lunedì 1 ottobre 2012

Il territorio competitivo

Copertura del suolo a Seregno. Immagine tratta dalla VAS Città di Seregno
Riceviamo e pubblichiamo

di Mauro Brivio, segretario PD Seregno

Quest’estate ho potuto esplorare il territorio nazionale lungo la Pianura Padana, fino all’Adriatico, e poi attraverso gli Appennini, fino all’alto Lazio. Volendo farmi un’idea dello stato del paesaggio, ho scelto di percorrere soltanto strade statali e provinciali, poiché l’autostrada offre una visibilità limitata e non consente soste o rallentamenti.

Ho attraversato luoghi tra loro molto diversi per storia, materiali e forme. Eppure, lasciando da parte fascino e bellezza che ancora per fortuna prevalgono in molti centri storici e zone rurali, essi sono accomunati da disordine e irrazionalità diffusa.

Disordine e irrazionalità si manifestano a tutte le scale, e riguardano la collocazione di manufatti e infrastrutture nel territorio, il modo in cui sono realizzati e l’uso che è stato fatto del suolo: dai singoli giardini privati, invasi da rimesse e capanni di ogni tipo, al verde pubblico, spesso artificioso, impraticabile ed estraneo al contesto; dall’arredo delle strade, sempre diverse, circondate da selve di cartelli di ogni genere e da improbabili attrezzature, agli edifici più diversi che dispersi senza logica lungo le strade e nella campagna rendono accidentate, trafficate e insicure le prime e frammentata, spazialmente irrazionale e improduttiva la seconda. L’elenco è infinito, e il fenomeno comporta oltretutto un imbruttimento del paesaggio che è evidente, e sorprende che ancora non si veda un’inversione di tendenza nelle opere in cantiere sparse qua e là.

Ebbene: la mia idea è che non possano esservi competitività, eccellenza ed attrattività per aziende o istituzioni -e in generale per ogni attività pubblica o privata- in un territorio che non sia ugualmente competitivo, attrattivo e di eccellenza. Questo vale per le leggi, la giustizia, la burocrazia, l’economia, la conoscenza di una nazione, e vale anche per la realtà fisica dell’ambiente in cui viviamo.

Un primo passo per rendere il nostro territorio più competitivo, razionale e funzionale rispetto a predeterminati obiettivi, è certamente quello di riordinarlo: si tratta di ripensare la città con una pianificazione di medio, lungo e lunghissimo periodo, con coraggio e senza tabu, utilizzando gli strumenti urbanistici che già esistono; immaginarla come vorremmo che fosse in futuro, distinguendo ciò che deve essere conservato da ciò che si dovrà trasformare, e fissando degli obiettivi.

Occorre tornare a ragionare sulla forma della città, favorendo una compattazione dei tessuti urbani per salvaguardare il suolo libero che resta e per rendere i servizi meno costosi e più efficienti: questo significa anche invertire il processo di dispersione del costruito, spostando se necessario i volumi esistenti per restituire unitarietà e funzionalità alla campagna e alle infrastrutture. Occorre realizzare infrastrutture flessibili e condotti tecnologici in modo da poter accogliere in futuro nuove reti e attrezzature senza continui disfacimenti e ricostruzioni. Bisogna standardizzare, semplificare ed eliminare arredi urbani e attrezzature inutili o mal progettate; rimuovere tutta la cartellonistica estranea al codice della strada; ripensare la viabilità innanzitutto per ciclisti e pedoni; progettare in modo diverso le superfici che ricoprono strade e costruzioni per recuperare la permeabilità del suolo (e con essa la funzionalità dei sistemi per lo scolo delle acque), per risparmiare energia e per un ambiente urbano migliore e più vivibile.

Il riordino del nostro territorio può cominciare domani, anche senza risorse a bilancio e nonostante il patto di stabilità: si può partire da alcune semplici regole, da un Piano di Governo del Territorio ben fatto e da un minimo di buona volontà dell’Amministrazione, anche con l’aiuto dei cittadini.

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