martedì 4 gennaio 2011

L'autostrada che risveglia i fantasmi di Seveso

Articolo di Andrea Palladino - il manifesto - 4 gennaio 2011

Il Bosco delle querce, tra Seveso e Meda, è una sorta di santuario. Nessuno, qui, vuole dimenticare quel luglio del 1976, quando dalla Icmesa uscì la nube tossica carica di diossina.

Dove oggi c'è un parco, con il percorso della memoria, c'erano le case, i cortili, gli animali domestici, i ricordi più intimi e quel pezzo di vita ancestrale che ogni famiglia qui aveva fino al disastro provocato dalla multinazionale svizzera proprietaria della fabbrica. Pochi giorni dopo l'incidente apparvero i cavalli di frisia sulle strade, il filo spinato, l'esercito e l'ordine perentorio: lasciate tutto, portate solo una valigia, qui non tornerete mai più. Poi quel territorio venne diviso, come un'area militare: la zona A e la zona B.

Il Bosco delle querce coincide con l'area più contaminata. Tutte le case vennero abbattute. Servirono due vasche - una nel comune di Seveso, la più grande, e l'altra nel comune di Meda - per contenere le terre contaminate. Nella vasca di Seveso finirono anche i mobili, gli oggetti abbandonati nella fuga del luglio del 1976, i ricordi, le fotografie, le lettere. Una sorta di olocausto, oggi dimenticato.

Quell'area, quel sacrario rischia di essere attaccato da una delle opere più importanti e milionarie della Lombardia, l'autostrada Pedemontana. Il tracciato che appare sui progetti definitivi (pubblicati sul sito della società) parlano chiaramente: le corsie sfioreranno il Bosco delle querce e, in almeno un punto, lo invaderanno. Non solo. Una delle vasche dove sono state tombate le terre contaminate dalla nube tossica dell'Icmesa - quella di Meda, posta nella zona nord dell'area A - verrà sfiorata dai cantieri di uno degli svincoli dell'autostrada.
Quell'invaso venne realizzato dall'Ufficio speciale Seveso a cavallo tra gli anni '70 e '80, con una serie di impermeabilizzazioni che devono impedire ogni contatto tra l'ambiente e i residui della diossina. La riapertura delle vasche o la fuoriuscita del materiale interrato avrebbe conseguenze ambientali difficilmente calcolabili. Il rischio che i movimenti terra - che avverranno a pochissimi metri dall'area - possano influire nella delicata bonifica spaventa chi ancora ricorda i mesi drammatici del 1976.
«Il disastro di Seveso ha un valore simbolico enorme - spiega Damiano Di Simine, di Legambiente Lombardia - perché fu l'evento che fece nascere il movimento ambientalista, non solo in Italia». Una ferita che la bonifica e la realizzazione del Bosco delle querce sui terreni contaminati solo in parte è riuscita a curare. «Quel parco, che il progetto della pedemontana vuole intaccare, è nato dalla prima grande bonifica ambientale - spiega Di Simine - grazie a espropri eseguiti dall'esercito, che sono costati alla comunità di Meda e Seveso. Come possiamo ora dire che quelle terre verranno attraversate da un'autostrada?»

C'è il valore simbolico dell'area, oltre ai dubbi sull'impatto ambientale. E, come spesso accade in Italia, un alone di opacità che rende difficile credere alle parole rassicuranti della regione Lombardia e della società Pedemontana. Per questo Legambiente, il Wwf e un gruppo di associazioni ambientaliste hanno deciso di vedere le carte, di cercare di rompere il muro di silenzio.

Nella lunga memoria inviata a diversi ministeri e alla Regione Lombardia le associazioni ambientaliste elencano la lista delle prescrizioni che il Cipe ha già da tempo presentato ai progettisti. Indicazioni vincolanti, che riguardano soprattutto come l'opera inciderà sull'area del parco del Bosco delle querce. Prescrizioni che, però, in buona parte non appaiono sul progetto definitivo reso noto fino ad oggi. Il nodo da sciogliere riguarda il passaggio dal progetto pubblicato a quello esecutivo. Carte, queste, che i cittadini non hanno mai visto. «La preoccupazione nasce da quello che nei giorni scorsi venne dichiarato in consiglio regionale - continua Di Simine - parole che non erano di certo rassicuranti». Il timore - e forse qualcosa di più - è che per evitare l'aumento dei costi e, soprattutto, per mantenere un tracciato che consenta alte velocità l'impresa che si aggiudicherà i lavori possa saltare a pie' pari i vincoli posti dal Cipe.

