sabato 4 ottobre 2014

"... quel terreno dell' Aldepranda, che si trova alla Baragia sotto il bosco di Summovico..." (Parte 1)

Cascina S. Margherita (Lissone): la ex corte padronale, a ovest dell'omonima via, con il campanile della chiesetta non più esistente
Questo è il primo di due post in cui ci occuperemo della zona tra i comuni di Sovico, Lissone e Macherio: nel primo parleremo delle cascine della frazione Aliprandi di Lissone e del Boscone di Sovico, nel secondo delle cascine e chiesette della zona occidentale di Macherio e della confinante zona di Lissone.

Tra le proposte di ampliamento del Plis Brianza Centrale, la prima avanzata e la più importante per l'estensione delle aree interessate riguarda i terreni liberi da edificazioni tra i comuni di Albiate, Sovico, Macherio e Lissone, dove l'Associazione Torrette, Bini, Dosso, Boscone già da anni sostiene questo progetto.
Progetto di ampliamento del PLIS Brianza Centrale presentato dall'Associazione Torrette nel marzo 2008. Attualmente fa parte del PLIS solo il settore in comune di Seregno del territorio evidenziato
Troviamo questi luoghi citati, pressochè con le attuali denominazioni, in un testamento dell'  879 dell'arcivescovo di Milano Ansperto. Questi era originario di Biassono e apparteneva alla potente famiglia degli Albuzi, di stirpe romana, mentre la madre si chiamava Garitruda, nome prettamente longobardo; il matrimonio era un segno della fusione in atto tra i due popoli degli antichi dominatori, ormai diventati dominati dopo la conquista franca. Oltre che a Biassono  i possedimenti della famiglia si estendevano anche a Vedano, Sovico e Bareggia.

Cascina Santa Margherita: particolare della "corte grande"
Nel suo secondo testamento l'arcivescovo lascia al pronipote Ariprando un ronco (terreno coltivato) in "territorio di Blassonno, detto dell' Aldepranda, che si trova alla Baragia sotto il bosco di Summovico". All'epoca il territorio di Biassono comprendeva anche quello di Aliprandi e di Macherio; Summovico naturalmente era l'antico nome di Sovico.

Cascina Aliprandi
Il nome Aldepranda, trasformatosi poi in Aliprandi, si riferisce ad una famiglia che pare discendesse addirittura dal sovrano longobardo Liutprando e dal suo nipote ed erede Ildeprando (VIII sec.) e con cui probabilmente era imparentato lo stesso Ansperto. Il ramo familiare proprietario dell' Aldepranda era particolarmente ricco e potente a Monza tra Duecento e Trecento, ma suoi esponenti ricoprirono importanti cariche anche a Milano. Oltre che possidenti, gli Aliprandi furono imprenditori nel settore commerciale laniero dal '300 al '500.

Dell'esistenza delle Cassinae de Aliprandis abbiamo già notizia nel Quattrocento, quando erano dette anche de Merana; in origine erano quattro, perchè, oltre alle cascine che poi verranno chiamate S. Margherita, Aliprandi e Bini, ne faceva parte anche la futura Cascina Bareggia.
E' probabile però che risalissero al secolo precedente, così come le vicine Cascine Torrette e Rivolta. 

Catasto Lombardo Veneto (1856) - Comune di Cassina Aliprandi
Nel corso del '400 le sorti della futura Cascina Bareggia, pervenuta ad un diverso membro della famiglia Aliprandi, si separarono da quelle delle altre tre, ora denominate "le Cassine intitolate de Georgio Aliprandi", che appunto in quell'epoca acquisirono una progressiva autonomia dai comuni di cui fino ad allora avevano fatto parte, cioè Desio, Lissone e Macherio. Questo nome rimase ufficialmente al comune che vennero infine a comporre nel '500 (Cassina Giorgio Aliprandi) - e che comprese anche i terreni di loro pertinenza prima in territorio seregnese, sovicese e albiatese -, fino alla sua unificazione con il comune di Lissone nel 1869.

Cascina Bini
Un mezzo d'altri tempi...
Le singole cascine alternarono nei secoli successivi varie denominazioni, fino ad assumere le attuali: Aliprandi quella più ad ovest, Bini quella a nord est e S. Margherita quella a sud est.
La Cascina Bini assunse questo nome per via del soprannome della famiglia Mariani che vi abitava (arrivata qui alla fine del '400 da Seregno) e che discendeva da un certo Bernardino detto "Bino".

