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| Immagini tratte dalla pagina Facebook di Franco Redaelli, sindaco di Macherio |
A Macherio, pochi giorni fa, il presidente di Pedemontana Luigi Roth, accompagnato da dirigenti e tecnici della società, è entrato nella Scuola Rodari per incontrare gli alunni delle classi quarte e quinte. L’iniziativa, organizzata con il supporto dell’amministrazione comunale, è stata presentata dal sindaco Franco Redaelli come un momento di confronto e trasparenza per spiegare ai bambini “l’infrastruttura che si sta costruendo e l’impatto sulla scuola e sulle nostre vite”.
Parole che suonano rassicuranti — ma che, a leggere i numerosi commenti apparsi sotto il post del sindaco Redaelli, hanno suscitato tutt’altro che entusiasmo. Genitori, cittadini e rappresentanti dei comitati NO Pedemontana hanno parlato di “propaganda travestita da educazione civica”, di una lezione a senso unico, senza contraddittorio, e soprattutto di un uso inaccettabile dei bambini per “ripulire” l’immagine di un’opera contestata da anni.
Molti si chiedono: i genitori erano stati informati? E soprattutto, qual è il valore educativo di un incontro che esalta un’autostrada a sei corsie costruita a pochi metri dalle aule scolastiche?
L’irritazione è più che comprensibile. La stessa scuola Rodari vive ogni giorno le conseguenze del cantiere: rumore, polvere, alberi abbattuti, il giardino scolastico ridotto a un perimetro di sicurezza. Parlare di “autostrada green” di fronte a chi respira l’aria del cantiere appare, francamente, una provocazione.
Ma ciò che colpisce di più è la ripetizione della storia.
Non è la prima volta che Pedemontana entra nelle scuole per raccontare la propria versione dei fatti.
Già quindici anni fa, nel novembre 2010, avevamo denunciato su questo stesso blog un episodio simile, con un post dal titolo:
👉 Pedemontana: "meglio la sindrome di NIMBY o il complesso di OIMBA?".
Allora come oggi, l’obiettivo era lo stesso: legittimare un’opera imposta al territorio, trasformando l’informazione in promozione.
E allora come oggi, la reazione dei cittadini è stata di indignazione.
In quindici anni non è cambiato il metodo, ma forse è cambiata la consapevolezza.
Oggi la Brianza conosce bene gli effetti delle grandi opere calate dall’alto: consumo di suolo, traffico, inquinamento, cantieri infiniti, promesse di “verde” e “sviluppo” mai mantenute.
Forse i veri educatori, questa volta, saranno proprio i bambini — quelli che, crescendo, si ricorderanno di aver respirato la polvere dei cantieri e di aver visto sparire i loro alberi per far posto a un’autostrada che qualcuno aveva definito “sostenibile”.

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