venerdì 3 dicembre 2010

I monumenti non si toccano, salviamo il Bosco delle Querce!

Il nuovo svincolo di Pedemontana ed i cantieri connessi previsti
cancellano la porzione di Bosco delle Querce di Meda
.

di Paolo Conte - Insieme in rete per uno sviluppo sostenibile

Il Bosco delle Querce non è un monumento vegetale, è un monumento e basta. Il Bosco delle Querce, per di più, non è un monumento casuale, ma è un monumento intenzionale. E’ stato, infatti, voluto dai lombardi, per mezzo della Regione Lombardia nel 1983, come monito per ricordare ai posteri (cioè a parte di noi, e sicuramente alle generazioni a venire) le dolorose conseguenze del disastro ambientale della diossina proveniente dall’esplosione del reattore dell’industria ICMESA nel 1976, che ha causato l’inquinamento di una grossa fetta della Brianza, la morte di piante e animali, e l’allontanamento di tanti uomini e donne dalle loro case, dalle loro radici. Quel fatto, causato dall’inosservanza delle più elementari norme di sicurezza, ha impressionato l’Europa ed il mondo intero, tanto che la Comunità Europea emanò nel lontano 1982 la direttiva n° 82/501 relativa ai rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali. Era – ed è – la cosiddetta “Direttiva Seveso”.

Oggi, nel 2010, questo Monumento è in pericolo. Regione Lombardia infatti, avvallando il progetto definitivo di Autostrada Pedemontana, ne permette lo sbancamento, dimenticando la sua potente valenza simbolica di monito contro un progresso accecato dal profitto a qualsiasi costo e dalla fretta, gli stessi motivi che causarono quel disastro del 1976. Altri alberi piantumati al posto di quelli che il progetto prevede di togliere e nuovi ampliamenti – per altro già adesso necessari, visti gli altissimi indici di consumo di suolo della Brianza anche senza Pedemontana – non saranno mai uguali a “quegli” alberi piantati per ricordare il disastro del 1976. Come età certamente, le querce hanno adesso un’imponenza quasi trentennale (andatele a vedere), ma soprattutto come monito, come ricordo, come gesto, come cancellazione della storia recente della Lombardia.

Come coordinamento da subito ci siamo mossi per cercare di evitare il ripetersi di questi errori (e di altri, perché il tracciato ne contiene ancora molti…): appuntamenti con le amministrazioni coinvolte; audizioni alle commissioni territorio; azioni pubbliche sul territorio e sulla stampa; che sono servite ad animare il dibattito in Parlamento ed in Regione (si rimanda al nostro sito per chi fosse interessato ad approfondimenti nel merito: www.alternativaverde.it/rete), ma senza risultato, se non ricevere evasive risposte che apprendiamo a mezzo stampa che tuttavia non rispondono al problema da noi posto: chi vuole salvare il Bosco delle Querce? Si è però ancora in tempo per salvarlo, e la soluzione è molto facile – l’abbiamo proposto – basterebbe mantenere l’attuale raggio di curvatura della Milano-Meda. Come? Mettendo un limite di velocità agli automezzi in quel tratto di Autostrada. Non è così difficile. Non si sta chiedendo la luna, solo un limite di velocità, quante autostrade italiane hanno questi limiti? Questa semplice soluzione sarebbe per altro ai sensi della legge: le prescrizioni del CIPE, infatti, chiedono un progetto rivisto che salvaguardi il Bosco delle Querce, perché la Regione Lombardia non conferma di voler rispettare queste prescrizioni del Ministero? Perché il progetto rivisto alla luce delle prescrizioni del CIPE non è ancora stato reso pubblico e accessibile alla popolazione?

Questa storia ricorda le vicende di più di un secolo fa di un altro Monumento, sopravvissuto ai lombardi (ad alcuni per lo meno) ed ai loro progetti viabilistici non sempre indovinati, e fortunosamente giunto sino a noi: il Castello Sforzesco di Milano, tanto caro ai lombardi (per lo meno ad alcuni).

Siamo sul finire del XIX secolo, e lo sviluppo di Milano si era realizzato nella direzione nord-est, mentre nella direzione opposta, a poca distanza dal Duomo, si trovavano aree inedificate. Lo sventramento del Castello Sforzesco, previsto e attuato già dal 1880, per la realizzazione dell’asse stradale che unisce il Cordusio al Castello, l’attuale via Dante, aveva una sua "naturale" prosecuzione su Corso Sempione, resa però impossibile da una barriera fisica, costituita appunto dal Castello, che avrebbe spezzato la continuità del tessuto edilizio e della viabilità urbana. La presenza dell’Arco della Pace invece, era considerata quale motivo di valorizzazione delle nuove edificazioni, mentre al contrario l’antica struttura fortificata, era valutata, non soltanto agli occhi interessati degli speculatori, come un edificio privo di valore. I progetti di edificazione si susseguono quindi rapidamente, variano dall’ipotesi di totale abbattimento del 1880, all’idea della permanenza della corte della Rocchetta fino alla decisione del consiglio comunale, del 1884, di conservare anche la corte Ducale, arrivando infine al 1886, quando si decide di salvaguardare l’intera struttura fortificata a cui oggi siamo abituati, e che nessuno si sognerebbe di alterare (forse…). Il successivo restauro del Castello, avvenuto per opera dell’arch. Luca Beltrami – un grande milanese che oggi riposa al famedio di Milano – dopo il suo salvataggio dalle mani degli speculatori, è duplice ma unitario: si tratta di recuperare un importante documento del passato, di trarre dalla sua presenza conseguenze per il presente.

Esattamente il ruolo che il Bosco delle Querce dovrebbe avere per noi oggi: ricordarci, tramite la sua presenza fisica, un avvenimento estremamente negativo del passato, dal quale trarre importanti conseguenze per il presente. Un monito che dovrebbe servire a non compiere gli stessi errori. Maggiormente utile ad un contestato EXPO in divenire – dedicato alla sostenibilità ambientale – se preservato da Pedemontana ed ulteriormente ampliato, piuttosto che sbancato e ridotto ad ombra di se stesso per mezzo della scriteriata realizzazione di svincoli, rotonde, curve veloci ed aree di cantiere.

Il Castello Sforzesco più di un secolo fa è riuscito a salvarsi da un’equivoca idea di sviluppo, grazie a pochi ma grandi ed avveduti uomini, riusciranno i lombardi di oggi a salvare il Bosco
delle Querce?

Ai posteri l’ardua sentenza…

1 commento:

  1. Proprio un bell'articolo. Sintetiche ed efficaci soprattutto le prime tre righe.

    Romeo Cerri

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