Erica Sirgiovanni
Terra Milano
AMBIENTE. Ancora nessun colpevole per lo sversamento di idrocarburi nel fiume. In 12 mesi, altri 7 allarmi per scarichi industriali.
E' passato un anno dal disastro ambientale del febbraio 2010, quando 2.600 tonnellate di idrocarburi provenienti dalla ex raffineria Lombarda Petroli di Villasanta, furono sversati nel tratto brianzolo del fiume Lambro, provocando uno dei peggiori disastri ecologici che la regione ricordi. Ad oggi, l’indagine giudiziaria è ancora aperta ma non c’è nessun colpevole. Le condizioni del fiume che lambisce Milano per arrivare al Po è da sempre critica e continua a preoccupare, ma sono soprattutto i continui scarichi industriali ad aggravare una situazione già di per sé compromessa. Solo nell’ultimo anno, l’allarme è scattato ben sette volte.
L’ultimo episodio risale solo a un mese fa, quando l’allarme scattò dopo il rinvenimento di alcuni residui di nafta, provenienti probabilmente dal lavaggio di una cisterna. A denunciarlo è ancora una volta Legambiente durante il convegno, organizzato ieri mattina a Milano, per fare il punto della situazione e presentare i risultati delle analisi effettuate dall’Arpa lungo il corso del fiume. Secondo i dati presentati, gli effetti dello sversamento dello scorso febbraio sono solo attenuati, ma la situazione complessiva non è migliorata. Su 42 depuratori nel bacino Lambro - Seveso - Olona , 20 non sono conformi alla norma. I casi più critici sono quelli dei depuratori di Varedo, che scarica nel Seveso, e di Monza, che scarica nel Lambro, determinando la morte biologica del tratto fluviale a valle.
A conti fatti, secondo Legambiente, nell’intero bacino del Lambro, che comprende anche Olona e Seveso con i relativi affluenti, solo il 60% degli scarichi civili e industriali passano attraverso un depuratore, tutto il resto, finisce nei fiumi senza alcun trattamento. Un dato addirittura peggiore di quello medio regionale, che stima nel 78% la percentuale di acque di scarico che subiscono un trattamento depurativo. Motivo per il quale la Lombardia è esposta a ben due procedure di infrazione da parte dell’Unione Europea. Versa in gravissime condizioni anche il sistema di collettori e fognature che risalgono addirittura a 150 anni fa. Secondo Damiano Di Simine, Presidente di Legambiente Lombardia, «è proprio questa una delle strade per cui deve passare il risanamento del bacino. Si è resa oramai necessaria anche l’organizzazione di una governance strutturata fra i vari enti per la gestione delle acque, a iniziare dal “Contratto di fiume” che dovrebbe prendere il via tra pochi mesi, coinvolgendo tutti i Comuni interessati».
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