venerdì 4 luglio 2014

Meredo: preziosa anomalìa di territorio scampato all’edificazione


In occasione di una nostra recente visita al Meredo, finalizzata alla realizzazione dei post che sono apparsi ultimamente, abbiamo incontrato Franco Formenti, che ama e si interessa particolarmente a questi luoghi.
Gli abbiamo chiesto di condividere con noi la sua passione. In questi giorni ci ha inviato il materiale che pubblichiamo in questo post.

Premessa

Il Felice, conosciuto tra i colleghi come l’ultimo “paisàn”, sua moglie Maria e il loro cane, serio come lo sono i cani dei contadini, l’amico Nava e la sua bicicletta, la sfortunata famiglia Curioni, il falegname; le loro cascine erano semplici e umili come gli abitanti che vi hanno vissuto, nei cortili non vi erano automobili ed erano aperti, senza bisogno di cancelli né di recinzioni…
Se non ci sono più le persone restano gli edifici, purtroppo in stato di abbandono e alcuni anche disabitati, a rispecchiare il loro modo di vivere e, per quanto è loro possibile, tramandarne utilmente la memoria a una nuova generazione che stà perdendo i buoni valori legati al territorio e al lavoro.
Non vi sono monumenti, né paesaggistici né architettonici, ma un contesto rurale e artigiano ancora quasi integro, piccoli particolari di cultura popolare che si spera possano conservarsi il più possibile così che il Meredo, preziosa anomalìa di territorio scampato all’edificazione grazie alle linee ferroviarie, ma poi anche dalle infrastrutture continuamente minacciata, possa continuare a rappresentare in Seregno un’oasi dalla valenza non soltanto ecologica.


Punti d’interesse

A sud della linea FNM per Saronno:  
  • Crusun
  • Cascina Nava (metà ‘800), con affresco della Madonna del Pianto
  • Cascina Teresa, o Somaschini (anni ‘20)
  • Cascina Tumas, o Vitali (anni ’20)
  • Cascina Bana (anni ‘50)
  • Cascina Pegà, o Crippa (inizio ‘900)
  • ex Osteria dei Set Basej (anni ‘50)

A est di Viale Nazioni Unite: 
  • Casotto per gli attrezzi e ciliegi isolati 
  • Cascina Pelucchi (fine ‘800)
  • Cascina Curioni (metà ‘800)
  • Cascina Brivio, già “Strasciaferri” (fine ‘700), con affresco della Madonna di Santa Valeria
  • Cascina Silva, o Colli (inizio ‘900), con affresco di Madonna col Bambino (zona detta “Rivun”

A ovest di Viale Nazioni Unite: 
  • Cascina Ciceri (anni ’50)
  • Cruseta
  • ex casotti per gli attrezzi
  • strade vicinali
  • farnia monumentale (zona detta “Sassonia”)
  • ponticello ferroviario in mattoni 
  • gelso e terrapieni ferroviari (zona detta “Sotto il ponte” o “Campo ciliegio”)
Nomi delle cascine e date sono tratte da: Sant’Ambrogio, una chiesa e la sua gente, a cura di L. Losa

Viabilità storica e vicinali

Il territorio considerato era compreso tra due strade:
  • l’antica strada Ponte Albiate – Meda, un decumano romano (come confermano ritrovamenti avvenuti in occasione dei primi scavi per la fognatura) al cui incrocio con la Valassina è sorta Seregno e che portava, quindi, da una parte al Lambro e dall’altra al dominante Monastero di San Vittore, citato anche nei Promessi Sposi, e lungo la quale sorsero diversi edifici religiosi e cascine (Chiesetta di Santa Valeria, Cascina Ceredo, Cascina Donetta);
  • la strada per Cassina Savina, cioè l’attuale Via Solferino, che dal centro di Seregno arrivava fino al Crusun e quindi a detta Cascina e a quella di San Carlo.

Rispetto ad esse si era sviluppato il sistema di vicinali tuttora presente seppur frammentato dalle infrastrutture: la maggior parte delle vicinali è infatti orientata in senso longitudinale proprio per assecondare, ritengo, l’antica strada per Meda e non certo la linea FS per Como; che le ferrovie siano arrivate dopo è, poi, evidente con la linea FNM per Saronno che addirittura taglia alcune vicinali.
Già i  loro nomi rimandano a tempi lontani e a un contesto tipicamente di aperta campagna. Così compaiono (anzi si ripetono, tanto da poter generare equivoci) le località alle quali conducevano: San Pietro, Meré, Cassina Savina; nonché il tenue ricordo di vicini brughiere e boschi scomparsi.

