sabato 8 novembre 2025

Esondazione del Tarò a Meda: analisi, responsabilità e proposte per il futuro

Il reticolo idrico minore che confluisce nel Tarò a Meda

L’ESONDAZIONE DEL TARÒ A MEDA, LA FRAGILITÀ DEL RETICOLO IDRICO E GLI INTERVENTI DA VALUTARE CON ATTENZIONE
di Sinistra e Ambiente - Impulsi, Meda

Prima di intervenire sull’esondazione del Tarò del 22 settembre 2025, abbiamo atteso che passasse il periodo più critico dell’immediata emergenza per poter valutare e scrivere sull’accadimento con la possibilità di approfondimenti documentali e senza la frenesia di annunci o prese di posizione dettate dal mero protagonismo o dalla pura polemica.

La violenza del fenomeno meteorologico che ha causato l’esondazione, colpendo duramente la nostra città e altre del bacino del Tarò/Certesa e del Seveso, è stata presa a pretesto da istituzioni ed enti coinvolti nella gestione, prevenzione e cura del territorio per autoassolversi.
Si è detto e ripetuto che troppa è stata l’acqua precipitata (200 mm di pioggia tra le ore 3 e le ore 11) perché si potesse fare qualcosa per contrastarla; che il piano di emergenza comunale è risultato inadeguato rispetto alla portata di un evento simile, altamente non prevedibile; che il processo di urbanizzazione risale a molti anni fa, e così via.

Ma si trascura che, al mattino, dopo che per buona parte della notte si erano riversate copiose piogge, è mancato l’allarme che avrebbe quantomeno impedito l’accesso veicolare alle aree investite dalla piena e permesso di limitare i danni in quelle adiacenti.
Si ammette poi, a denti stretti, che in questi ultimi anni cresce la frequenza di eventi atmosferici violenti e si restringe lo spazio temporale tra di essi, mentre i cambiamenti climatici sono ormai un’innegabile evidenza.

Quanto accaduto ha interessato un’ampia zona oggi considerata a rischio idrogeologico, dove negli anni si è autorizzato a cementificare ovunque, saturando gli spazi liberi e dove persino l’alveo del Tarò, nel Comune di Cabiate, è stato ricoperto con un selciatone in pietre e cemento, rendendolo un canale a scorrimento veloce e compromettendo il delicato equilibrio tra urbano e naturale.
Si è così messa a rischio la salute e la sicurezza dei cittadini e dell’ambiente, danneggiando anche le attività economiche e sociali.

IL CONSUMO DI SUOLO HA SATURATO LE AREE DI NATURALE ESONDAZIONE E IMPERMEABILIZZATO LE SUPERFICI

L’antropizzazione non accenna ad arrestarsi, pur a fronte del calo demografico e delle diverse leggi regionali che formalmente limitano il consumo di suolo ma che poi derogano, non conteggiando le trasformazioni legate a espansioni infrastrutturali (come nel caso dell’autostrada Pedemontana), o permettono nuovi insediamenti, ampliamenti produttivi e completamenti edilizi, offrendo comunque l’opportunità di prorogare piani attuativi mai partiti o rimasti fermi per anni.

Il rapporto annuale sul consumo di suolo 2024, reso noto da ISPRA il 24 ottobre 2025, conferma la provincia di Monza e Brianza al primo posto in Italia con quasi il 41% di suolo consumato e ulteriori 47 ettari di superficie trasformata irreversibilmente negli ultimi dodici mesi.
Dal 2006 – anno preso a riferimento dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente – tutti i Comuni, compresi quelli piccoli e a bassa densità abitativa, hanno continuato a consumare suolo.

Non sorprende quindi che anche nel nostro territorio non vi sia stata alcuna assunzione di responsabilità, nemmeno quando negli anni passati si è consentita l’edificazione di nuove costruzioni con piani interrati lungo l’asta del Tarò o nelle immediate vicinanze.
Lo stesso si è fatto nel 2016 con la realizzazione del parcheggio sotterraneo di piazza della Repubblica e, ancor prima, con le costruzioni residenziali in sponda al torrente Ry, in via Agrati.
Solo da qualche anno questo non è più possibile, da quando il Piano di Gestione del Rischio di Alluvioni 2022 ha individuato gli ambiti con pericolosità idraulica R4 del torrente Tarò/Certesa.


LA VARIANTE AL PGT

La variante al PGT rappresenta ora un’occasione da non sprecare.
Se approvate, le osservazioni presentate da Sinistra e Ambiente - Impulsi, insieme al PD e alla lista MedaAperta (si veda il post pubblicato il 13 ottobre), costituirebbero un segnale concreto di inversione di tendenza per la salvaguardia del territorio.

Non sarebbero certo esaustive, ma riteniamo che debbano essere tenute in considerazione nel dibattito apertosi all’indomani dell’esondazione, per capire dove intervenire e come agire per riparare i danni e mettere in sicurezza il territorio.

Alla discussione non intendiamo sottrarci, pur sapendo che mancano le risorse economiche dalla Regione, mentre il Governo nazionale ha approvato in questi giorni lo stato di emergenza per i Comuni delle province di Monza e Brianza e di Como colpiti dall’esondazione, stanziando 10 milioni di euro, somma riservata però alla copertura delle sole spese sostenute dai Comuni per la gestione dell’emergenza.
Una cifra probabilmente insufficiente, mentre ben maggiori risultano i danni materiali causati dall’esondazione del Tarò nel solo Comune di Meda, che attendono ancora una qualche forma di risarcimento.

