Legambiente Como evidenzia le criticità del nuovo Piano Cave quinquennale, approvato dal Consiglio Regionale dopo un lungo iter iniziato nel 2022.
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Provincia di Como. Macro ambiti di potenziale interesse estrattivo in relazione ai siti della Rete Natura 2000 (SIC/ZPS) |
Il 4 dicembre scorso la Commissione VI Ambiente ha approvato il nuovo Piano Cave quinquennale della Provincia di Como, successivamente ratificato dal Consiglio Regionale. Un passo avanti in termini di sostenibilità rispetto ai piani precedenti, ma non mancano le criticità, come sottolinea Enzo Tiso, portavoce di Legambiente Como.
Il piano conferma otto siti estrattivi già esistenti: sette dedicati all’estrazione di sabbia e ghiaia e uno per pietre ornamentali, senza l’apertura di nuovi poli. Positiva l’attenzione al contenimento dell’impatto ambientale, con prescrizioni sul ripristino dei luoghi al termine delle attività estrattive e monitoraggi per ridurre i rischi. Secondo Tiso, il documento è stato migliorato anche grazie alle osservazioni di enti come ARPA e degli uffici regionali.
Tuttavia, per Legambiente Como, rimangono due grossi nodi irrisolti: la stima del fabbisogno di materiali e la debolezza dei controlli.
Secondo il Piano, in cinque anni serviranno 3,4 milioni di metri cubi di sabbia e ghiaia. Solo una piccola parte, circa 848.000 metri cubi, potrà derivare da fonti alternative come il recupero di inerti. La restante parte, oltre 2,5 milioni di metri cubi, sarà estratta come materiale vergine.
“Nonostante le sempre più frequenti emergenze idrogeologiche, si continua a costruire troppo”, sottolinea Tiso, riferendosi a infrastrutture come strade, poli logistici e centri commerciali. “Siamo ancora lontani dall’obiettivo di consumo di suolo zero. In Italia, al contrario di molti paesi europei, si fatica a ridurre il prelievo da cave e a promuovere il riutilizzo di materiali da demolizione e calcestruzzi innovativi a basso contenuto di sabbia”.
Un altro punto critico è l’esportazione. Secondo il Piano, circa 720.000 metri cubi di sabbia e ghiaia saranno destinati alla Svizzera. “Non è una novità”, spiega Tiso. “Da decenni i poli estrattivi vicino al confine soddisfano una domanda svizzera crescente. La Svizzera, più attenta di noi a preservare il proprio territorio, preferisce importare materiali piuttosto che sfruttare le proprie risorse”.
Un accordo transfrontaliero del 2015, siglato dalla Regione Lombardia, ha favorito questa dinamica: l’Italia esporta sabbia e ghiaia e importa in cambio 400.000 tonnellate di rifiuti inerti ogni anno. “Esportiamo risorse preziose, compromettendo territorio e biodiversità, per importare rifiuti di cui dobbiamo monitorare attentamente la pericolosità. È uno scambio davvero vantaggioso?”.
Grave preoccupazione desta la capacità di controllo. Il Piano non prevede un potenziamento degli organici né un coordinamento efficace tra enti come ARPA, ATS, Agenzia delle Dogane e Comuni. Alcuni siti estrattivi sono situati in aree delicate, vicine a parchi o zone protette. “Se i controlli non sono puntuali e coordinati, qualsiasi tutela rimane solo sulla carta”, avverte Tiso.
In passato, ricorda Legambiente, i controlli insufficienti hanno portato a scempi ambientali i cui danni non sono stati ancora sanati. “Senza un’efficace attività di vigilanza, rischiamo di ripetere gli stessi errori”.
Il nuovo Piano Cave della Provincia di Como rappresenta un miglioramento rispetto al passato, ma non basta. Legambiente Como chiede un cambio di passo su due fronti: ridurre il consumo di materiali vergini promuovendo soluzioni alternative e potenziare i controlli per tutelare territorio e paesaggio. “Non possiamo permetterci di continuare a devastare il nostro ambiente, soprattutto quando esistono soluzioni più sostenibili”, conclude Tiso.
Il nuovo Piano Cave della Provincia di Como rappresenta un miglioramento rispetto al passato, ma non basta. Le Associazioni Ambientaliste della Provincia di Como sono soddisfatte di quanto ottenuto, frutto di un confronto proficuo durato quasi tre anni, ma chiedoni un ulteriore cambio di passo su due fronti: ridurre il consumo di materiali vergini promuovendo soluzioni alternative e potenziare i controlli per tutelare territorio e paesaggio. “Non possiamo permetterci di continuare a devastare il nostro ambiente, soprattutto quando esistono soluzioni più sostenibili”
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