mercoledì 31 dicembre 2025

Botti di Capodanno: la Brianza che sceglie (o evita) di scegliere

Immagine della campagna contro i botti dell’ENPA di Monza e Brianza

Come Brianza Centrale abbiamo già invitato lettrici e lettori a non utilizzare botti e fuochi d’artificio, chiedendo di diffondere questo appello. Non è solo una questione di sensibilità ambientalista o animalista: è un tema di sicurezza, di salute pubblica, di rispetto degli spazi comuni.
Le prese di posizione dei Comuni della Brianza, però, raccontano approcci molto diversi – e non tutti convincenti.

Monza rappresenta un esempio chiaro: il divieto esiste ed è strutturale. Dal 2019 il Regolamento di Polizia Urbana vieta in modo permanente l’utilizzo di materiali pirotecnici esplodenti. L’articolo 27 proibisce esplicitamente mortaretti, petardi e artifici “anche se di libera vendita” in aree monumentali, centro storico, parchi, ospedali e in tutte le zone in cui valgono i principi di fruibilità degli spazi pubblici e del decoro urbano.

Non solo: per la notte di Capodanno il Comune prevede il potenziamento dei controlli, ribadendo un messaggio politico e amministrativo chiaro. Come ricordano il Sindaco Pilotto e l’Assessore Moccia, i botti sono pericolosi per le persone e rappresentano una grave fonte di sofferenza per gli animali.


Anche Desio sceglie una strada netta: un’ordinanza che vieta l’uso di botti, petardi e fuochi d’artificio su tutto il territorio comunale dal 24 dicembre al 6 gennaio. Un provvedimento temporaneo ma esplicito, che punta sulla responsabilità individuale e collettiva, pur ammettendo alcune deroghe per articoli pirotecnici di piccole dimensioni e senza effetti dirompenti.

Sono due esempi che dimostrano un fatto semplice ma spesso rimosso dal dibattito: i Comuni possono intervenire, se lo vogliono, utilizzando regolamenti, ordinanze motivate e un minimo di presidio del territorio.

Immagine della campagna contro i botti dell’ENPA di Monza e Brianza

Diversa la scelta di Seregno. Il Sindaco Rossi affida tutto a un appello: “No ai botti, sì ai biscotti”. Le motivazioni addotte sono anche condivisibili: i dati sui feriti (inermi e spesso minori), la sofferenza degli animali, i controlli effettuati (come il sequestro di 500 kg di fuochi detenuti irregolarmente).

Ma il nodo è un altro. Secondo l’Amministrazione, un’ordinanza di divieto generalizzato sarebbe giuridicamente debole e soprattutto inapplicabile, perché non ci sarebbero le forze per farla rispettare. Da qui la rinuncia preventiva: niente divieto, solo buon senso.

Questa posizione appare francamente debole. Non tanto perché invita alla responsabilità individuale – invito sempre utile – ma perché si ferma lì. Se davvero il problema è culturale e non solo repressivo, allora dov’è il percorso informativo ed educativo? Dov’è il lavoro costante, durante tutto l’anno, nelle scuole, negli spazi pubblici, nelle iniziative comunali, per spiegare perché i botti sono un problema ambientale, sanitario e sociale?

Dire che una regola non va fatta perché non si riuscirà a farla rispettare significa accettare implicitamente che lo spazio pubblico sia governato dall’abitudine più rumorosa e dannosa, non dall’interesse collettivo.

La campagna contro i botti della città di Roma

Come ricorda anche ENPA Monza, ordinanze e regolamenti spesso risultano poco efficaci. Ma la causa non è la loro esistenza: è la contraddizione di fondo tra il divieto e la libera vendita, tra la norma scritta e la scarsa volontà di farla vivere.
Eppure il “conto” arriva puntuale ogni anno: feriti, morti, animali domestici che scappano terrorizzati, fauna selvatica che muore disorientata, uccelli che si schiantano nel panico.

Davanti a questo bilancio, limitarsi a dire “non si riesce a controllare tutto” non basta più.

Come Brianza Centrale continuiamo a invitare a non usare botti e a diffondere questo messaggio. Ma chiediamo anche alle amministrazioni locali un salto di qualità: meno alibi, più coerenza; meno inviti dell’ultimo minuto, più educazione continua; meno paura di “fare una regola”, più coraggio nel costruire una cultura diversa del festeggiare.

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