ALCUNI PRIMI INTERVENTI NECESSARI

Sono certamente necessari interventi immediati che, anche se non risolutivi, possano mitigare la potenza devastante dei fenomeni di piena.
Serve intervenire al più presto per ripulire gli alvei del Tarò (di competenza AIPO) e del reticolo minore o secondario (di competenza comunale), e per ripristinare gli argini danneggiati ed erosi.
Occorre rivedere la struttura dei ponti di via Val Seriana, via Luigi Rho e via Cadorna, incrementandone dove necessario la luce, per consentire in caso di piena una maggiore fluidità alla corrente del Tarò ed evitare, come avviene ora, il fenomeno del rigurgito laterale.

È inoltre opportuno predisporre e installare una rete di misurazione, monitoraggio e allerta che comunichi in tempo reale i livelli raggiunti dal torrente, e programmare azioni periodiche comunali di manutenzione e pulizia sulle vallette che scendono dalla collina della Brughiera.

GLI INTERVENTI PREVISTI NEL PROGRAMMA D’AZIONE DEL CONTRATTO DI FIUME SEVESO

La ricetta comunemente caldeggiata e sostenuta da Regione Lombardia è quella delle vasche di laminazione.
Alcune di esse sono inserite nel Programma d’Azione del Contratto di Fiume Seveso.
Due sono già previste e finanziate per un totale di 12,644 milioni di euro, che si aggiungerebbero alla vasca di 80.000 m³ esistente a Carugo, in zona Cascina S. Ambrogio, sulla valle del Brenna.

La vasca di Carugo, durante la piena del 22 settembre 2025

Una prima nuova vasca di 200.000 m³ è localizzata nel Comune di Alzate Brianza, sulla Roggia Vecchia, affluente di sinistra del Tarò.



Il progetto la colloca in prossimità della stazione di Brenna-Alzate, in un’area golenale agricola già soggetta ad allagamenti, ai margini del Parco Regionale delle Groane e della Brughiera.


La seconda vasca è prevista a Mariano Comense, in località Cascina Bice - Vallone del Certesa/Tarò (dietro Cascina Mordina), e consiste in due invasi in linea con capacità rispettive di 50.000 e 25.000 m³, in un’area finora non soggetta ad allagamenti, anch’essa interna al Parco Regionale.
Si tratta di luoghi di pregio naturalistico, che rischierebbero di essere completamente snaturati da soluzioni esclusivamente ingegneristiche come bacini di raccolta in cemento con impermeabilizzazione del suolo.
I volumi previsti, inoltre, risulterebbero insufficienti a contenere piene della portata di quella del 22 settembre 2025.

Meglio dunque pensare a soluzioni diversificate, meno impattanti e più sostenibili, in grado di ridurre il rischio idraulico e adattarsi ai cambiamenti climatici, mantenendo e proteggendo la biodiversità e gli ecosistemi.

L'intervento di BrianzAcque a Meda in via Giovanni XXIII

A Meda è in corso un progetto finanziato da BrianzAcque per ridurre in modo sostenibile le portate immesse in rete in caso di pioggia, con la realizzazione di una nuova fognatura bianca che si collega ai tratti esistenti nell’area della piazza del Mercato e, percorrendo via Giovanni XXIII, raggiunge l’area verde oltre via degli Angeli Custodi, dove le acque verranno trattate e infiltrate in un bacino drenante.

Nel Programma d’Azione del Contratto di Fiume Seveso, l’amministrazione di Meda ha inoltre incluso uno studio preliminare per individuare possibili aree di laminazione o di esondazione naturale del reticolo idrografico minore, con l’ipotesi di creare opere di 5.000/10.000 m³ a un costo stimato di 300.000 euro. L’intervento non è ancora finanziato.

L'area di laminazione prevista a Cabiate in località "La Busa"

Per il bacino del Certesa/Tarò, nel Comune di Cabiate è previsto un intervento con briglie e rimodellamento morfologico per la realizzazione di un’area di laminazione di 5.000/10.000 m³ in località “La Busa”, con un finanziamento già disponibile di 100.000 euro.
Una cifra esigua se rapportata all’estensione delle aree coinvolte e ai volumi di piena.

Tra le soluzioni va certamente considerata anche la de-impermeabilizzazione di piazze e parcheggi. Tuttavia, i pochi interventi pianificati ad Arosio, Carugo e Mariano Comense risultano ancora privi di copertura economica.

PENSARE E VALUTARE CON ATTENZIONE GLI INTERVENTI POSSIBILI

Le vasche di laminazione attualmente previste altererebbero lo stato dei luoghi, sottraendo spazi liberi in aree pregiate che sono state conservate e tutelate grazie all’impegno di chi ha a cuore l’ambiente.
Meglio allora cercare e verificare altri siti da destinare a tale impiego.
Nel territorio di Meda e dei Comuni limitrofi esistono numerose aree dismesse e comparti con piani attuativi mai decollati, che potrebbero essere presi in considerazione – previo studio di fattibilità – per localizzarvi impianti di contenimento e laminazione delle acque di piena.

È indispensabile una progettazione coordinata tra tutti i Comuni dell’asta del Certesa/Tarò, coinvolgendo competenze ambientali, geologiche, idriche, ingegneristiche e fluviali.
Serve inoltre prendere in considerazione sia interventi di de-impermeabilizzazione diffusa, sia l’utilizzo di aree dismesse che non possono più essere oggetto di soli piani privati di riqualificazione residenziale o commerciale, ma devono contemplare anche funzioni pubbliche come bacini di laminazione e aree di contenimento.

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