mercoledì 26 novembre 2025

WWF Insubria: nuove piantumazioni tra Seveso e Meda

I volontari del WWF Insubria al lavoro

Negli ultimi giorni il WWF Insubria è stato protagonista di una serie di iniziative dedicate alla riforestazione, alla tutela della biodiversità e all’educazione ambientale. Tra Seveso e Meda, volontari, scuole, famiglie e realtà locali si sono uniti per dare nuova vita a oasi, parchi urbani e aree naturalistiche ricche di storia.

Piantumazioni al Fosso del Ronchetto – 22 e 29 novembre


Il primo appuntamento si è svolto il 22 novembre, quando i volontari WWF hanno dato avvio alla “Giornata di Piantumazione” presso l’Oasi Fosso del Ronchetto a Seveso. L’area è un luogo unico nel suo genere: un antico relitto glaciale trasformato nel tempo in un prezioso mosaico di boschi, stagni e habitat fondamentali per specie come il tritone crestato e il tritone punteggiato.

La giornata del 22 novembre ha permesso alla comunità di contribuire attivamente al rimboschimento dell’area, pesantemente colpita negli ultimi anni dagli effetti dei cambiamenti climatici. Sono stati messi a dimora decine di alberi e arbusti in un clima di partecipazione e condivisione.

Il 29 novembre, sempre al Fosso del Ronchetto, si terrà il secondo appuntamento, organizzato insieme a Humana People to People Italia, nell’ambito della campagna nazionale per piantare 30.000 alberi entro il 2027 nelle oasi WWF e in altre aree verdi. L’iniziativa, intitolata “Vestiamo le oasi di verde”, inizierà alle ore 10:00 e sarà l’occasione per dare continuità al lavoro svolto il 22 novembre. Ai partecipanti è consigliato di portare guanti e scarpe da giardinaggio, e al termine delle attività è previsto anche un momento conviviale.

Verso la Festa dell’Albero – 2 dicembre a Meda


La terza iniziativa riguarda invece l’Oasi Urbana WWF Valle dei Mulini, nei Giardini della Scuola Diaz di Meda, dove il 2 dicembre 2025 si terrà la terza edizione della “Festa dell’Albero”, proseguendo un percorso iniziato nel 2023 insieme al Comune di Meda e all’Istituto Comprensivo Diaz.

Negli ultimi due anni, grazie al coinvolgimento di studenti, volontari e associazioni locali, sono già stati piantati oltre 400 alberi e arbusti, oltre a una nuova vigna, un piccolo frutteto con 60 alberi, e alcuni pini silvestri. Questi interventi hanno segnato la rinascita del vecchio Sentiero della Vigna e del Vecchio Mulino, restituendo al quartiere un ambiente più ricco e accogliente.

Il 2 dicembre si proseguirà con la messa a dimora delle ultime piante rimaste: ginestre, rose canine, ciliegi, cappelli del prete e palloni di maggio, che daranno ulteriore colore ai giardini nel corso della primavera 2026.

Il WWF invita tutti a partecipare agli eventi ancora in programma e a sostenere attivamente le attività dell’associazione, perché la tutela del pianeta inizia sempre da piccoli gesti concreti.

Per informazioni: 331 2976315 – wwfinsubria@gmail.com

I martiri di Basovizza chiedono giustizia nella toponomastica di Seregno

Il post che abbiamo pubblicato ieri, 25 novembre 2025, ci ha spinto a tornare su una delle pagine più oscure della nostra storia: le fucilazioni di Trieste del settembre 1930, quattro condanne capitali decise dal Tribunale Speciale di cui Ivo Oliveti faceva parte. Approfondire quei fatti significa capire meglio perché quel nome, ancora oggi sulle targhe di Seregno, non può essere considerato neutrale.

I quattro partigiani fucilati a Basovizza il 6 dicembre 1930. Fonte: Patria indipendente, 19 dicembre 2010.

A volte la memoria si illumina da sola: basta accostare due immagini, due gesti, due momenti di storia che sembrano lontani e invece parlano la stessa lingua.

Da una parte, le pagine nere del Tribunale Speciale per la difesa dello Stato, dove tra il 1928 e il 1935 sedeva anche Ivo Oliveti, non magistrato ma uomo di fede fascista scelto proprio per questo. Le carte, studiate da storici, parlano chiaro: in quegli anni Oliveti partecipò a numerose sentenze di condanna contro dissidenti antifascisti, comprese condanne a morte.