Catasto Lombardo Veneto - 1856. (l'antico Oratorio di S. Margherita è contrassegnato dal numero 2)
La Cascina S. Margherita prese invece il nome dalla chiesetta (demolita nel 1966), la quale, edificata probabilmente nel '400, fu prima intitolata a S. Rocco e poi a partire dalla metà del '600 a S. Margherita.
Nel 1534 la parte occidentale della cascina, insieme a circa quattrocento pertiche di terra, fu acquistata dalla famiglia nobiliare De Capitani di Vimercate, che nel Settecento acquistò anche la parte orientale e che mantenne la proprietà dell'intera cascina fino al secolo successivo.
Nel 1836 il marchese Gaetano Perego di Cremnago ereditò dallo zio, ultimo esponente dei De Capitani di Vimercate, anche le proprietà in territorio aliprandino e si impegnò nella riqualificazione degli edifici. La corte padronale (adiacente alla vecchia chiesetta) fu ristrutturata e arricchita di costruzioni accessorie (scuderia, torchio e granai); la "corte dei massari", situata subito a nord di quella, fu demolita e ricostruita completamente; infine nel 1854 per il rifacimento della parte orientale fu dato l'incarico ad un importante architetto neoclassico, Giacomo Moraglia.

Cascina S. Margherita: la "corte dei massari" (1838), a ovest dell'omonima via
Riguardo all'utilizzo dei terreni dell'antico comune possiamo dire che nel '500 circa il 70% era destinato agli arativi, poco meno del 20% era occupato dai boschi, quasi il 9% da vigneti e l'1% da edifici. Nel '700, all'epoca del Catasto Teresiano, la superficie degli arativi era rimasta invariata, quella dei vigneti era salita a quasi il 25% (ma solitamente si trattava di "arativi vitati", quindi con filari molto distanziati) e i boschi erano ridotti a poco più del 3%; il resto era occupato dalle cascine e dagli orti.
Oggi, quasi scomparsa l'agricoltura, le costruzioni sorte nella frazione negli ultimi settant'anni non consentono più di distinguere i tre antichi nuclei.

Cascina S. Margherita: la "corte grande" (1855) - ad est dell'omonima via -, opera dell'architetto Moraglia
Quanto al bosco di Sovico, non sappiamo quale fosse la sua estensione nel IX secolo, ai tempi dell'arcivescovo Ansperto; sappiamo però che all'epoca dei rilevamenti del catasto teresiano si era ridotto a tre appezzamenti della superficie complessiva di circa 6 ettari. Si trattava di "boschi misti di legna castanile per pali e di legna forte da taglio".

Le aree boschive di Sovico nel Catasto Teresiano (1722). L'attuale Boscone consiste in una parte dell'area più a nord.
Il Boscone di Sovico visto da Google Earth
Ai nostri giorni quello che è rimasto delle aree boschive costituisce il cosiddetto "boscone" subito a sud della ferrovia; purtroppo è quasi sparita la parte meridionale, che era anche la più vasta. Non per questo, s'intende, è meno pregevole, anzi...

In bici attraverso il Boscone (Sovico)

Testo di Chiara Ballabio   
Fotografie di Zeno Celotto
 
© riproduzione riservata

Riferimenti bibliografici:
1) E. Bernasconi - Lissonum - Monza, 1926 (riedito dal Comune di Lissone nel 1987)
2) P. Viganò - Storia di Biassono - Bologna 1978 
3) E. Mariani - L'antico comune di Cassine Aliprandi - Milano 1999 

2 commenti:

  1. Interessante ricostruzione storica di un'area dimenticata da sempre dai comuni confinanti. Il " boscone" di Sovico in particolare è l'ultima area boscata rimasta di notevole consistenza in una parte del territorio ormai completamente snaturato dalla intensiva edificazione. L'ultima testimonianza di quella antica " selva de Summovico" citata nel testamento di Ansperto di Biassono dell'879. E questo già basta per sostenere la rivendicazione della sua salvaguardia e valorizzazione. Ho scoperto leggendo un altro riferimento nello stesso testamento che la" silva de Summovico viene richiamata in una parte che riguarda Canoncia Lambro. E qui ci troviamo all'estremo est dell'attuale Sovico sulle rive del Lambro. Si potrebbe dedurre che il territorio di Sovico all'epoca era una enorme foresta che andava dal Lambro al " ronco dell'Aldepranda"

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    1. Ringraziamo per gli apprezzamenti, tanto più che ci sembra provengano da una persona competente. Concordiamo naturalmente sulla necessità di salvaguardare il Boscone di Sovico. Interessante l'ipotesi che la selva un tempo si estendesse su tutto il territorio del comune da est ad ovest, ipotesi che meriterebbe un approfondimento.

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