A cura di Andrea Agapito Ludovici, WWF Italia
“Il diritto dei proprietari frontisti di munire le loro sponde nei casi previsti dall’art. 58 è subordinato alla condizione che le opere o le piantagioni non arrechino né alterazione al corso ordinario delle acque, né impedimento alla sua libertà….”,così recita l’art. 95 del Regio Decreto 523 del 25 luglio 1904 che in articoli successivi vietava anche le piantagioni sulle sponde e scarpate dei fiumi; mentre in altri casi è stato richiesto esplicitamente la tutela di una fascia di 10 metri di vegetazione spontanea lungo i fiumi (es. Piano Fasce Fluviali del Po). Purtroppo ciò che avviene ed è stato osservato il 2 maggio in molti fiumi è ben diverso. Lungo il Piave il 30% circa delle fasce fluviali rilevate è occupato da agricoltura, mentre ancora ampie sono le aree naturali boscate e il fiume ha ampi tratti su cui divagare, però c’è anche un oltre 5% di queste zone riparie occupate da attività antropiche a forte impatto ambientale: quasi 70 ha occupati da cantieri di lavorazione ghiaia (12 x 33 ha), impianti sportivi (circa 2 x 10 ha), impianti industriali (7 x circa 20 ha), impianti zootecnici (3 x oltre 6 ha). Anche su altri fiumi si è rilevato un proliferare di abitazioni, fabbricati o altro nuovi sulle fasce fluviali, come sull’Adda (10 abitazioni, 3 impianti industriali) o sul Biferno (32). In molti casi le fasce riparie sono state tagliate completamente per fare posto fin sul colmo delle scarpate spondale all’agricoltura intensiva.
A sx: Ofanto. Recinzioni arrugginite sulla sponda A dx: Adda depuratore
Parte 7° - Inquinamento e impianti a rischio
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