Tra queste, le più note sono quelle del settembre 1930, quando vennero fucilati quattro giovani antifascisti sloveni e croati:

  • Ferdo Bidovec
  • Alojzij Valenčič
  • Fran Marušič
  • Zvonimir Miloš

Erano gli anni bui della repressione al confine orientale: italianizzazione forzata, persecuzioni delle minoranze, violenza di Stato. I quattro – poi ricordati come i Bazoviški junaki, gli Eroi di Bazovica – avevano partecipato a un attentato al giornale fascista “Il Popolo di Trieste”, un gesto estremo nato dentro un contesto di oppressione sistematica. Furono processati dal Tribunale Speciale e giustiziati all’alba al poligono di tiro di Basovizza.

In Slovenia e in tutta l’area del confine, il loro ricordo è diventato da allora simbolo di resistenza antifascista. Un monumento, eretto dalle associazioni locali, ne custodisce la memoria. Ogni anno si celebra una cerimonia: perché quelle morti non furono un incidente della storia, ma un monito.


E quel monumento, nel 2020, ha ospitato una delle immagini più belle della storia repubblicana recente:
Trieste, 13 luglio 2020. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il Presidente della Slovenia Borut Pahor si tengono per mano davanti al monumento ai caduti sloveni di Basovizza.

Un gesto semplice, un gesto enorme.
Un gesto che dice: riconosciamo il dolore, condanniamo il fascismo, onoriamo chi ha combattuto per la libertà.

E non è stato un episodio isolato. Già nel 1997, il Presidente Oscar Luigi Scalfaro, primo capo di Stato italiano in visita ufficiale in Etiopia, aveva chiesto scusa – a nome di tutta la Repubblica – per la guerra coloniale fascista, per i bombardamenti con iprite, per le atrocità commesse.

La storia è questa:

  • Scalfaro chiede scusa per l’aggressione coloniale;
  • Napolitano rende omaggio in Africa alle vittime dell’espansione fascista;
  • Mattarella si reca a Basovizza e onora gli antifascisti giustiziati dal Tribunale Speciale a cui partecipò Oliveti.

E allora la domanda è inevitabile:
se tre Presidenti della Repubblica hanno saputo prendere posizione con questa chiarezza, perché non dovrebbe farlo il Comune di Seregno?

Perché mai dovremmo continuare a tenere nelle nostre strade il nome di un uomo che fu protagonista di quella repressione?
Perché mai dovremmo perpetuare un’intitolazione nata negli anni Trenta, nel pieno della propaganda fascista, per esaltare un regime che i nostri Presidenti hanno condannato senza esitazioni?

Non è questione di giudicare persone lontane nel tempo: è questione di scegliere cosa vogliamo ricordare oggi.
È questione di coerenza con i valori costituzionali.
È questione di rispetto verso chi ha subito violenza, coloniale e politica.
È questione di civiltà.

Se i Presidenti della Repubblica, massima espressione dell’unità nazionale, hanno saputo chinare il capo davanti ai caduti di Basovizza e davanti alle vittime dell’Etiopia, Seregno può – anzi deve – fare la sua parte.

Cambiare il nome di quella via non riscriverà la storia, ma dirà una cosa semplice e fondamentale:
noi scegliamo di stare dalla parte delle vittime, non dei persecutori.

Ed è ora che questa scelta venga finalmente compiuta.

martedì 25 novembre 2025

È ora di dire basta: Seregno non può continuare a onorare chi la dignità umana l’ha calpestata

Mussolini appunta la medaglia d'oro al V.M. sul petto della figlia di Ivo Oliveti. L'Illustrazione Italiana, 5 aprile 1936

Ci sono nomi che pesano come pietre. Nomi che non andrebbero pronunciati se non per ricordare ciò che non deve più accadere. Eppure, a Seregno, nel quartiere Lazzaretto, questi nomi continuano a vivere sulle targhe stradali, mimetizzati nell’abitudine quotidiana, quasi innocui. Ma innocui non sono.

Cinque anni fa avevamo già raccontato la storia di via Oliveti, una strada dietro l’Abbazia Olivetana che molti, in buona fede, credono dedicata al complesso monastico. Ma la verità è un’altra, e non è una verità comoda.

