove anni prima, quando erano costretti ad agire nell’ombra e combattere clandestinamente il prepotente invasore, nemico di ogni libertà di pensiero. Più che uomini eravamo considerati bestie da soma, costretti a lavorare solo per il benessere e le ambizioni dei nostri aguzzini. No! I nostri padri e noi stessi non possiamo scordare ciò che c’è stato ed imposto per tanti anni. Il solo ricordo delle ingiustizie fatte ci fa ribollire il sangue nelle vene. Per questo dobbiamo celebrare con solennità la ricorrenza! Di quella giornata memorabile io purtroppo non rammento distintamente i particolari essendo allora piccina. Cercando nei miei ricordi vedo ancora pochi giorni prima di questo avvenimento: fascisti che cercavano di scappare, americani su veloci camionette che ci obbligavano a rientrare e a chiuderci nelle nostre case.

Vedo ancora la mia mamma con al collo il piccolo Gianni che piangendo mi prendeva per le mani facendomi rientrare in casa ed io (oh! benedetta età dell’incoscienza) volevo restare fuori per vedere quei soldati che venivano d’oltre oceano con uniformi mimetizzate e certi elmetti in testa….
Mi sembrava di vivere in un sogno e non in una ben dolorosa realtà.

Poi il giorno della liberazione. Uomini, giovani, donne, tutti sporchi, impolverati, coi visi trasfigurati, che, pazzi di gioia, si abbracciavano. Io, ricordo, ridevo delle facce che facevano. Credevo, a quell’età, che la gioia si potesse avere solo per un giocattolo donato, e non perché degli uomini scappassero….

Avevo cinque anni allora, ora ne sono passati nove e, sebbene poco, comprendo perché gli italiani erano pazzi di gioia in quel giorno: erano finiti i timori, si era giunti finalmente all’agognata, tanto attesa, tanto sospirata pace.

mercoledì 22 aprile 2020

Curare Pedemontana dal coronavirus


di Dario Balotta, Europa Verde

La Regione Lombardia ha dichiarato con orgoglio (nascosto in video solo dalle mascherine) che più del 10% delle risorse (1,3 mld) destinate alla ripartenza post-Covid 19 saranno assegnate a Pedemontana. Non alle imprese, non ai lavoratori, non alle famiglie, non a progetti di economia circolare, e ovviamente non alla sanità pubblica, che per troppi anni la regione ha sacrificato per alimentare i privati con gli effetti che stiamo subendo.

Quei 350 milioni di euro potrebbero aiutare migliaia di imprese, dare una speranza a decine di migliaia di persone che rischiano di perdere il lavoro nel commercio, nel turismo e nell’artigianato, o recuperare migliaia di letti d’ospedale prima che la prossima emergenza spinga qualche burocrate a rimandare i malati nelle case di riposo.

E invece ancora una volta i soldi pubblici andranno al più inutile dei progetti, per evitare l’unico fallimento che non farebbe male a nessuno tranne che alla politica: quello di Pedemontana.

È già successo con il finanziamento statale di 1,2 miliardi, servito per realizzare solo 22 km sugli 87 previsti, con tariffe assurde che non rendono utilizzabile neppure i primi tratti. E  con il fallimento conclamato dalla magistratura ed evitato da Maroni con 200 milioni dei lombardi nel 2017. E ancora nel 2018,  con il bilancio miracolosamente in attivo per un solo anno, per evitare lo scioglimento di Pedemontana imposto dalla legge Madìa.

Questa volta però si è definitivamente passata la misura e la decenza. La giunta regionale sostiene  che con questi 350 milioni si riavviano i cantieri, ma ciò è falso perché di Pedemontana non c’è l’appaltatore, non c’è il progetto e soprattutto mancano altri 2 miliardi che nessuna banca vuole mettere.

Regione Lombardia, se davvero hai 350 milioni, investili nella sicurezza di strade ponti e gallerie, finanzia 350 cantieri che servono e non uno inutile, fai lavorare subito 350 piccole imprese e dai da mangiare a 3500 famiglie. Regione Lombardia, non sono soldi tuoi quelli che stai sprecando; sono i nostri, quelli che hai tolto ai Lombardi quando lavoravamo e che dovresti ridarci oggi che non possiamo lavorare. Regione Lombardia, ripensaci.

martedì 21 aprile 2020

Cara Brianza, vogliamo l'immediata riapertura delle scuole

Disegno di Frate Menotti, 1918
Cara Brianza,

In nome di molte madri di famiglia favorisci pubblicare la presente che suona protesta e rampogna contro il decreto riguardante il nuovo ritardo nella riapertura delle scuole.

Quei signori che prendono così sciocchi provvedimenti per combattere l'influenza credono forse che l'epidemia la si prenda e la si propaghi soltanto nelle scuole? E negli stabilimenti ove siamo obbligate a starci da mane a sera l'infezione non si prende e non si propaga? E facendo la coda agli spacci per procurarsi del latte o di qualche altro alimento la spagnola non si sviluppa? E nelle chiese, l'epidemia lascia immuni i devoti fedeli agglomerati come tante acciughe? Soltanto le scuole, così necessarie per ricoverare i nostri figli, che amiamo veder crescere onesti e disciplinati, devono restar chiuse?

Noi, povere madri, invochiamo dalle autorità competenti un provvedimento che valga a togliere la nostra infanzia dai pericoli delle piazze, ove per la chiusura delle scuole, sono costretti a frequentare come tanti cagnolini randagi.

