domenica 11 gennaio 2015
Pedemontana: sulla tratta B1 Legambiente chiede accertamenti alla Magistratura
Legambiente apre un nuovo capitolo di scontro su una delle opere autostradali più nocive e contestate della Lombardia: la Pedemontana. A sole due settimane dalla prevista apertura del primo moncone autostradale tra Cassano e Lomazzo (la cui realizzazione è stata pagata con contributo dello Stato, e il cui pedaggio sarà pagato agli automobilisti da Regione Lombardia), le lenti dell'associazione si posano sul secondo troncone già in avanzata fase di cantierizzazione, quello che dovrebbe portare il traffico pedemontano a immettersi sulla congestiona superstrada Milano Meda: la tratta B1 da Lomazzo a Lentate, 7.5 km di doppia carreggiata quasi tutta in trincea. Un'opera molto più che devastante per il territorio, un ecomostro che ha già divorato centinaia di ettari di foreste e aree agricole della pianura comasca, con molte incognite anche riguardo agli impatti sulla sicurezza idrogeologica, viste le interferenze che la trincea stradale determina sul deflusso delle acque, tutte deviate nel torrente Lura con ciclopiche opere di canalizzazione.
Legambiente, dopo aver chiesto, per mesi, di aver accesso al progetto della grande opera pubblica e ricevendo solo dinieghi, neanche troppo garbati, da CAL (la Concessionaria Autostradale Lombarda, una SpA interamente pubblica controllata da Regione Lombardia e ANAS), ha preso carta e penna per esporre i fatti alla Pretura di Como, chiedendo all'autorità giudiziaria di svolgere accertamenti.
Legambiente ha segnalato il caso alla Magistratura dopo essere riuscita ad intercettare, dalla direzione Valutazioni Ambientali del Ministero dell'Ambiente, una corposa comunicazione ufficiale indirizzata a CAL in cui, nel mese di settembre 2014, quindi molti mesi dopo l'apertura dei cantieri tra Lomazzo e Lentate, gli uffici ministeriali intimavano di provvedere all'adempimento delle prescrizioni CIPE e a fornirne documentazione prima dell'inizio dei lavori della tratta B1. Un dettaglio non di poco conto: se il ministero vigilante a settembre aveva in corso la procedura di verifica delle prescrizioni disposte dal CIPE, necessaria per autorizzare il progetto esecutivo, allora come potevano esserci ruspe e motoseghe già da marzo lungo gli 8 chilometri di tracciato della tratta di Pedemontana? Come potevano essere autorizzati quei cantieri aperti in fretta e furia con l’infondata e mendace motivazione dell'opera indispensabile per Expo?
“Non ci stupiamo se le classifiche internazionali collocano l'Italia in coda quanto a livello di trasparenza delle istituzioni pubbliche, Pedemontana è un caso da manuale di opacità amministrativa - dichiara Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia - Eppure è un'opera che, ormai è chiaro, potrà procedere solo con pesanti iniezioni di denaro pubblico e con smisurati benefici fiscali. Cosa vuole nascondere la concessionaria che opera a nome di Regione Lombardia, impedendo di conoscere i progetti di opere pubbliche? Forse il più grande abuso edilizio mai realizzato? Ci auguriamo che la Magistratura effettui i necessari accertamenti verificando la correttezza delle procedure che hanno consentito di radere al suolo centinaia di ettari di foreste in assenza di fondamentali atti autorizzativi e che, se riscontrasse abusi, intervenga in modo deciso”.
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