Date importanti sulle ferrovie


1849: FS Monza-Camerlata (Como), apertura della stazione di Seregno: la linea costituisce un ostacolo all’espansione dell’abitato verso sud-ovest;
anni '80 del XIX secolo: traforo del Gottardo, FNM Seregno-Saronno-Novara, FS Seregno-Ponte San Pietro (Bergamo), tramvie: Seregno diventa un discreto polo per i trasporti con le immaginabili conseguenze positive per l’economia.

Natura artificiale


In origine anche i terreni del Meredo erano probabilmente ricoperti da brughiere e grandi boschi di specie autoctone. Nel corso dei secoli questi sono stati sfruttati e sostituiti da filari e qualche area boschiva prevalentemente di robinie e, soprattutto, coltivazioni per lo più a carattere cerealicolo (a causa anche dell’assenza di corsi d’acqua, fatta eccezione per una roggia delle poche che erano a Seregno e della quale ormai sono scomparse le tracce), ma anche frutteti nella zona vicina al bivio ferroviario, vigne nonché gelsi.


L’esemplare di gelso presso il terrapieno della ferrovia, una sorta di “terrazzamento” con muri a secco dei quali si può intravvedere qualche residuo, è uno degli ultimi di quella che era una caratteristica piantagione brianzola posta a segnare i confini dei fondi. Ovviamente, suo scopo era l’allevamento del baco, e quindi la lavorazione e il commercio della seta. Tale attività ebbe l’apice dello sviluppo nell’800 e interessò probabilmente anche le cascine storiche del Meredo; non per niente alla festa di Santa Valeria si portavano a benedire le uova dei bachi. Pare che per migliorarne la produzione fosse necessario risanare gli ambienti delle cascine, il che paradossalmente generava indiretti vantaggi igienici anche per i contadini che le abitavano, da aggiungere ovviamente al ritorno economico.


L'uso agricolo ormai non è più quello tradizionale. Di esso sono in qualche modo testimonianza anche i casotti un tempo utilizzati per il deposito degli attrezzi e dei quali oggi restano rarissimi esempi ma soprattutto, è il caso del Meredo, ruderi ormai divenuti macchie di vegetazione spontanea.

“Crusun” e “Cruseta”


Il “Crusun” attuale risale al 1931 e fino al 1963 (inaugurazione della Chiesa parrocchiale di Sant’Ambrogio) era il fulcro di una festa rionale. Ha sostituito una piccola croce col Cristo in ferro posta alla sommità di una colonna di granito che, notoriamente, segnava la fine dell’abitato e l’inizio della campagna.
Il “Crusun” e la “Cruseta” erano probabilmente croci campitali, come ve ne sono in tutta Italia, ovvero elementi propiziatori per i campi, intorno alle quali le famiglie si raccoglievano per le funzioni di benedizione previste dal calendario liturgico.


Sulle mappe si osserva che, quando non c'era la ferrovia Seregno-Saronno, la Vicinale ai Boschi di San Pietro cominciava dal “Crusun” e quindi le due croci erano disposte su uno stesso percorso. Mi permetto, così, di ipotizzare che la funzione della “Cruseta” fosse una delle seguenti:
  • segnava il limite di una proprietà;
  • segnava il limite di una strada (su alcune mappe l’attuale Via Saronno non prosegue oltre    e appare come una traversa della Vicinale ai Boschi di san Pietro);
  • segnava il percorso della principale roggia che esisteva a Seregno (i vecchi dicono che vi era un'altra croce più piccola in zona Ceredo lungo il percorso di tale roggia);
  • segnava un percorso votivo dal “Crusun” ai luoghi di San Pietro.
Le cascine


Molte delle cascine una volta presenti sono scomparse per ritrovare al loro posto, soprattutto nel quartiere Crocione, villette e i famosi “palazzoni”. Ma le cascine superstiti hanno ciascuna delle peculiarità per cui possono ancora costituire, con analogie e differenze, un compendio tipologico.
Logica ovunque presente è quella dell’orientamento E-O che, insieme alla presenza costante di piante da frutto e a foglia caduca (frequenti il cachi e il ciliegio) ma anche di “impianti tecnologici” come il pozzo o la cisterna per l’acqua, applicavano in modo umile soluzioni delle quali oggi si è appropriata la “bioarchitettura”.
La distribuzione a mo’ di corte, gli ambienti comuni, elementi quali il ballatoio per accedere alle camere, il camino per cucinare nonché per riscaldare il locale cucina (unica zona giorno) o, a modo suo, persino il cesso in cortile raccontano, invece, di un modo di vivere meno comodo ma che favoriva, volenti o no, una certa socializzazione.
Oggi quasi inconcepibile, normalmente le cascine e i terreni non avevano recinzioni!
Oggi i più giovani, cresciuti in alloggi “appartati e condizionati”, forse nemmeno riescono a concepire tanti valori legati alla vita di cortile!  In futuro i ragazzi crederanno, almeno quello, che in cortile si lavorava e si viveva tutti insieme? Che i bambini tornavano da scuola da soli e che ad aspettarli a casa c’era la mamma, e poi gli amici senza bisogno di fissare un appuntamento telefonicamente?
Le cascine, se non avevano annessi addirittura degli Oratori, sicuramente avevano delle semplici immagini dipinte o affrescate, dimostrazione dell’importanza che, a ragione o a torto, aveva la religione nella vita quotidiana e nel lavoro.
Spesso si tratta di cascine che gli strumenti urbanistici non definiscono né monumentali né storiche ma che comunque caratterizzano il paesaggio rurale del Meredo con elementi di valore testimoniale e a volte anche estetico e che per questo, a mio modesto parere, meriterebbero di essere conservate.