Quella via porta il nome di Ivo Oliveti, aviatore fascista morto in Etiopia e decorato da Mussolini con la medaglia d’oro al valor militare. Una biografia che il regime aveva costruito con cura propagandistica, cementando il mito dell’eroe caduto per l’Impero. Ma i miti della dittatura, quando la si guarda negli occhi senza retorica, rivelano spesso un volto oscuro.

Oliveti, prima ancora delle imprese belliche, fu infatti giudice del Tribunale speciale per la difesa dello Stato, l’organo repressivo che dal 1927 al 1943 stritolò oppositori, antifascisti, semplici sospettati. Un tribunale politico composto da magistrati e militi in camicia nera, molti dei quali provenienti dalle file degli squadristi.

Lo storico Mimmo Franzinelli – uno dei maggiori studiosi della giustizia fascista – lo cita più volte nel suo volume Il tribunale del duce. Non con toni celebrativi, ovviamente, ma negli elenchi dei responsabili di condanne capitali, persecuzioni, esecuzioni. Oliveti era tra i “duri”, tra quelli che sostenevano la pena di morte e che ebbero più volte la “soddisfazione” di decretarla.

Emblematica è la pagina scura delle fucilazioni di Trieste del settembre 1930: quattro condanne capitali, decise anche grazie a Oliveti. E mentre i condannati attendevano l’alba e i moschetti puntati al petto, i giudici trascorrevano la notte come se nulla fosse. L’informativa di polizia riportata da Franzinelli è agghiacciante: Cristini, presidente del Tribunale, passò quelle ore con una prostituta procurata da due colleghi. Uno di questi era proprio Ivo Oliveti.

Ed eccoci a oggi, 25 novembre 2025, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Una giornata che Seregno celebra con un programma ricco, necessario, urgente. Una giornata in cui si parla di rispetto, di dignità, di diritti calpestati, di cicatrici sulla pelle e nella vita. Una giornata che invita al coraggio di guardare in faccia tutte le forme di violenza, anche quelle che la Storia ha normalizzato.

E mentre sfogliamo il pieghevole delle iniziative comunali, l’occhio cade su un indirizzo:
Centro Antiviolenza White Mathilda – via Oliveti 17.

Via Oliveti.
Sì, proprio lui.
Proprio quel nome.
La via in cui si offre ascolto e protezione alle donne, porta il nome di un uomo che, secondo le fonti storiche, contribuì a procurarne una per “allietare” un giudice dopo aver firmato condanne a morte.
Un paradosso insopportabile, una dissonanza che ferisce.

Perché una città che condanna la violenza non può continuare a celebrarne – seppur inconsapevolmente – gli artefici.
Perché la toponomastica non è neutrale.
Perché ogni nome sulle nostre strade dice qualcosa di ciò che scegliamo di ricordare.

Oggi, proprio oggi, è evidente più che mai: è arrivato il tempo di cambiare il nome di via Oliveti.
Non per cancellare la storia, ma per smettere di onorare chi di quella storia rappresenta una pagina di brutalità.
Non per creare disagio ai residenti – un disagio minimo, una volta nella vita – ma per ristabilire un principio: nello spazio pubblico non si celebrano carnefici, nostalgie di dittatura, uomini che si fecero strumento di repressione e di violenza.

Cambiare quel nome è un atto di giustizia simbolica, civile, morale.
È un gesto che dice: abbiamo capito, abbiamo imparato, non tolleriamo più.
È un gesto che parla alle donne, agli antifascisti, a chi crede nella libertà, a chi rifiuta ogni violenza – fisica, politica, sociale.

Le targhe delle nostre strade devono raccontare chi vogliamo essere.
E noi vogliamo essere una comunità che la dignità la difende, non la oltraggia.


È tempo che quella via smetta di ricordare Ivo Oliveti.
È tempo che Seregno scelga di ricordare meglio.

Variante PTCP 2025: la Brianza rischia di perdere terreno


Negli ultimi mesi la Provincia di Monza e Brianza ha avviato il percorso di aggiornamento del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP), lo strumento che definisce le regole generali per l’uso del territorio: dove si può costruire, quali aree devono essere tutelate, come va preservata la rete ecologica, quali interventi sono compatibili con la tutela ambientale e paesaggistica.