Domandiamo che i nostri figli vengano ricoverati durante la giornata e la forzata nostra assenza dalle domestiche pareti. Lo reclamiamo, vivamente, energicamente lo reclamiamo in nome nostro, dei nostri figli e della società futura.

Vogliamo l'immediata riapertura delle scuole.

(Seguono le firme)

La storia si ripete

Dopo cent'anni non sembra cambiato nulla. La lettera che avete appena letto risale all'11 gennaio 1919 ed era stata, a suo tempo, pubblicata sul settimanale socialista "La Brianza".

Immagine tratta dal Corriere online del 20 aprile 2020

Sullo stesso argomento leggi:
Intervista "impossibile" sulla pandemia influenzale del 1918 in Italia
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Le meravigliose fioriture degli orti botanici della Lombardia

Collezione dei tulipani – Orto Botanico di Bergamo “Lorenzo Rota”

C'è vita negli Orti
tratto da Rete Orti Botanici Lombardia

Negli Orti botanici della Lombardia, come in tanti parchi e giardini, la Natura segue il suo corso, incurante della pandemia. I fiori fioriscono, le clorofille lavorano regalando meravigliose sfumature di verde, gli impollinatori, indisturbati, cominciano a darsi un gran da fare.

Due germani reali passeggiano tranquilli nei vialetti dell’Orto di Brera, si svegliano pesci e anfibi nelle zone acquatiche a Pavia, bucano la neve i crochi nel parco dello Stelvio, esplodono i rododendri arborei a Villa Carlotta, il prunus a Città Studi è nel suo massimo splendore, i tulipani di Bergamo si vestono di colori accesi e brillanti e a Toscolano Maderno le piante medicinali ci mostrano di non essere solo utili ma anche bellissime e delicate, peccato non poterne sentire il profumo.


I giardinieri in tutti gli Orti si stanno prendendo cura delle collezioni, in condizioni a volte difficoltose, rispettando le restrizioni e le indicazioni ministeriali. In attesa della prossima riapertura al pubblico.

Anche i Servizi Educativi si stanno organizzando e presto proporremo interessanti contenuti didattici a supporto di tutti coloro che sono immersi, più o meno faticosamente, nella scuola a distanza: bambine e bambini, studenti, insegnanti e genitori!

Martin Kater, presidente della Rete degli Orti Botanici della Lombardia, ci accompagna a visitare virtualmente le fioriture nei nostri Orti e giardini botanici:
“In questo periodo di pandemia, che sta duramente colpendo tante famiglie, comunità e nazioni, si avverte un diffuso senso di smarrimento. Abbiamo dunque, a maggior ragione, il desiderio di condividere l’energia e la bellezza che proprio in questi giorni i nostri Orti botanici ci offrono alla vista, nel loro vivace risveglio di primavera. Ciascuno con le proprie peculiarità, gli Orti botanici mostrano colori, forme e scenari che sono l’espressione dei cicli vitali e delle diversificate strategie di sopravvivenza, collaborazione e resistenza. Un mondo affascinante, che è temporaneamente precluso alla pubblica fruizione per rispetto delle misure previste per il contenimento del Covid-19; un mondo dinamico che, seppur silenziosamente, sa infondere forza e emozioni anche a distanza……”.

sabato 18 aprile 2020

Il grandioso ponte di Realdino sul fiume Lambro

Il ponte sul fiume Lambro a Carate Brianza in una foto del 1908
Il ponte sul fiume Lambro di Carate Brianza che traversa la valle di Realdino fu inaugurato il 3 settembre del 1908 e, all'epoca, era considerato tra le più importanti opere in cemento armato costruite in Italia, sia per lunghezza del manufatto, sia per l'altezza del piano stradale sulle acque del Lambro.

Descrizione dell'opera tratta da "L'edilizia moderna",
anno XVII, fasc. XI, novembre 1908

Il ponte misura in totale la lunghezza di m. 140, le volte hanno una corda di m 37.50, la freccia di m 13.17 a curva policentrica; lo spessore e la larghezza delle volte aumentano dalla sezione in chiave a quella d’imposta. Le spalle non sono massiccie, ma bensì formate da tre costoloni verticali in calcestruzzo che si appoggiano su una larga zattera di fondazione e ricevono all’altezza dll’imposta la spinta della volta, per mezzo d’opportune travature di distribuzione; i vani tra i costoloni sono riempiti di materiale inerte.

Il piano stradale è formato dalla massicciata larga m 6.00, dello spessore di 30 cm in mezzeria e da 2 marciapiedi a sbalzo di m 1.30 cadauno, pavimentati in asfalto.

Il ponte è calcolato pel passaggio di carri a 2 assi di 6 tonnellate, bare di 4 tonnellate e rulli compressori di 20 tonnellate, rispetto al carico uniforme in base a Kg. 600 per mq.

Le prove statiche furono eseguite il 16 agosto 1907 con un carico accidentale distribuito uniformemente di Kg 1200 al mq. le prove dinamiche il 3 settembre col passaggio a velocità diverse di compressori stradali da tonnellate 20, locomotiva stradale di tonnellate 10 e serie di carri a 2 e 4 ruote di 6 tonnellate. Le treccie furono pressoché nulle, sia nella prima prova che nella seconda.

La fondazione della pila centrale venne eseguita col sistema ad aria compressa, il cassone termina con uno zatterone armato.