«Il progetto pubblicato sul sito - conferma Umberto Regalia, direttore generale della Pedemontana Lombarda Spa - è quello definitivo». Nessun dubbio, dunque, su questo punto, fortemente contestato dai cittadini dell'area Seveso. «Le prescrizioni dovranno essere rispettate - prosegue Regalia - dalla società che si aggiudicherà l'appalto, quando preparerà i progetti esecutivi». Chi dovrà valutare, a quel punto, il rispetto di quanto prescritto dal Cipe sarà la stessa società concessionaria, la Pedemontana Lombarda, il sui pacchetto azionario è riconducibile alla provincia di Milano, attraverso la Milano Serravalle, controllata a sua volta dalla Asam Spa. «L'ultima parola spetterà poi alla Cal - spiega Regalia - ovvero alla Concessioni autostradali lombarde». Un'altra spa partecipata da Infrastrutture lombarde e da Anas, ovvero un pezzo importante dell'arcipelago del potere economico lombardo.

Sull'impatto che l'autostrada avrà sulla zona della vasca Meda, il direttore generale della Pedemontana Umberto Regalia sembra non avere preoccupazioni: «In realtà si andrà incidere solo sulla struttura esistente», cerca di rassicurare. Un impatto che però significherà la movimentazione di «circa 500 mila metri cubi di terra nella zona A», ovvero in quella parte di territorio dove la diossina dell'Icmesa raggiunse le maggiori concentrazioni. Quanto oggi sia "sicura" quella terra che i cantieri dovranno movimentare è difficile da sapere, visto che le associazioni ambientaliste denunciano di non avere avuto accesso alle ultime analisi. Ed anche per questo lo stesso Cipe aveva inserito tra le prescrizioni la realizzazione di «ulteriori indagini dettagliate sui terreni interessati da contaminazione da diossina». Su questo punto la convinzione della Pedemontana Lombarda Spa è ferrea: «Non esiste nessuna contaminazione - spiega il direttore generale - quella poca diossina trovata forse veniva da qualche sacchetto di plastica bruciata dai contadini del posto».
C'è da star tranquilli, è il progresso che avanza.

Immagini tratte da Sapere n. 796 -  novembre1976  e n. 848  - giugno 1982

4 commenti:

  1. come mi sento rassicurato dalle parole del dott. Regalia...

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  2. speriamo che nessuno di coloro i quali ora si ergono a paladini della difesa del territorio si facciano "allettare" dalle "REGALIE" che potrebbero arrivare per tenere buoni i contestatori. Se la coerenza non è acqua qualcuno dovrebbe praticare il motto "o il bosco delle querce o la vita!" per impedire che venga sfiorato l'ennesimo disastro ambientale. se così non sarà, verrà riconfermata la convinzione che "ciascuno ha un prezzo...basta capire quale". buon 2011!

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  3. Le associazioni ambientaliste che hanno presentato la "memoria" citata nell'articolo sono note per la loro coerenza, affidabilità e costante impegno per la difesa del territorio.
    Per questi motivi le insinuazioni lanciate dall'"anonimo" nel commento precedente non sono assolutamente accettabili.
    Se ci sono accuse specifiche e documentate di "regalie" che possono "riconfermare" che "ciascuno ha un prezzo" invitiamo l'anonimo commentatore a fare una pubblica denuncia firmando col proprio nome e cognome.

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  4. Caro anonimo,
    vorrei capire cosa hai fatto tu sinora.
    Perchè non ci fai sapere qualcosa?
    E' sempre facile criticare gli altri rimanendo nell'ombra delle sole parole.
    Facendo si può anche sbagliare, non facendo nulla non si sbaglia mai. In ogni caso ti invito, se sai qualcosa (come pare da quanto scrivi), a denunciare pubblicamente chi e quando qualche "paladino" che tu conosci abbia preso qualche "Regalia", sempre che quanto tu scrivi sia vero, naturalmente....
    Un buon 2011 anche a te!

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