Il PTCP, dunque, non è un documento tecnico per pochi addetti ai lavori: è il quadro che orienta le scelte urbanistiche dei Comuni e che influisce concretamente sulla qualità dell’ambiente, sul consumo di suolo, sulla sicurezza idrogeologica e sulla protezione degli spazi naturali.

Nel 2025 la Provincia ha pubblicato una nuova proposta di modifica – la “Variante 2025” – presentata come un aggiornamento tecnico e cartografico. Tuttavia, come abbiamo già evidenziato su questo blog, queste modifiche toccano aspetti sensibili della pianificazione territoriale, introducendo nuove regole e maggiore flessibilità in settori che incidono direttamente sulla tutela del paesaggio, delle aree agricole e della rete ecologica provinciale.

Secondo la normativa italiana ed europea, quando una modifica di piano può avere effetti significativi sull’ambiente, dev’essere sottoposta a una Valutazione Ambientale Strategica (VAS): un processo trasparente che analizza gli impatti delle scelte e permette la partecipazione dei cittadini e delle associazioni.

Proprio su questi aspetti è intervenuto il Coordinamento Ambientalista “Osservatorio PTCP di Monza e Brianza”, che ha presentato una serie di osservazioni e richieste formali, sostenendo che la Variante 2025 contenga cambiamenti troppo rilevanti per essere approvati senza una VAS completa.

Di seguito, proponiamo un’intervista approfondita a Giorgio Majoli, portavoce del Coordinamento, per capire meglio quali siano le criticità rilevate e perché, secondo gli ambientalisti, questa Variante debba essere valutata con maggiore attenzione.

Intervista a Giorgio Majoli

Giorgio Majoli, al centro, durante un sopralluogo

D. Majoli, avete appena presentato una serie di osservazioni alla Provincia sulla “Variante 2025” del PTCP. Perché questa scelta?

R. «Perché la Variante 2025 non è una semplice modifica minore, come viene presentata. Analizzando i documenti abbiamo riscontrato criticità rilevanti che non possono essere liquidate con un semplice screening. Secondo noi, per la portata dei cambiamenti e per i potenziali impatti cumulativi sul territorio, serve una Valutazione Ambientale Strategica completa, trasparente e partecipata. Le norme europee e nazionali sono chiare: quando un piano può incidere sull’ambiente in modo significativo, la VAS è obbligatoria.»

D. Entriamo nel merito. Una prima criticità riguarda l’aumento di “flessibilità normativa”. Cosa intendete?
R. «La Variante introduce margini di interpretazione molto ampi nelle aree tutelate. Questo significa che norme nate per garantire salvaguardia e protezione diventano più controverse, più interpretabili, e quindi potenzialmente più vulnerabili.
La preoccupazione è chiara: una disciplina troppo “flessibile” rischia di diventare una porta aperta a deroghe e trasformazioni difficili da controllare. In un territorio fragile come la Brianza, questo è particolarmente pericoloso. Abbiamo bisogno di chiarezza, stabilità e certezze, non di incertezze normative.»


D. Avete segnalato anche il rischio di nuove edificazioni in aree geomorfologicamente fragili. Perché?
R. «Perché le modifiche all’articolo 11 potrebbero permettere interventi edilizi perfino in valloni, orli di terrazzo, scarpate e altri ambiti geologicamente delicati, se questi ricadono dentro aree urbanizzate.
In Brianza molte zone sensibili sono ormai inglobate nella città: ciò significa che la Variante potrebbe indirettamente favorire nuove costruzioni proprio dove il territorio è meno adatto. Questo comporta rischi sia per la sicurezza idraulica sia per il consumo di suolo, che qui è già oltre i livelli di guardia.»

D. Nel vostro documento parlate anche di impianti a fonti rinnovabili: non siete favorevoli?
R. «Anzi, siamo favorevolissimi. Ma la Variante prevede la possibilità di installare impianti a fonti rinnovabili anche in aree agricole strategiche e nella rete ecologica, senza però definire criteri chiari per localizzazione e valutazione degli impatti.
Senza regole precise – lo ribadiamo – anche un intervento virtuoso può creare danni, ad esempio interrompendo corridoi ecologici o frammentando spazi naturali fondamentali. Le energie rinnovabili vanno sviluppate, ma con criteri robusti e non lasciando spazio all’improvvisazione.»