Cascina Brivio



Originariamente denominata “Strasciaferri” e successivamente Brivio, dai nuovi acquirenti provenienti da Missaglia alla fine dell’800, era in origine l’unico abitato del territorio, oltre alla Cascina Meredo. La struttura morfologica si può riscontrare in altri fabbricati rurali come in cortili del centro storico. Presente affresco della “Madonna di Santa Valeria”.


Cascina Silva


Costruita agli inizi del ‘900 e indicata sulle mappe catastali come Cascina Colli, poteva ritenersi una vera e propria azienda agricola, così come in altre parti di Seregno era con le Cascine dell’Ospedale Maggiore (le cosiddette Numero 1, 2 e 3) e le Cascine Polo e Abissinia. Presenti affresco di “Madonna col Bambino”, ripiano con cornice per Presepio e altri vari elementi che rievocano profumi, e forse anche decadenza, di una volta.




Tre cascine: Pelucchi, Nava, Curioni

Sono indicate col nome di chi, proprietario o affittuario, le ha abitate da sempre. Risalenti alla seconda metà dell’800, hanno sostanzialmente la stessa logica distributiva: l’abitazione a due piani orientata in senso est-ovest e col prospetto principale a sud sull’aia; stalla e fienile a ovest in un corpo distinto ma addossato; ulteriori depositi a sud in corpi staccati.
Attualmente disabitate, pur con le intuibili conseguenze che ciò comporta, conservano ancora gli elementi edilizi originali.





Presso la Cascina Pelucchi, in particolare, è interessante il corpo della stalla-fienile che offre un prospetto piacevole sul Parco arricchendo un ambiente rurale per adesso ancora coerente e recuperabile costituito, oltre che dalle cascine, da uno degli ultimi casotti per gli attrezzi, da ciliegi isolati nei prati, filari, macchie.


 
Presso la Cascina Nava, invece, è certamente meritevole l’affresco con “Madonna del Pianto” all’altezza del ballatoio.


 

Della Cascina Curioni sono stati demoliti i vecchi depositi, uno dei quali grazioso poteva, con un po’ di fantasia, ricordare un tempietto; per il momento l’intenzione della nuova proprietà è, comunque, di riproporre un uso agricolo di tale cascina.

Cascine Teresa e Tumas


Anche queste, degli anni ’20, hanno un aspetto caratteristico dato dalla copertura le cui falde, diversamente da tutte le altre cascine, sono orientate nel senso del lato maggiore dell’edificio e delle quali una è molto più lunga per coprire anche il corpo aggiunto della stalla-fienile. La vicinanza delle cascine potrebbe suggerire la definizione di “cascine sorelle”.


Della Cascina Tumas è in corso un risanamento alquanto rispettoso ma purtroppo insieme è anche stato chiuso il terreno pertinenziale con rete e siepe di laurotto che non consentono di apprezzarlo.

Testo e fotografie di Franco Formenti (*)

© riproduzione riservata


(*) Franco Formenti è autore del documentario "Felice Dosso" di cui trovate notizie nei seguenti post:
- http://brianzacentrale.blogspot.it/2010/05/ampliare-il-parco-per-salvare-la.html
- http://brianzacentrale.blogspot.it/2010/04/felice-dosso.html

- http://brianzacentrale.blogspot.it/2010/05/chiese-cascine-e-natura-della-brianza.html
 

Ha organizzato inoltre visite guidate alla vecchia Seregno di cui trovate notizie in:
- http://brianzacentrale.blogspot.it/2014/04/vecchia-seregno-addio.html
- http://brianzacentrale.blogspot.it/2011/04/lavoro-e-religione-lungo-lantica-via.html 

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