(intervento presentato, il 18/10/2010, agli Stati Generali delle aree protette a Triuggio)
Le attività svolte dalle due associazioni di volontariato Le Contrade e Orrido d’Inverigo in ambito culturale e ambientale sono molteplici:
- favorire la tutela ed effettuare la manutenzione di una parte del territorio comunale, interamente all’interno dei confini del Parco, che offre caratteristiche di particolare pregio paesaggistico, storico-architettonico e naturalistico;
- promuovere e diffondere, presso la popolazione, una più consapevole sensibilità verso i problemi ambientali;
- ricreare e mantenere le condizioni ottimali per la tutela e l'incremento di specie animali e vegetali.
Lo scopo, quindi, della ns. presenza al dibattito in corso è portare la passione, la conoscenza e l’esperienza di un lavoro costante e decennale sul territorio; le associazioni erano attive ancor prima che fosse costituito il Parco della Valle del Lambro e hanno partecipato alle fasi della sua istituzione.
Prima di parlare del tema specifico al quale ci siamo iscritti, concedetemi una breve presentazione dei valori presenti sul territorio di Inverigo che permetterà di comprendere meglio il mio intervento.
Il Piano di Coordinamento Territoriale della Provincia di Como ha inserito Inverigo, per le sue qualità paesaggistiche, fra i “Luoghi dell’identità regionale”. Anche il Piano Territoriale Paesistico Regionale ha rilevato la particolare ricchezza e sistematicità del complesso paesaggistico di Inverigo. Inoltre la Giunta Regionale con la delibera n.° 8/11369 del 10 febbraio 2010 ha dichiarato di notevole interesse pubblico (quale bene paesaggistico), l'area del paesaggio rurale dell'Orrido e del Viale dei cipressi, si tratta di un’area verde di 160 ettari completamente recintata, solcata nel fondo valle dal fiume Lambro.
All’interno del territorio comunale, a sua volta nei confini del Parco, vi sono Ville, residenze e piazze storiche, chiese secentesche completamente affrescate, santuari, cascine, geositi, aree umide e fauna presente nelle liste delle diverse direttive ambientali della CEE (Direttiva Habitat 92/43/CEE e Direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici).
Quindi il patrimonio ambientale, paesaggistico e culturale di Inverigo sono tutelati in maniera specifica e con specifici vincoli, riconosciuti a tutti i livelli amministrativi (dal comunale al nazionale passando dal provinciale e regionale).
Purtroppo, per noi, la maggior parte di questi valori sono proprietà private e, penso sia facile anche per voi, immaginare le problematiche e le conflittualità che sorgono quando coloro che, a vario titolo, sono presenti sul territorio non concordano su obiettivi comuni e non mettono in sinergia le proprie forze. Non mi riferisco solo ai proprietari ma anche alle autorità amministrative preposte le quali, in alcuni casi, non sono in grado di tutelare il bene ambientale, e le associazioni, di conseguenza, si devono sostituire nella tutela di un patrimonio comune e tutelato anche dalla Costituzione.
Permettetemi un esempio: l’autostrada VA-CO-LC, la ex Pedemontana dei primi anni ’90 respinta vent’anni anni fa’ da 18.000 firme e più di trenta comuni, riproposta di recente da 24 associazioni di categoria e inserita nei vari piani territoriali provinciali e regionali; a Inverigo il tracciato passerebbe nei luoghi che le stesse amministrazioni pubbliche hanno dichiarato “luogo dell’identità regionale”. Una colossale contraddizione!
L’esempio, che riprenderò nel corso del mio intervento, purtroppo non unico, mi permette di entrare nello specifico delle questioni al centro del confronto.
FAVORIRE IL COINVOLGIMENTO DEI SOGGETTI LOCALI NELLA GESTIONE DELLE AREE PROTETTE
Prima di essere coinvolti nella gestione occorre condividere le scelte e ancora prima occorre parlare un linguaggio comune; come si può chiedere a un’associazione locale di cittadini di partecipare alla gestione delle aree protette quando l'oggetto, cioè l'area protetta, rischia il ridimensionamento o addirittura la scomparsa!
Qualora l'autostrada, sempre quella, malauguratamente venisse realizzata vedremmo scomparire, contemporaneamente, i fondamentali caratteri del paesaggio e dell’identità culturale del ns. territorio, dove siamo nati e viviamo. Inaccettabile.
Non vogliamo sostituirci al parco. Abbiamo bisogno del Parco. Però vogliamo collaborare con un parco che sia messo nelle condizioni per farsi carico dello sviluppo del sistema ambientale, un parco che possa essere motore per diffondere la sensibilizzazione, le conoscenze e il rispetto; un parco più autonomo nell’esercizio delle sue funzioni, meno influenzato e influenzabile dalle esigenze e calcoli politici locali e regionali; che non sia messo costantemente sotto pressione dalle norme delle manovre finanziarie governative, con l'incubo della riduzione dei finanziamenti tale da limitare in modo incisivo operatività e servizi se non addirittura la stessa sopravvivenza.