Il ponte di Carate venne costruito dalla Ditta Fratelli Vender ed Ing. Leonardi (ora Società Italiana Costruzioni Cemento Armato) su progetto dell’lng. Ferdinando Leonardi e sotto la direzione dell’Ufficio Tecnico Provinciale.

A casa... con l'apiario. Una iniziativa del Parco delle Groane


Comunicato stampa del Parco Regionale Groane Brughiera

Abbiamo deciso di tenervi compagnia in questo periodo in cui siete nelle vostre case e per questo stiamo coinvolgendo una serie di amici-esperti naturalisti che… dalle loro abitazioni (ma non solo), in diretta su Facebook, tratteranno di un tema legato al Parco delle Groane.

Insomma, riproporremo in chiave tecnologica le serate naturalistiche organizzate periodicamente dal Gruppo Natura delle GEV e che ora, gioco-forza, abbiamo dovuto annullare (ma che torneranno presto).


Il primo appuntamento è fissato per sabato 18 aprile 2020, ore 16, con Luca Palazzolo che sta curando il progetto GroApe e che ci mostrerà in diretta la conduzione di un apiario, che in questi giorni particolarmente caldi richiede tantissime attenzioni. L’apicoltura è infatti una pratica zootecnica che anche in questi periodo di distanziamento fisico richiede un lavoro costante.

Luca trasmetterà dal Centro Parco Polveriera di Solaro, la sede del Parco che da un paio di anni ospita le arnie nell’ambito di un progetto di bio-monitoraggio in collaborazione con la start-up 3Bee.

Luca, ovviamente, è in possesso di tutti i permessi necessari per potersi muovere in modo da svolgere la sua attività di apicoltore e tutti i sabati è in sede proprio per curare il progetto GroApe. Gentilmente ha deciso di regalarci parte del suo tempo per raccontare a tutti il fantastico mondo delle api.

giovedì 16 aprile 2020

Nomine carenti. Azzerati i vertici dell'Agenzia dei trasporti dell'area metropolitana di Milano

Dario Balotta
Nomine “del tutto carenti di qualunque motivazione che consenta di capire i criteri delle scelte”: sono quelle dei consiglieri di amministrazione dell’Agenzia del Trasporto Locale del Bacino della Città Metropolitana di Milano, Monza e Brianza, Lodi e Pavia, effettuate dal comune di Milano che possiede il 50% delle quote dell’agenzia (e un altro 12,5% come città metropolitana). Nomine che, con una sentenza pubblicata il 14 aprile, il Tar della Lombardia ha bocciato accogliendo il ricorso di Dario Balotta, presidente dell’Osservatorio sui Trasporti Onlit e già responsabile trasporti della Cisl nazionale e di Legambiente, difeso dall’avvocato del foro di Monza Emanuela Beacco.
    
Pur disponendo delle competenze necessarie per la carica da ricoprire (che non prevede alcun compenso), Balotta si è visto escludere dal board, nel quale, come ha scritto l’avvocato Beacco nel ricorso, sono stati invece nominati 3 membri privi dei requisiti previsti dalla legge, ovvero essere “amministratori locali o tecnici o esperti del settore”.

"Ho impugnato la delibera dell’assemblea nel merito e nel metodo”, dice Balotta: "Nel metodo perché le procedure formali non sono state rispettate: ero stato ritenuto “idoneo” ma non sono stato valutato e quindi escluso a priori dalla nomina. Nel merito perché tre consiglieri eletti non possiedono le necessarie competenze previste dallo Statuto dell’agenzia (tra cui quello che poi è diventato presidente), e un altro consigliere è stato addirittura nominato senza aver prodotto la domanda”.

"A  breve - continua Balotta - l’Agenzia per il Trasporto Pubblico Locale si dovrà esprimere, con 9 mesi di ritardo, sulla proposta di  project financing pervenuta dal costituendo consorzio RTI Milano Next, relativo alla gestione del trasporto locale nei prossimi anni. Ma oggi è soprattutto chiamata ad essere protagonista della fase due e a seguire della fase 3  dell’emergenza Covid-19, programmando i servizi di trasporto e assicurando il necessario distanziamento sociale che consenta la ripresa graduale della vita dei cittadini anche mettendo in linea a Milano autobus non dell'Atm. Per evitare che l’agenzia rimanga inattiva per troppo tempo in questa fase in cui i trasporti sono decisivi per la vita, la salute e la ripresa economica”, conclude l’ex sindacalista, “credo sia opportuno fare una scelta di responsabilità, fuori dalle liturgie classiche della politica: prorogare il precedente consiglio di amministrazione dell’Agenzia, mai decaduto perché sostituito da un Cda che il Tar ha giudicato illegittimo, per assicurare la continuità gestionale, e nel frattempo dare il via a procedure di nomina in piena trasparenza, evitando la solita lottizzazione che ricorda il manuale Cencelli”.


Rassegna stampa

martedì 14 aprile 2020

Intervista "impossibile" sulla pandemia influenzale del 1918 in Italia

Eccesso della mortalità del 1918 sulla normale

La pandemia in corso del Coronavirus viene paragonata spesso all'epidemia di influenza "spagnola" dello scorso secolo. Volevamo approfondire l'argomento, in particolare sulla sua diffusione in Brianza. Non potendo consultare gli archivi storici locali abbiamo sfogliato le annate 1918, 1919, 1920 del "Cittadino" senza ottenere risultati significativi. Tra le pubblicazione d'epoca ci siamo però imbattuti in un prezioso studio intitolato "La salute pubblica in Italia durante e dopo la guerra" redatto nel 1925 dal prof. Giorgio Mortara. Trattandosi di un volume di quasi 600 pagine abbiamo pensato di stralciarne alcune parti e di trasformarle in una intervista. Le domande sono nostre, le risposte, a parte qualche piccola modifica, sono tratte dal volume citato.

