La passeggiata "I luoghi dell'acqua e l'Abbazia di Vertemate" organizzata da Legambiente Cantù e dal Circolo Cooperativo di Minoprio ha riscosso un successo superiore alle aspettative; ben 130 sono state infatti le persone che hanno solcato i sentieri del Comune di Vertemate con Minoprio.
Riportiamo, in questo post, le immagini della bella escursione accompagnate dalla descrizione dell'itinerario.
(Cartina e testo di Legambiente Cantù)
Il percorso inizia dall’abitato di Minoprio caratterizzato dalla presenza imponente della villa Raimondi che con il suo lungo rettilineo frontale si pone come una quinta scenografica in direzione della valle del Seveso.
Percorrendo uno stretto sentiero tra orti e vecchie costruzioni agricole si giunge ad un antico lavatoio fatto costruire dalla famiglia Raimondi affinché non ci si dovesse recare alla fonte dell’abbazia nei periodi di carenza d’acqua. Questo lavatoio a doppia vasca recuperato attraverso un comodato durato dieci anni dal circolo Legambiente di Cantù, ha un doppio sistema di captazione dell’acqua: artificiale -un tubo collega il lavatoio alla vecchio cisterna a monte- e naturale -attraverso un piccolo rio che, raccogliendo l’acqua di scolo del piano soprastante, confluisce nel torrente Ri.
Lasciato il lavatoio, servito do una elegante sinuosa scala acciottolata si intraprende il sentiero che conduce all’Abbazia di Vertemate, che passa al margine di campi coltivati e di piccoli tratti di zone boscate in cui si possono trovare zone umide usate per l‘irrigazione.
Dopo un tratto assolato si intercetta il sentiero o destro per l’Abbazia, ma prima, un breve tratto a sinistra ci conduce al lavatoio nuovo, una struttura coperta, fatta costruire negli anni ‘30 da donna Carlotta Olginati si dice per togliere il disagio alle donne che fino a quel momento avevano utilizzato "ul Rungiun" un grande fosso lungo un centinaio di metri ora interrato, che raccoglieva gli scoli dei terreni a monte.
Riprendendo la strada sterrata per l‘Abbazia, ampia e carrabile, si arriva in prossimità di una curva, alla croce del Gallo, una croce votiva che veniva rinnovata alle predicazioni penitenziali dei frati, rituale che durava tre giorni e che prende il nome dalla storia dello passione di Cristo.
Lo strada scende offrendo scorci panoramici sulle prealpi e su comuni confinanti fino ad arrivare, dopo una lunga prospettiva, preannunciata dall’alto muro in pietra con arcate e corsi di mattoni, all‘ingresso dell‘Abbazia di Vertemate, complesso fondato nel XI secolo come priorato cluniacense; ricostruito nel ‘400 sotto papa Sisto IV, ha subito diverse trasformazioni funzionali e architettoniche per i diversi passaggi di proprietà. È stata restaurata nella seconda meta del ‘900 e ha ospitato fino al 2005 una comunità di monaci benedettini che ne hanno fatto un centro di spiritualità dedicato a diverse attività artistiche, fra le quali il restauro di libri antichi. Attualmente chiusa e inutilizzata mantiene la sua privilegiata, solitaria posizione o coronamento di un territorio fortemente inciso dal torrente Seveso che ne costituisce parte integrante e contesto ambientale suggestivo.
Seguendo la strada si giunge alla fonte della badia, uno dei punti privilegiati per lo presenza costante anche nei periodi di siccità, dell’acqua: questo semplice vasca, semincassata nel terreno è un deciso segno orizzontale nel fitto del bosco, un piccolo specchio che riflette il blu del cielo, lasciato il quale dopo over attinto olle sue fresche acque, si scende per la strada tortuosa, ancora segnata dai cippi che ne caratterizzano l’importanza come principale via di comunicazione provinciale. Di collegamento per i comuni limitrofi la strada prosegue a sinistra, nel fresco di un bosco sull’ultima balza prima della piana del torrente Seveso che viene preannunciato, al termine del sentiero, da quello che viene definito il ponte romano. È una costruzione in pietra, consolidata, che scavalca il torrente ma che lasciamo sulla nostra destra per proseguire lungo una traccia che ci conduce, dopo aver riguadagnato brevemente la quota, al torrente, in prossimità del "salto del Sassett", una piccola cascata d‘acqua formata da un salto di quoto del letto pietroso del torrente Seveso.
Questo tratto scorre rapido a margine di uno parete rocciosa. Siamo in un punto di rilevanza paesistica e ambientale notevole per la naturalità e l‘asprezza di questa porte del territorio che appartiene all‘anfiteatro morenico lariano: altre pareti di ceppo e trovanti lungo il percorso testimoniano l‘azione costruttiva del ghiacciaio e la forza erosiva dell'acqua che qui ha modellato ma anche determinato un uso particolare delle sponde. Passato il ponte detto di "Teodolina" si intraprende la valle detta dei mulini, in fregio alla strada provinciale.
Dopo aver superato lo diga, realizzata all‘inizio dell`800 si giunge dl mulino Tomasone la cui attività veniva svolto dalla famiglia che ancora vi risiede fino agli anni ‘90 del 900. Un sistema di chiuse e di canali ancora funzionanti conducono alla ruota ormai inutilizzabile del mulino, che per caduta azionava una tramoggia, datata 1890. che ancora permane. L‘impianto architettonico, conservato, la presenza di immagini votive ancora ben leggibili, il contesto ambientale di campi e orti e la presenza di una fonte, mai asciutta all‘esterno della corte determinano l‘unicità di questa struttura che testimonia la qualità e la complessità di tali strutture, centri vitali di un passato prossimo che ancoro può essere salvato .
Il percorso prosegue a lato di un piccolo canale alimentato dalla fonte perenne che mostra chiare acque e rive verdeggianti fino al punto di attraversamento della provinciale per dirigerci verso il casello della ferrovia di Cucciago e al rio Acquanegra che si costeggia fino a incrociare nuovamente la strada. Dopo averla oltrepassata nuovamente ci si immette in un percorso caratterizzato dalla presenza del mulino Cumitt, restaurato ma che presenta una ruota. impropria, a trascinamento, nonostante sia chiaramente visibile l’impostazione dei piani di quota per una alimentazione a caduta. Lasciamo il mulino per intraprendere la strada sterrata che ci conduce, dopo aver intercettato la cascina Bernardelli con i suoi interessanti rustici, nella piana del Seveso, importante area alluvionale capace di accogliere le esondazioni di un torrente dall‘alveo troppo stretto, che lambisce il piede della collina della ritrovata Abbazia. Il sentiero intercetta la linea ferroviaria Como Milano e prosegue pianeggiante fino a riguadagnare la quota più alta di cascina Ronchi tagliando dolcemente le curve di livello in un percorso caratterizzato da castagni. robinie, noccioli che, tangente al frutteto della scuola di Minoprio ci riconduce su strada asfaltata al lavatoio da cui è partito l‘itinerario.
Il testo e la cartina sono di Legambiente Cantù.
Zeno, sempre impeccabile il lavoro che fai per la promozione e la salvaguardia dei nostri territori che sono quotidianamente sotto tiro dagli interessi speculativi di ogni genere.
RispondiEliminaTiziano Grassi
Bello! possiamo avere la traccia gpx del giro? grazie
RispondiEliminaA suo tempo non l'abbiamo tracciato. Ti consigliamo di scrivere a: circololegambientecantu(at)gmail.com
RispondiEliminaGrazie. .farò subito
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