D. Un’altra criticità riguarda l’introduzione dei SIP. Cosa non funziona?
R. «La Variante introduce una nuova categoria di interventi, i Servizi di Interesse Provinciale, ma non ne definisce la tipologia.
Questo rende impossibile una valutazione trasparente degli impatti. È una sorta di scatola vuota che un domani potrebbe essere riempita con qualsiasi cosa, anche con funzioni potenzialmente insediabili nella Rete Verde, che è l’ossatura ecologica del territorio.
Una previsione così vaga è in contrasto con l’obiettivo di non compromettere la funzionalità ecologica dei nostri sistemi verdi.»


D. Le compensazioni ambientali sono un tema centrale. Cosa non va nella Variante?
R. «È stato introdotto un nuovo articolo sulle compensazioni ambientali e territoriali, ma senza indicare standard minimi, indicatori misurabili, criteri chiari.
Senza numeri e parametri verificabili la compensazione rischia di diventare una formalità burocratica che non garantisce un reale equilibrio ecologico.
Noi chiediamo criteri precisi e meccanismi certi di applicazione. Una compensazione deve ristabilire ciò che si perde, non limitarsi a dichiararlo.»


D. Parliamo di partecipazione. Perché ritenete inadeguati i tempi previsti?
R. «Perché la Provincia ha messo a disposizione i documenti per soli 30 giorni, un tempo insufficiente per un confronto pubblico serio su scelte che influenzeranno il territorio per decenni.
Chiediamo un incontro pubblico, più tempo e più strumenti di partecipazione. La VAS completa garantirebbe proprio questo: trasparenza, confronto e coinvolgimento dei cittadini e delle associazioni.»


D. In sintesi, cosa chiedete alla Provincia?
R. «Chiediamo una cosa semplice e di buon senso: che la Variante 2025 venga assoggettata a Valutazione Ambientale Strategica completa.
Non siamo contrari agli aggiornamenti del PTCP, ma qualunque modifica che incide sulle tutele ambientali deve essere valutata con la massima attenzione.
La Brianza è una delle aree più consumate d’Italia: ogni passo verso una maggiore flessibilità urbanistica deve essere accompagnato da garanzie solide, verificabili e trasparenti. Altrimenti il rischio è di compromettere ulteriormente un territorio che ha già pagato troppo.»

 

Per scaricare le osservazioni presentate dal Coordinamento Ambientalista cliccare qui.

 

lunedì 24 novembre 2025

Valle dei Mulini (Meda), cresce la preoccupazione: “Ritardi ingiustificati sulla compensazione ambientale”

La Misura Compensativa MC15 “Valle dei Mulini” di Meda 

Nella vicenda della Misura Compensativa MC15 “Valle dei Mulini”, il gruppo civico Sinistra e Ambiente-Impulsi torna a sollevare interrogativi e preoccupazioni, richiamando i cittadini di Meda sulla lentezza dell’iter di realizzazione. La questione riguarda una delle opere ambientali più rilevanti collegate al Masterplan Pedemontana del 2009.

Il gruppo ricorda che “in data 07/11/2025, Sinistra e Ambiente-Impulsi, Partito Democratico e Medaperta avevano protocollato un’interrogazione per avere un aggiornamento ufficiale sulla compensazione ambientale prevista a Meda”. La risposta dell’amministrazione Santambrogio è arrivata il 20/11/2025, ma secondo i promotori dell’interrogazione mostra un quadro tutt’altro che rassicurante.

Gli ambientalisti sottolineano come, dopo la firma del Protocollo d’Intesa tra Comune di Meda e Autostrada Pedemontana Lombarda, avvenuta il 05/08/2024, ci si aspettasse l’avvio rapido della fase progettuale, soprattutto alla luce del contributo di 215.500 euro, versato da APL nella tesoreria comunale il 16/10/2024, e destinato proprio alla progettazione.

Eppure, lamentano, “non c’è ancora alcun incaricato per la progettazione e tantomeno un progetto della Misura Compensativa MC15 da valutare. L’incarico è previsto nell’esercizio 2026 mentre la realizzazione è slittata al triennio 2026-2028”. Un rinvio che appare ai gruppi firmatari come l’ennesimo passo indietro nella tutela di un’area di pregio.