D.: Da quale anno l'influenza "spagnola" ha incominciato a mietere vittime in Italia?

R.: L’influenza non ha presentato fino a tutto il 1917 aumenti di mortalità che, per la loro gravità o per la loro localizzazione geografica, potevano apparire dipendenti dalle speciali condizioni del periodo bellico. L’ampiezza delle variazioni che si osservano da anno ad anno nel numero dei morti nelle singole regioni non sorpassa i consueti limiti; solo nel Veneto il 1916 è contrassegnato da un numero di morti relativamente alto (867, in confronto a 351 nel 1914), che in parte può essere attribuito direttamente alla presenza dell’esercito. Ma si tratta di una variazione ancora relativamente piccola. È col 1918 che l’influenza assume estensione ed intensità straordinariamente gravi in tutte le regioni, senza eccezione.

D.: Si sono riscontrate differenze sulla mortalità nelle varie regioni d'Italia?

R.: Certo, abbiamo calcolato saggi di mortalità regionali, per mettere in evidenza la distribuzione geografica dell’epidemia, o meglio pandemia, influenziale del 1918. Abbiamo redatto una tabella in cui abbiamo riportato anche i numeri assoluti dei decessi, per indicare la partecipazione delle varie regioni al tributo di 274.041 morti pagato dalla popolazione italiana all’epidemia: ricordiamo che tal numero va molto aumentato, per ragioni che meglio illustreremo più avanti.

Nota 1 (Veneto): Esclusi i comuni invasi
La mortalità per influenza varia da un minimo di 5,0 per 1000 abitanti nel Veneto ad un massimo di 11,9 nel Lazio; sebbene essa sia stata molto alta in tutte le regioni, presenta dunque una vasta gradazione di micidialità. Le più alte proporzioni di morti sono date dalle regioni meridionali, dalla Sardegna e dal Lazio; le più basse dalle regioni settentrionali e centrali e dalla Sicilia. Sono rimaste oscure le cause di questa ripartizione geografica della mortalità: sembra che l’epidemia si sia propagata da sud a nord, ma non è questa una circostanza sufficiente a spiegare la maggiore mitezza della sua manifestazione nelle regioni settentrionali. D’altronde nella stessa Italia meridionale qualche regione presenta una mortalità relativamente bassa: tale la Campania, dove pure l’esistenza della grande agglomerazione urbana di Napoli, così densamente popolata, crea condizioni favorevoli alla propagazione dei contagi.

D.: Questo punto ci interessa molto. Ci può illustrare meglio le differenze che ci sono state tra le varie regioni?

R.: La mortalità della Campania - 8 per 1000 abitanti - è praticamente uguale a quella della Toscana, dove gli abitanti sono in gran parte disseminati per le campagne e vivono in condizioni igieniche assai migliori. La presenza di un grande centro urbano potrebbe essere invocata per spiegare l’altissima mortalità del Lazio (11,9 per 1000 abitanti); ma la maggiore facilità di diffusione dei contagi si è avuta invece nel Veneto. Qui infatti la presenza di un poderoso esercito e i conseguenti frequentissimi scambi di uomini tra il fronte e le retrovie, e tra quella zona e le altre parti d’Italia, uniti all’affollamento di profughi nelle città meno prossime al fronte creavano le condizioni ideali per la diffusione di una epidemia.  Infine, i movimenti di truppe necessari per la preparazione di una grande offensiva contrastavano ogni serio tentativo di profilassi. Aggiungasi che, proprio nel periodo culminante dell’epidemia, fu iniziata la battaglia di Vittorio Veneto. 

Lo sforzo imposto alle truppe combattenti per la conquista delle linee nemiche e per la rapidissima marcia attraverso le Venezie, lo spostamento della maggior parte dell’esercito in zone che si trovavano in disastrose condizioni igieniche dopo l’occupazione nemica, l’affluenza alle retrovie di centinaia di migliaia di prigionieri, il tumultuario ritorno di centinaia di migliaia di nostri militari, reduci dalla prigionia - questi e quelli laceri, sporchi, affamati, esausti, portatori dei più svariati agenti patogeni - sembravano costituire circostanze eminentemente favorevoli ad una tremenda diffusione ed intensificazione dell’epidemia influenziale nel Veneto. 

Invece la mortalità nell’esercito combattente è stata relativamente mite, per quanto si può arguire dalle poche informazioni disponibili, e la mortalità nel Veneto più bassa che in ogni altra regione; si noti a questo proposito, che la proporzione di circa 5 morti per 1000 abitanti risulta dal rapporto fra il numero dei morti nel Veneto (eccettuati i comuni invasi per i quali non si hanno notizie) e la popolazione civile presuntivamente presente nel Veneto non invaso, e quindi è certamente esagerata, perchè fra i morti è compreso un certo numero di militari. 

