venerdì 12 novembre 2010

Lambro: l'emergenza dimenticata

di Sirio Valent
tratto da Terra News del 10/11/2010

Nel fiume Lambro sono stati rinvenuti valori di policlorobifenili superiori alla norma. A 9 mesi dal disastro della raffineria della ex Lombarda petroli, la bonifica procede con grande ritardo. E i fondi sono ancora fermi.

L'emergenza Lambro non è finita. A 9 mesi di distanza dal disastro dell’onda nera, i suoi sedimenti restano carichi di sostanze tossiche, gravemente inquinanti per il territorio e minacciose per l’uomo. Mentre gli interventi di bonifica tardano ad arrivare. Lo ha rilevato l’Arpa Lombardia, l’agenzia regionale per la protezione ambientale, che da febbraio monitora mensilmente le acque del fiume. Lungo il corso d’acqua sono stati rilevati accumuli di sedimenti particolarmente nocivi: non solo perché contengono alte concentrazioni di metalli pesanti (come cromo, piombo, stagno), ma per i composti Pcb, i policlorobifenili. Queste sostanze, molto stabili a livello molecolare, si accumulano nei tessuti organici (anche umani, in seguito a contatto o ingestione) e hanno effetti simili alla diossina. L’Agenzia internazionale per le ricerche sul cancro (Iarc) di Lione li ha classificati come probabili agenti cancerogeni per l’uomo.

Dal 1999 sono banditi dallo Stato italiano, che ne ha decretato la dismissione completa. Le concentrazioni rilevate dall’Arpa nel Lambro non sono affatto trascurabili, a detta degli esperti: al 26 settembre, i sedimenti contenevano 0,407 mg/kg di pcb nei pressi di Cologno Monzese (Mi). Solo due mesi prima, al 21 luglio risultavano essere addirittura 2,852 mg/kg. Non va meglio a Orio Litta, vicino alla foce del Lambro nel Po, a Peschiera Borromeo, o a San Zenone: i valori restano compresi tra 0,677 e 0,556 mg/kg. Tutti valori al di sopra del livello massimo previsto per le aree residenziali. Non va meglio per i metalli, come spiega bene anche la professoressa Silvia Canepari, dell’Università di Roma La Sapienza: «I valori riportati sono abbastanza alti e sicuramente inadatti ad un uso agricolo». L’esondazione dello scorso weekend del fiume Lambro, insieme al Seveso, ha risvegliato l’allarme per la zona. Dal punto di vista scientifico, i sedimenti pericolosi potrebbero non essersi mai mossi dal letto del fiume.

«Bisogna capire quale quantità di sedimenti contaminati si è effettivamente depositata sui terreni agricoli, durante queste esondazioni», sottolinea la professoressa Sabrina Saponaro, docente del Dipartimento Ambientale del Politecnico di Milano. «Sicuramente i pcb sono sostanze molto pericolose, ma si muovono pochissimo. E non sono solubili in acqua. Quindi, dove sono, restano». Una caratteristica che ne rende estremamente complessa, e costosa, la bonifica. Per ripulire un terreno dalla presenza di pcb, infatti, si può ricorrere soltanto al bulldozer per asportare la terra, collocarla in discariche “sicure” (posto che esistano) e intervenire con trattamenti termici che volatilizzano le sostanze in altre, biodegradabili. Tutto questo costa. E richiede, oltre ad approfondite indagini sui suoli, anche una volontà politica precisa per rintracciarli. Come sottolinea da mesi Lorenzo Baio, responsabile Legambiente, «il Lambro è stato dimenticato. Non c’è stata ancora nessuna bonifica, al di là della prima emergenza per frenare gli idrocarburi: e tutte le sostanze nocive che la Lombarda Petroli ha sversato si sono depositate su rive e fondali».

Secondo i conti della Protezione civile, furono 400 le tonnellate disperse nel fiume nei ultimi giorni di febbraio. I fondi sono ancora fermi: dopo i 250mila euro messi a disposizione dal Governo per gli interventi della prima ora (conclusi già con la prima settimana di marzo), sono stati previsti 20 milioni di euro per interventi di medio e lungo periodo attraverso il Contratto di Fiume. Il documento, che prevede la collaborazione di diverse autorità locali per la tutela e il miglioramento dei bacini fluviali, è stato da poco ratificato. I tempi di bonifica, comunque, restano lunghi. è certamente necessario un monitoraggio sulle rive del Lambro: ma, come sottolinea bene Baio, «non basta fare rilevamenti, servono interventi concreti».

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