Nella risposta ufficiale indirizzata al consigliere Marcello Proserpio, il Sindaco di Meda Luca Santambrogio conferma diversi elementi sollevati nell’interrogazione. Specifica che “alla data attuale non risulta formalizzato l’incarico di progettazione, per quanto vi siano state interlocuzioni con il professionista che aveva già seguito la progettazione dell’intervento nel 2009”, e comunica che l’intera operazione è stata “riprogrammata sul triennio 2026/2028, con incarico di progettazione nell’esercizio 2026”.

A proposito dei rapporti istituzionali, il sindaco aggiunge che “ulteriori passaggi informativi in Commissione avverranno non appena completata la fase progettuale”. Quanto all’ipotesi di trasferire fondi aggiuntivi — come suggerito nella stessa interrogazione — Santambrogio precisa che tale possibilità “potrà essere valutata solo a valle dell’approvazione del progetto esecutivo con il quadro economico definitivo dell’intervento”.

Il confronto tra gruppi civici e amministrazione evidenzia una distanza significativa sulla tempistica e sulla priorità attribuita alla Valle dei Mulini. Da un lato, chi vede nella compensazione ambientale un’occasione irrinunciabile per migliorare un’area dal grande valore storico e naturalistico; dall’altro, un’amministrazione che riconosce i ritardi ma rimanda gli sviluppi operativi a prossimi esercizi finanziari.

Nel frattempo, Sinistra e Ambiente-Impulsi assicura che “continuerà a monitorare con puntualità e interesse questo importante intervento ambientale”.
Una promessa che si traduce nella volontà di mantenere vivo il dibattito pubblico attorno a un’opera attesa da oltre un decennio e che, per molti cittadini, rappresenta un vero test di credibilità per la politica ambientale locale.

sabato 22 novembre 2025

Oggiono, il Circolo Ambiente contro il dragaggio del Gandaloglio: “Rischio di danni ecologici”

Gandaloglio, esondazione Oggiono (ottobre 2024)

Il progetto del Comune di Oggiono (LC) per rimuovere i detriti dal letto del torrente Gandaloglio solleva critiche da parte del Circolo Ambiente “Ilaria Alpi”. Secondo l’associazione, l’intervento previsto — che prevede il passaggio delle ruspe in diversi tratti del torrente — rischierebbe di alterare l’equilibrio ecologico di uno degli ultimi corsi d’acqua ancora in buona parte naturali della zona.

Per il Circolo Ambiente, i depositi di ghiaia e sedimenti non sarebbero un problema da eliminare, ma un elemento naturale della dinamica fluviale. «Il trasporto di detriti è un processo fisiologico dei torrenti — spiega il presidente Roberto Fumagalli —. Rimuoverli significa intervenire su un equilibrio naturale che si ripristinerà comunque e che, se alterato, può arrecare più danni che benefici».

L’associazione chiede in particolare che non vengano toccati gli ultimi tratti rimasti naturali, in cui il torrente può espandersi nei prati limitrofi. Si tratta della porzione a valle della SP51, tra cascina Bergamina e cascina Altobello, fino al collegamento con il canale diretto verso la futura vasca di laminazione.
«È in queste aree — sostiene il Circolo — che il Gandaloglio deve poter mantenere la sua capacità di esondare in modo naturale».

Più accettabile, secondo gli ambientalisti, sarebbe intervenire solo nei tratti ormai fortemente artificializzati, come quello a monte del ponte della Santa, dove l’alveo è stretto tra recinzioni e edifici industriali.

Alla base del progetto comunale ci sarebbero anche gli allagamenti verificatisi nel 2024 e nel 2025 nella zona del Mognago, prima del tratto destinato alla futura vasca di laminazione della Redaella. Secondo l’associazione, gli episodi dimostrerebbero che il Gandaloglio non si comporta come un canale artificiale, come ipotizzato in fase di progettazione della vasca, ma è soggetto a variazioni naturali del proprio letto.

«I fiumi non sono tubi idraulici in cui basta impostare pendenze e sezioni per controllare il flusso — ribadisce Fumagalli —. Adattarsi alla loro natura significa lasciare spazio alle esondazioni e ridurre l’impermeabilizzazione del suolo».

Gandaloglio al Mognago di Oggiono (novembre 2025)

L’associazione lega il problema non solo agli interventi idraulici, ma soprattutto alle trasformazioni urbanistiche degli ultimi decenni. A Oggiono, come in altri comuni attraversati dal Gandaloglio, le zone storicamente destinate alle esondazioni naturali — in particolare tra Peslago e Mognago — sarebbero state progressivamente occupate da capannoni e villette.