POTENZIARE LE BUONE PRATICHE AMBIENTALI
Quindi le buone pratiche sono rivolte all'ambiente, sono a favore dell’ambiente; non arrecano danno, rispettano, mantengono e incrementano le specie animali e vegetali. Di conseguenza verbi come “mitigare”, “compensare” e termini come “il meno impattante” dovrebbero essere esclusi dall'attuazione delle pratiche ambientali in generale, sicuramente da quelle buone.
Invece dobbiamo constatare che il verde, per le Amministrazioni, è spesso considerato solo una funzione estetica. Un’area verde libera non è uno spiazzo degradato da rivitalizzare, non è un contenitore vuoto: è uno scrigno della natura, un organismo vivo, ricco di biodiversità.
PROMUOVERE LA FRUIZIONE E IL TURISMO SOSTENIBILI
Per ottenere questo occorre, a nostro avviso, procedere per gradi ed essere consapevoli che alla base delle scelte di progettazione e di gestione un ruolo fondamentale debba avere l’informazione. Infatti, troppo spesso si vuole gestire un ambiente che ancora non si conosce, o che si conosce solamente in modo parziale e relativamente ai soliti luoghi comuni - piante, uccelli, mammiferi - trascurando tutti gli altri fattori biotici e abiotici che garantiscono il corretto funzionamento ed equilibrio dell’ecosistema. In particolare, vanno ben approfonditi tutti gli aspetti legati alla biodiversità, alle aree tampone e ai corridoi ecologici, vanno individuati i valori e le criticità, sensibilità e vulnerabilità dell’intero territorio. Solo al termine di questi processi si potranno formulare gli obiettivi gestionali generali, gli obiettivi di dettaglio, la fruizione e il turismo.
Dobbiamo inoltre sostenere e promuovere il turismo naturalistico e responsabile, per conciliare la conoscenza e la fruizione degli ambienti naturali con le dovute cautele verso la fragilità degli ecosistemi. Una fruizione e un comportamento generalizzato come avviene nei giardini pubblici o nei parchi tematici, vuol dire compromettere fortemente la tenuta del sistema naturale.
Dobbiamo favorire il turismo non omologato, attento all’ambiente, fortemente identitario. Infatti il crescente sviluppo del “turismo verde” non è dovuto solamente alla destagionalizzazione della vacanza, la tendenza cioè a fare vacanze più brevi durante tutto l’anno e a non concentrarsi nel periodo estivo, ma risponde anche al bisogno di autenticità, al desiderio di poter fare incontri meno mediati, meno commerciali. La vacanza verde soddisfa anche il bisogno di unicità, di poter vivere un’esperienza non standardizzata, lontana dagli itinerari dei grossi flussi turistici.
PROMUOVERE UNO SVILUPPO SOCIO-ECONOMICO SOSTENIBILE
La storica Conferenza Mondiale su Sviluppo e Ambiente, organizzata dall’ONU a Rio de Janeiro nel 1992, ha sancito l’avvio del processo d’integrazione delle politiche ambientali nelle politiche settoriali e ha lanciato il concetto di Sviluppo Sostenibile, inteso come lo sviluppo che integra e pone in equilibrio tre dimensioni: Ambiente, Economia e Società. Le varie definizioni esistenti fanno emergere i tre aspetti di fondo che caratterizzano gli obiettivi dello Sviluppo Sostenibile: arrestare il degrado ambientale; impedire l’impoverimento delle generazioni future; migliorare la qualità della vita e l’equità tra le attuali generazioni.
Premesse condivisibili ma a una verifica di come è stato attuato il tentativo di conciliare lo sviluppo economico con la gestione dell'ambiente, nella maggioranza dei casi, dobbiamo collocarlo in una prospettiva antropocentrica. L'atteggiamento culturale che ne consegue, e a ns. parere errato, si limita a concepire la natura come un capitale da preservare da parte di un uomo "responsabile". Su questa base, per esempio, le scelte politiche stanno inserendo nelle varie legislazioni il principio "chi inquina paga", rischiando di generare un ancor più perverso "mercato dell'inquinamento", che mette d'accordo inquinatori e inquinati fissando il prezzo per il danno causato.
Altro rischio: la mercificazione dell´ambiente, di cui non abbiamo il benché minimo bisogno.
Siccome i parchi sono stati istituiti su basi scientifiche, cioè sono tenuti a tutelare valori naturalistici oggettivamente riscontrabili, come possono venire di colpo meno le condizioni per la loro esistenza solo perché mancano i guadagni ? Se un’area protetta non riesce a essere fonte di reddito: che cosa si fa, la si chiude perché non genera profitto? La si condanna a trasformarsi in un qualcosa di diverso, per proteggere cosa?
Promuovere la costruzione di un'autostrada in un'area protetta non era sostenibile 20 anni fa e non lo è maggiormente ora in un territorio ancor più urbanizzato, non è neppure sviluppo socio-economico è incoerenza di propositi.
In conclusione vorrei ricordare che se noi oggi siamo qui a discutere del futuro per le aree verdi, dobbiamo ringraziare chi tempo fa ha adottato politiche rigorose e vincolistiche, chi ha deciso che porzioni del territorio venissero vincolate “senza se e senza ma”, mi auguro che le generazioni future possano ritrovarsi nella ns. medesima situazione perché ciò significa che noi oggi siamo stati in grado di trasmettere loro ciò che abbiamo ereditato, magari ecologicamente migliorato.
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