Se si aggiunge al denominatore del rapporto la forza dell’esercito operante nel Veneto, la proporzione dei morti nella regione stessa scende a circa 3‰: proporzione ora troppo bassa, perchè non tutti i morti per influenza provenienti dalle truppe che operavano nel Veneto, anzi solo la minor parte di essi, sono registrati nelle statistiche delle cause di morte. Tenuto conto di queste circostanze e della presenza di prigionieri e di reduci dalla prigionia, nell’ultimo bimestre, si può ritenere che la mortalità per influenza della popolazione veneta non abbia superato di molto la proporzione del 4‰, circa tre volte inferiore a quella della Sardegna, che pure si trovava in condizioni propizie ad un rigoroso isolamento dal resto del paese.

D.: Ci sono state ricadute influenzali negli anni successivi?

R.: Al contrario di altre malattie epidemiche, le cui manifestazioni, rincrudite durante la guerra, sono poi ritornate prontamente nei limiti normali, l’influenza ha mantenuto anche negli anni successivi all’armistizio una diffusione ed una gravità maggiore di quella prebellica. Questo peggioramento è stato comune a tutte le regioni italiane, senza eccezione alcuna: per metterlo in evidenza in modo sintetico abbiamo redatto una tabella dove indichiamo anzitutto il numero dei morti in ciascuna grande divisione territoriale, negli anni dal 1919 in poi, in confronto col 1918 e col 1912-17.


Come si può vedere la prima grande ondata epidemica - quella del 1918 - si è prolungata anche nel 1919; le successive ondate del 1920, del 1922, del 1923 sono, in tutte le divisioni territoriali, gradualmente decrescenti. 

L’analisi geografica conferma la progressiva attenuazione delle manifestazioni epidemiche nelle successive ondate, che sembrano corrispondere ad altrettanti successivi periodi d’un unico ciclo. Fra la seconda e la terza ondata, l’anno 1921 costituisce un periodo di tregua: la mortalità per influenza ritorna al livello normale in tutte le divisioni territoriali. Che il ciclo epidemico non fosse ancora compiuto, attestano i dati per il successivo biennio. E sembra, dalle notizie preliminari, che anche nel 1924 e nel 1925 la mortalità per influenza si sia mantenuta superiore al livello d’anteguerra.

D.: In una delle precedenti risposte ci ha detto che la stima delle morti causate dall'influenza è di molto superiore ai dati ufficiali. Ci può dire qualcosa in più?

R.: Nel triennio 1911-13 il numero medio annuo dei morti nella popolazione italiana è stato di circa 681.000. Supposto costante il livello della mortalità, nel quadriennio bellico (1915-18) la popolazione civile avrebbe dovuto dare una media annua di circa 660.000 morti. Invece si sono avute le seguenti cifre (ottenute col sottrarre dalle cifre totali dei morti indicati nelle variazioni della popolazione i numeri dei morti militari compresi in tali cifre):
  • 1915       732.421
  • 1916       708.544
  • 1917       688.463
  • 1918    1.148.535
Complessivamente nel quadriennio bellico la popolazione civile ha avuto 3.277.963 morti, in luogo dei 2.640.000 che avrebbe avuto nell’ipotesi dinanzi esposta. L’eccesso di 638.000 morti si riduce a poco più di 600.000 se si tolgono i 30.000 morti per il terremoto del gennaio 1915: in cifra tonda diremo 600.000. 

Aggiunto l’eccesso di morti della popolazione militare (525-530.000 fino all’11 novembre 1918 e altri 10.000 circa dal 12 novembre al 31 dicembre 1918), il totale eccesso di morti del quadriennio 1915-18 si può stimare a 1.140.000 circa.

Questa non è che una prima grossolana stima. Soltanto dopo un’accurata analisi della mortalità saremo in grado di tentare una stima più precisa.

D.: Immaginiamo che la raccolta dei dati non sia stata semplice...

R.: Certamente. L’epidemia influenziale del 1918 ha infierito in alcuni luoghi con tale violenza da mettere in crisi l'apparato statale, per la forzata assenza del personale i servizi sanitari e di stato civile. Da ciò un forte aumento nel numero delle morti la cui causa non ha potuto essere accertata.

Leonardo e i Leonardeschi in Brianza. Conferenza di Gaia Colombo


Leonardo e i Leonardeschi in Brianza

Conferenza tenuta da Gaia Colombo in diretta streaming mercoledì 15 Aprile 2020 sul sito del Consorzio Villa Greppi.

QUI PUOI RIVEDERE LA CONFERENZA

La relatrice - Laureata con il massimo dei voti e la lode in Lettere, indirizzo Storia e critica delle arti, presso l’Università degli studi di Milano, con una tesi in Storia dell’arte moderna sulla chiesa di San Giorgio ad Annone Brianza. Ha frequentato la Scuola di specializzazione in Storia dell’arte presso la stessa università, diplomandosi nel 2010 e occupandosi di classicismo bergamasco; contestualmente ha collaborato con il Museo diocesano di Bergamo per la stesura di alcuni volumi relativi alla cattedrale bergamasca e a varie chiese e musei della provincia. Fra i suoi principali interessi e ambiti di studio vi sono Leonardo e il leonardismo milanese e le influenze dell’arte classica sul Rinascimento padano. Docente di ruolo di lettere e storia dell’arte, è guida turistica abilitata per le province di Lecco, Monza e Brianza e Milano. Diplomata presso la milanese Accademia di San Luca, indirizzo pittura. Socia attiva di BRIG dal 2007 con attività di progettazione e realizzazione di corsi e laboratori di educazione ai beni culturali e di utilizzo delle diverse tecniche artistiche.

lunedì 13 aprile 2020

Seregno. Aiutiamo la Caritas ad aiutare le famiglie in difficoltà


A seguito dell’emergenza sanitaria e delle sue inevitabili conseguenze di tipo economico per le famiglie già in difficoltà ed ora in continua crescita per i contraccolpi sul piano occupazionale e sociale, la Caritas cittadina d’intesa con il Centro Ascolto ha incrementato la distribuzione di aiuti alimentari in accordo con le Caritas parrocchiali della Comunità, la Conferenza San Vincenzo e il Banco di solidarietà Madre Teresa.