Per il Circolo Ambiente, questo avrebbe aggravato gli episodi di dissesto idrogeologico, rendendo il territorio più vulnerabile alle piogge intense.
La ricetta proposta dall’associazione è opposta alla logica delle opere idrauliche: stop al consumo di suolo, rinaturalizzazione delle sponde, restituzione di spazi vitali ai corsi d’acqua e rispetto del loro ecosistema.

In attesa che l’amministrazione comunale definisca tempi e modalità degli interventi di dragaggio, la discussione sulla gestione del Gandaloglio rimane aperta. Da un lato le esigenze di sicurezza idraulica, dall’altro la richiesta degli ambientalisti di adottare un approccio più vicino alla natura del torrente e meno basato sulla movimentazione meccanica dei sedimenti.

Il confronto tra Comune, tecnici e associazioni potrebbe diventare l’occasione per ripensare il rapporto tra urbanizzazione, fiumi e rischio idrogeologico in un territorio che, negli ultimi anni, ha mostrato tutta la sua fragilità.

venerdì 21 novembre 2025

Meda: cantieri Pedemontana, ciclabili e fondi regionali. Tutte le novità dalla Commissione Territorio

Mercoledì 19 novembre 2025 si è riunita la Commissione consiliare Territorio e Ambiente del Comune di Meda. All’ordine del giorno, gli aggiornamenti sulle opere di compensazione legate alla realizzazione di Pedemontana e sul protocollo d’intesa che coinvolge il Comune.

Viabilità: programmati i periodi di chiusura degli svincoli sulla SS35


Il sindaco Luca Santambrogio ha comunicato le tempistiche previste da Pedemontana per gli svincoli medesi della SS35:

  • Da settembre 2026 a luglio 2027 sarà chiuso lo svincolo di via Cadorna, mentre rimarrà aperto in tutte le direzioni quello di via Vignazzola.
  • Da luglio 2027 ad aprile 2028 la situazione si invertirà: chiusura di via Vignazzola e apertura dello svincolo Cadorna.

La chiusura del 2026 scatterà solo dopo il completamento della Tangenziale Meda–Seregno sud, che rappresenta una condizione vincolante.

Nuovi fondi regionali per le compensazioni

Regione Lombardia ha destinato 5 milioni di euro ai Comuni della tratta B2, più Bovisio Masciago (tratta C).
La gestione dei fondi passerà attraverso la Provincia di Monza e Brianza, che – dopo un protocollo d’intesa con i Comuni – potrà:

  • utilizzare parte delle risorse (esclusi gli 800.000 € destinati a Meda) per interventi di riqualificazione della SS dei Giovi,
  • oppure lasciare ai singoli Comuni la gestione diretta, sempre tramite accordo provinciale.

Ciclovia Meda–Milano: il tratto medese verso Porada e Meredo


Il Comune di Meda valuta di destinare la propria quota (circa 800.000 €) alla realizzazione del tratto locale della Ciclovia Meda–Milano, che:

  • da via Asti arriverebbe in via Croce, collegando così il Parco delle Groane-Brughiera con il Parco della Porada per poi proseguire verso il Meredo (Parco GruBrìa).

Il sindaco ha espresso l’intenzione di affidare l’opera alla Provincia MB.
Il costo stimato è di circa 420.000 €, a cui vanno aggiunti IVA, progettazione, sicurezza e spese tecniche.
L’eventuale avanzo sarebbe destinato alle opere del Masterplan delle compensazioni, che integrerà sia gli interventi già eseguiti da BrianzAcque, sia quelli finanziati tramite il bilancio partecipato e gestiti da WWF Insubria.

Riqualificazione di via Indipendenza e nuova ciclopedonale


Il sindaco ha inoltre aggiornato sul progetto di riqualificazione di via Indipendenza, nel tratto da via Caterina da Siena al confine con Seregno, che prevede:

  • una pista ciclopedonale con superfici drenanti, in linea con i criteri della “città spugna”.
  • Meda ha già ottenuto l’intesa con il Comune di Seregno affinché la ciclabile prosegua oltre il confine, collegandosi al Parco della Porada e al Meredo.
  • La parte seregnese del tracciato sarà finanziata direttamente da Pedemontana.