sabato 12 gennaio 2019

La Brianza che accoglie


Immagine e testo tratti dal dossier Accoglienza 2018 di Legambiente

Mezzago è uno dei 29 comuni consorziati nell’azienda speciale consortile del Vimercatese e del Trezzese, Offertasociale, ente gestore di uno Sprar che ospita 50 persone. Siamo a cavallo tra le provincie di Monza e di Milano. I migranti sono distribuiti in una parte dei 29 comuni, non in tutti.

“L’aspetto più peculiare della nostra esperienza -  riflette Giorgio Monti, sindaco di Mezzago - sta nel fatto che un territorio così ampio si sia dato una progettualità unica e l’abbia inserita all’interno delle funzioni della sua  azienda speciale che si occupa dei servizi alla persona”.

Il progetto è nato nel 2016, prima delle modifiche ministeriali che incrementarono le progettualità sullo Sprar. È partito con 10 posti, portati progressivamente ai 50 attuali.

“Come territorio, avevamo già un’esperienza di gestione positiva dei Cas: dal 2011-2012 ogni comune si era impegnato ad accogliere una parte dei richiedenti asilo che arrivavano attraverso il canale prefettizio e  avevamo già un’accoglienza molto diffusa.  Guardando quindi all’evoluzione del sistema di accoglienza con i Cas, siamo andati verso lo Sprar, prima con due appartamenti che erano a disposizione a Vimercate; poi  con le agevolazioni che ci sono state a fine 2016 abbiamo esteso il progetto. Con tutti gli aspetti postivi del sistema Sprar rispetto al Cas: la possibilità di gestire direttamente il progetto, la possibilità di inserire oltre alle attività e ai servizi minimi che ci sono nei Cas tutta una serie di altri servizi che puntino all’integrazione, all’inserimento lavorativo, cioè all’accoglienza di secondo  livello. Abbiamo presentato, prima dell’estate scorsa, altri due progetti che prevedevano un’ulteriore estensione dello Sprar per adulti e l’avvio di uno Sprar minore di 10 posti, però sono rimasti fermi”.

Sul territorio rimangono ospiti dei Cas circa 450 persone.

Nello Sprar di Mezzago, alle persone accolte sono offerti corsi di lingua e una formazione lavorativa e di sviluppo delle capacità di ognuno. A seconda delle competenze,  viene ipotizzata una formazione che porti a dei tirocini o a un inserimento lavorativo. E le persone, che terminato il progetto si sono fermate sul territorio e lavorano, ci sono. “Lo Sprar era un servizio che funzionava alla grande in Italia - dice Giorgio Monti - sono evidenti la differenza e l’impatto tra i sistemi Cas e Sprar. Con il nuovo decreto Sicurezza noi perdiamo tanto, perché abbiamo costruito delle cose che adesso non resteranno più in piedi”.

Parliamo di soldi.

“Se parliamo di indotto - prosegue  Monti - l’accoglienza è un settore che negli ultimi anni in Italia ha occupato quasi 15 mila operatori, non un settore di poco conto”. Poi c’è il discorso delle esternalità, perché lo Sprar consente di introdurre attività migliorative che hanno ricadute per tutti. Tante e diverse a seconda delle caratteristiche dei comuni. “Noi, ad esempio, abbiamo attivato una formazione importante per operatori sociali e operatori dei centri psicosociali sulla cura del disagio da traumi migratori. Corsi a cui hanno avuto accesso tutti, non solo gli operatori che si occupano di accoglienza ma anche quelli dei servizi sociali e socioassistenziali del territorio. Abbiamo realizzato progetti nelle scuole sulla cultura dell’immigrazione, con ragazzi delle superiori; fatto cultura e informazione. Poi, non nel caso nostro perché fortunatamente abbiamo una rete di servizi già abbastanza articolata, ma in altri territori i progetti Sprar hanno finanziato servizi a cui hanno accesso anche i residenti”. Con lo Sprar, l’accoglienza può essere più costosa rispetto a quella dei Cas, ma rispetta gli indirizzi per la definizione del budget. Si può dire che costasse troppo? Non più della repressione, forse meno. Senza contare il probabile aumento dei costi sociali. “Perché una comunità in cui non ci si integra, in cui chi è nuovo e arrivato per ultimo, non può accedere ai servizi, non può mettersi alla prova, per forza di cose poi dopo diventerà un problema - conclude il sindaco di Mezzago - Questo accrescerà il  consenso di chi è contro l’accoglienza. Per i cittadini, forse, varrebbe la pena, invece, affidarsi a un sistema che cerca di far convivere tutti, per il bene di tutti”. 
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