In questi giorni grazie anche ad un generoso gruppo di volontari, la più parte giovani, sono stati distribuiti e si stanno distribuendo pacchi viveri a un centinaio circa di famiglie il cui numero cresce praticamente di ora in ora. Gli alimenti di base sono perlopiù stati acquistati.

Prosegue inoltre il sostegno ai senza dimora, in estensione al “piano freddo”, che sono attualmente ospitati a tempo pieno nella struttura che l’Opera Don Orione ha messo anche quest’anno a disposizione. Agli ospiti viene assicurato anche cibo, vestiario e assistenza da parte di educatori e volontari.

Queste attività sono impegnative sul piano economico e Caritas - Centro Ascolto hanno chiesto e ottenuto un primo contributo dalla Fondazione della Comunità di Monza e Brianza, presso la quale è aperto un fondo attraverso il quale si raccolgono donazioni per continuare anche nelle prossime settimane e mesi gli interventi a favore delle famiglie in difficoltà e delle persone più bisognose in genere a cominciare dagli aiuti alimentari.

Siamo tutti invitati a contribuire anche con piccole somme alla raccolta di fondi. Grazie per la vostra generosità a favore dei più bisognosi!


domenica 12 aprile 2020

"Il fiero morbo in brevi giorni lo trasse alla tomba". La morte per "spagnola" del soldato Luigi Sangalli di Monza

Spulciando le annate 1918, 1919 e 1920 de "il Cittadino. Rivista di Monza e del Circondario" siamo rimasti sorpresi nel vedere la quasi totale assenza di notizie riguardanti la pandemia "spagnola".

Il 1918 è l'anno più nefasto: vengono riportati 46 brevi necrologi di militari morti a causa della bronco polmonite, la notizia della morte per polmonite del figlio tredicenne del gerente del Cittadino e la cronaca di un focolaio di morbillo a Seveso (ne abbiamo parlato qui).

L'annata 1919 riporta, invece, solo 14 brevi necrologi di militari morti a causa della "spagnola". In un caso, nel numero del 6 febbraio, la notizia viene ripresa con la pubblicazione di un breve articolo corredato di foto che abbiamo ritenuto opportuno riportare sotto.

Nel 1920, a parte un breve trafiletto riguardante la morte per polmonite di S. E. Mons. Scotti, vescovo di Savona e già arciprete di Monza, troviamo solo un editoriale intitolato "Carnevale e spagnola" che se la prende per lo più con il ballo (ne abbiamo parlato qui).

Fra i nostri soldati

I  morti
Sold. Sangalli Luigi



Abbiamo dato notizia sul Cittadino del 23 gennaio [1919] della morte del soldato Sangalli Luigi di Paolo avvenuta a broncopolmonite nell'ospedale da campo n. 201 il giorno 21 dicembre [1918]. Oggi ne diamo la fotografia.

Il Sangalli, che aveva 20 anni, apparteneva al 7. Regg. Genio ed aveva superato tutti i pericoli della guerra, distinguendosi per il suo valore e ottenendovi, oltre la croce al merito di guerra, di essere proposto per la medaglia di Bronzo. Il fiero morbo in brevi giorni lo trasse alla tomba e lo rapiva così all'affetto dei genitori, dei fratelli e di tutti quanti lo amavano.

Il compianto Sangalli Luigi ha raggiunto il fratello Rodolfo, caduto gloriosamente sul Monte Zebio 30 mesi prima, colpito da granata nemica. Era impiegato ai Telefoni dello Stato nell'Ufficio di Monza, dove superiori e colleghi lo amavano immensamente, sì che in segno del loro fraterno affetto vollero suffragarne l'anima con un ufficio funebre celebrato il 2 gennaio nella Chiesa di S. Maria degli Angeli ed offrirono inoltre L. 50 per i tubercolosi. La famiglia, commossa per questa dimostrazione di stima, vuole mezzo nostro ringraziarne sentitamente superiori e colleghi. I carismi della Religione ne confortarono gli ultimi istanti e ne accompagnarono l'anima in Cielo.

venerdì 10 aprile 2020

Una "vera epidemia" a Seveso nel 1918

Pubblicità dello sciroppo Sirolina sulle pagine del "Cittadino", anno 1918
Dopo la pubblicazione del post sulla "spagnola" a Monza nel 1920 abbiamo esteso la ricerca sull'epidemia sfogliando l'annata del 1918 del Cittadino.

Pochissime le notizie riguardanti le morti per influenza, polmoniti o bronco polmoniti. Si contano, per tutto l'anno, solo 46 annunci funebri di militari e una piccola notiziola riguardante la morte del tredicenne Mario Saini, figlio del gerente del Cittadino Luigi Saini.

L'unica notizia in cui si parla di una "vera epidemia" associata anche a fenomeni di bronchite e polmonite riguarda l'abitato di Seveso San Pietro.

Il confinamento a casa non ci ha permesso ulteriori approfondimenti; riteniamo comunque utile riportare l'articolo così come è stato pubblicato all'epoca (Cittadino n° 2 anno 1918).

