sabato 20 luglio 2019

Bocciata la legge ammazzasuolo della Regione Lombardia: i Comuni possono ridurre il consumo di suolo


La Regione Lombardia ha abusato della propria facoltà legislativa, emanando una norma - l.r. 31/2014 - che pregiudica l'autonomia dei Comuni, e che nel farlo contraddice perfino il proprio fine, che dovrebbe essere appunto quello di orientare la pianificazione dei Comuni, affinché venga progressivamente ridotto il consumo di suolo. È la sentenza della Corte Costituzionale a mettere un positiva tassello che avvicina alla conclusione del procedimento di giustizia amministrativa che vede al centro da un lato il Comune di Brescia, che con il suo PGT del 2016 aveva stabilito di ripristinare l'inedificabilità di un vasto territorio urbano nel quartiere di San Polo, e dall'altro la Regione Lombardia, la cui legge regionale 31/2014, che per gli ambientalisti rimarrà la 'legge ammazzasuolo', nonostante l'obiettivo dichiarato di ridurre il consumo di suolo, impediva ai Comuni di variare le proprie previsioni urbanistiche, anche laddove la variazione fosse funzionale a sottrarre superfici dal rischio edificatorio.

Brandendo questo articolo controverso della legge (voluta dall'allora assessore regionale Viviana Beccalossi e sostenuta in aula dal consigliere Fabio Altitonante), i privati avevano ricorso al TAR contro il Comune. Il tribunale amministrativo, in prima istanza, aveva dato loro ragione. Ma il Comune, sostenuto da ANCI e da Legambiente Lombardia, non aveva ceduto e si era appellato al Consiglio di Stato il quale aveva sentenziato riconoscendo le ragioni dell’amministrazione locale, ma sollevando la questione di costituzionalità della norma regionale su cui si sarebbe dovuta pronunciare la Consulta. Il quesito fondamentale riguardava la legittimità da parte della Regione di legiferare in senso così restrittivo delle facoltà urbanistiche dei Comuni, proprio laddove le amministrazioni comunali stesse, con la propria riconosciuta autonomia, potevano perseguire gli obiettivi che la legge regionale dichiarava di far propri. Sulla questione l’esame approfondito della Corte Costituzionale arriva ad una conclusione inappellabile: la legge regionale è illegittima e pertanto va stralciata.

Comprensibile la soddisfazione dell'associazione ambientalista, supportata in tutti i gradi di giudizio dall'avvocato Emanuela Beacco. «La sentenza della Corte Costituzionale ha minuziosamente approfondito il caso ristabilendo la certezza del diritto su un punto: i Comuni hanno pieno titolo a ridurre le proprie previsioni urbanistiche, per andare nella direzione di ridurre il consumo di suolo e i gravi effetti ambientali che questo determina - dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia -. Siamo felici per il fatto che ora Brescia potrà rivendicare la tutela delle aree verdi superstiti del quartiere San Polo, in quanto nessuno potrà accampare diritti edificatori che non si sono mai realmente concretizzati, cosa che invece la legge regionale, da noi sempre contestata, avrebbe potuto legittimare».

Il giudizio della Corte Costituzionale, che conferma le ragioni del Comune, di Legambiente e di ANCI, produrrà rapidamente i suoi effetti: in primo luogo perché, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della sentenza, verranno automaticamente annullati gli articoli contestati della legge regionale: è vero che nel frattempo la Regione ha modificato la legge, proprio per correggerne le vistose incoerenze, ma ciò inciderà su tutti i giudizi amministrativi pendenti, che a questo punto non potranno che prendere atto della decadenza del presupposto con cui si era impedito ai Comuni di variare in senso riduttivo le proprie previsioni urbanistiche. In altre parole, non sarà più possibile emanare sentenze come quella che, in primo grado al TAR Brescia, aveva dato ragione ai privati riconoscendo loro un margine entro cui far valere inesistenti diritti edificatori a valere sulle aree libere del quartiere San Polo Sulla vicenda di San Polo, dovrà a questo punto esprimersi il Consiglio di Stato, che si era rivolto al Giudice delle Leggi. Un giudizio che si prospetta, a questo punto, favorevole a Comune, ANCI e Legambiente.

Il principio ristabilito dalla Corte Costituzionale fa chiarezza in una materia, quella del 'diritto edificatorio', in cui negli ultimi anni si sono moltiplicate le interpretazioni, soprattutto da parte di molte Regioni, che hanno approvato norme in materia di consumo di suolo in assenza di una legge nazionale di indirizzo, e producendo spesso risultati controversi come nel caso della Lombardia.

«Occorre un indirizzo nazionale chiaro, che stabilisca in modo inequivocabile che il suolo libero non può più essere il recapito prioritario per le previsioni urbanistiche degli enti locali - afferma Damiano Di Simine, responsabile suolo di Legambiente -. Il suolo è la nostra risorsa naturale più preziosa e scarsa. Occorrono pertanto norme che orientino tutti gli investimenti dei settori delle costruzioni e delle infrastrutture verso la rigenerazione delle città nei loro spazi già costruiti, in cui gli ambiti di degrado e abbandono sono cresciuti in modo incontrollato con gravi conseguenze ambientali, economiche e sociali. Da anni aspettiamo che ci sia una maggioranza parlamentare consapevole di quella che dovrebbe essere una assoluta priorità per lo sviluppo del Paese».

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