SEVESO S. PIETRO

Morbillo ostinato! Da una quindicina di giorni serpeggia il morbillo in paese accompagnato, quasi sempre, da altri fenomeni, come bronchiete, polmonite, grup ecc. da assumere l'aspetto di una vera epidemia. Non pochi i bambini che dovettero soccombere, non ostante tutte le cure e le precauzioni.

Conseguenza: l'Asilo e le scuole - già chiusi fin dal principio della apparizione del morbo - rimarranno neccessariamente chiusi fino a che non sia spento il melefico focolare.

Intanto vedano le buone mamme di usare tutte le precauzioni del caso: non espongano i bambini al freddo, non li mettano a contatto con quelli ammalati, curino la pulizia personale e locale, e somministrino ai bambini alimenti di facile digestione e nutrienti; sopratutto si attengano scrupolosamente ai consigli del medico.

giovedì 9 aprile 2020

La "spagnola" a Monza nel 1920

Il Cittadino, anno XXII, n° 6 del 5 febbraio 1920
Abbiamo spulciato l'annata 1920 del Cittadino. Eravamo alla ricerca di notizie riguardanti l'influenza spagnola in Brianza. Abbiamo trovato solo un articolo. Strano, visto che all'inizio vengono evidenziate le numerose morti quotidiane. Poi proseguendo nella lettura ci siamo accorti che all'epoca c'era un pericolo ben maggiore: il ballo!

FUMANDO UN TOSCANO

Carnevale e spagnola
di Ego

La "spagnola" è riapparsa anche quest’anno. Veramente ha cambiato nome. Encefalite letargica l’hanno chiamata i dotti seguaci di Esculapio; altri più volgarmente "febbre reumatica" o “influenza pura e semplice". Ma per quanto abbia cambiato nome, i risultati sono identici come l'anno scorso. Si moltiplica il numero degli ammalati; numerose sono le morti quotidiane.

II Sindaco Caldara di Milano ha scritto a Sua Eminenza il Cardinale Ferrari pregandolo di intervenire per fare abbreviare le esequie mortuarie; prossimamente, secondo il solito, anche il Prefetto ordinerà la chiusura dei cinematografi, lo sfollamento dei locali troppo frequentati e cosi via. Si crederà di aver trovato il toccasana contro il morbo rinato; verrà una buona pioggia o una migliore nevicata e così anche per quest’anno la «spagnola» avrà la sua fine. Necessaria fine come per tutte le cose di questo mondo.

E intanto... si balla!

E’ giusto: siamo in carnevale. Bisogna riposare lo spirito, non importa se stancando le membra. Tuffarsi nei vortici di un fox-trott; scodinzolare un tango argentino: ecco l'ideale, il vero riposo, la vera salute. Non vedete? gli stessi socialisti di Monza danno le feste danzanti con fior di musica civico-popolare; adesso poi a Monza c’é una società ginnastica che ha messo nel suo programma un nuovo numero di sport: il ballo. Vi è ancora qualche teatro che ha aperto le sue porte alle coppie scodinzolanti e finalmente ci sono le famiglie dei pescicani che, svanito l’incubo bolscevico, hanno ripreso fiato e danno grandi feste con inviti in smoking e guanti bianchi per celebrare i loro milioni di guerra.

Si dice che in una recente festa danzante alcune signorine abbiano con insistenza reclamato che si ballassero soltanto i balli moderni perché più confacenti alle moderne esigenze della società.

E così nei vortici della danza si dimenticano i malanni della vita quotidiana e l’anima si solleva verso il proprio ideale.

I socialisti sono tanto abituati a sfruttare il loro ideale, che è per loro ben poca cosa trascinarlo anche tra i fumi di una taverna illuminata dal sole dell'avvenire.

E una volta tanto hanno però un punto comune coi loro accerrimi nemici, i capitalisti, perché anche questi ballano, e nel ballo gli spiriti si infrolliscono, e nell'infrollimento generale hanno trovato il punto di contatto.

E intanto i microbi della "spagnola" danzano pure la danza della morte e l'influenza dilaga. E si incolpa l'inclemenza della stagione. Non si vuole capire che il metifico pulviscolo di una festa danzante trasmette più microbi fra coloro che vi partecipano che non una innocente (!) rappresentazione cinematografica.

Non si vuol capire che certi contatti sono fatti apposta per trasmettere il microbo fatale. Non si vuole capire che la differenza di temperatura fra una sala da ballo e l’ambiente esterno é fatto apposta per buscarsi una buona polmonite.

Ma siamo nel secolo ventesimo; la guerra è finita e bisogna conciliare le più opposte cose. E vediamo pure di conciliare lo sfrenato bisogno di lusso e di champagne dei pescicani di guerra, con quello non meno costoso dei fiaschi di barlettone delle feste danzanti rosse.

Noi fumiamo il nostro toscano anche se il Governo (ladro anche in questo?) ne ha aumentato il prezzo. Si dice che il fumo allontani i microbi della spagnola. sarà vero? Ne dubitiamo, ma fumiamo lo stesso, mentre gli altri ballano. Purchè i loro microbi non arrivino anche a noi!

martedì 7 aprile 2020

Seregno. Modificata la viabilità del comparto commerciale PAc-1

Il Comune di Seregno ha pubblicato, lo scorso 2 aprile 2020, la notizia riguardante l'approvazione, da parte della Giunta, di un atto di indirizzo che ha apportato alcune modifiche alla viabilità di contorno al comparto commerciale PAc-1 di via Milano.

Pac1 - Modifica della viabilità in via Toselli
Da quanto si apprende verrà allargata via Toselli con la creazione di corsie di accumulo per favorire la svolta a sinistra. Verrà inoltre mantenuto il doppio senso di marcia nelle vie Milano, allo Stadio e Toselli. Ridisegnata anche l'intersezione a sud in corrispondenza del distributore di benzina.

Pac1 - Il nuovo progetto riguardante l'intersezione a sud tra le vie Milano, allo Stadio e Cascina Ida
In sostanza si mangiano un po' di suolo e tutto diventa, forse, più scorrevole: speriamo! A parte lo spostamento della pista ciclabile a nord di via Toselli, nulla si dice riguardo ai percorsi pedonali e ciclabili, con isole salvagente per gli attraversamenti e un minimo di continuità oltre la zona. Rendere più sicura e agevole per tutti la mobilità dolce sembrava nei programmi di questa Amministrazione (Vedi Delibera di Giunta n°35 del 26/03/19).

La notizia pubblicata dall'Amministrazione Comunale

Viabilità Pac1, sarà modificato il progetto


Il nuovo comparto commerciale progettato nella zona di via Stadio – via Toselli – via Milano (il cosiddetto “Pac1”) si farà, ma con un assetto viabilistico che ridurrà di circa un terzo l’impatto sul traffico e sull’inquinamento ambientale. Questo il senso di un atto di indirizzo approvato alla fine del mese di marzo dalla Giunta Comunale.

La vicenda del Pac1 è nota. Il Piano Attuativo è stato approvato dalla precedente Amministrazione nel 2017. Sin dal momento della sua approvazione, il Pac1 ha indotto cittadini, associazioni ambientalistiche, operatori commerciali e Comitati di Quartiere ad avanzare preoccupate osservazioni circa l’impatto negativo che il nuovo insediamento potrebbe apportare alla viabilità dell’area. Preso atto che non è possibile revocare il Piano, in quanto ciò lederebbe i diritti acquisiti da parte della proprietà dell’area (con conseguenti contenziosi legali nei quali il Comune risulterebbe certamente soccombente), l’Amministrazione in carica, già nei primi mesi dopo il proprio insediamento, aveva assunto l’impegno di individuare possibili ed eventuali margini di miglioramento dell’assetto viabilistico del Pac1.

Per dare attuazione a quell’impegno formale, era stato conferito all’ingegner Dario Vanetti l’incarico di redigere uno studio viabilistico che potesse rappresentare il presupposto per una nuova fase progettuale. Partendo dall’analisi della viabilità attuale e dall’assetto derivante dal Piano Attuativo approvato (assetto, quest’ultimo, che prevede l’istituzione di una sorta di “Grande Anello” a senso unico lungo le vie Toselli, Stadio e Milano), lo studio ha prima di tutto approfondito la possibilità di ottimizzare il Grande Anello eliminando il semaforo tra via Toselli e via Milano e modulando in maniera differente il semaforo tra via Toselli e via Stadio. Questa soluzione, però, non apporterebbe un significativo miglioramento dei dati sull’intasamento da traffico.

Si è quindi approfondita la possibilità di una soluzione che partisse dalla viabilità attuale. Ne è scaturita la proposta di mantenere il doppio senso di marcia su via Milano – via allo Stadio e via Toselli, con allargamento della sezione di via Toselli per consentire una corsia dedicata alla svolta a sinistra in prossimità degli incroci, con il conseguente spostamento della pista ciclabile a nord di via Toselli e una modificazione delle geometrie dell’intersezione tra via Milano e via allo Stadio.

Con questo nuovo assetto, si prevede – rispetto alla viabilità proposta nel Piano Attuativo – un miglioramento di circa un terzo sia dei parametri di congestione del traffico (in un anno complessivamente verranno risparmiate 16 mila ore per liberare gli incroci) sia degli indicatori ambientali (la variante rispetto al progetto approvato comporterà un risparmio di circa 50 mila litri di carburante e di circa 120 mila chilogrammi di anidride carbonica). Inoltre, la nuova sagomatura del tratto via Milano – via Stadio – via Cascina Ida migliorerà il livello di sicurezza, in quanto verrà aumentato l’angolo di manovra per i veicoli provenienti da via Milano.

La soluzione individuata verrà ora messa a punto con la proprietà dell’area, che nelle interlocuzioni già intraprese si è mostrato disponibile a collaborare per il perseguimento di un miglioramento complessivo della viabilità dell’ambito sia in termini di sicurezza degli utenti, di accessibilità e fruibilità degli spazi e mitigazione dell’impatto ambientale.

Alberto Rossi, sindaco: “Rispetto al progetto del Pac1 abbiamo raccolto e fatto nostre le preoccupazioni espresse dai cittadini. E partendo da questo, abbiamo condotto un’analisi progettuale di notevole rilevanza. Con la variante dell’assetto viabilistico siamo convinti di aver individuato la soluzione che, rispetto all’area indicata, riduce il più possibile l’impatto negativo sul traffico. A questo punto della vicenda, quella individuata è la soluzione che maggiormente contempera le esigenze di tutti gli attori in gioco. Abbiamo conseguito un risultato che non è mai stato per nulla scontato e per il quale esprimo per intero la soddisfazione di tutta la Giunta e mia personale”.

Rimandiamo per ulteriori approfondimenti a questi link: