domenica 3 maggio 2020

La Brianza e i brianzoli

Immagine tratta da "La Brianza", anno 1900

Nel 1947 il settimanale "Il Lambro", in occasione del "Mese della Brianza" organizzò un concorso per un articolo di folclore, di letteratura o di storia su Monza e Brianza.

Risultarono vincitori a pari merito:
"Brianza e brianzoli" di Giovanni Meda;
"Itinerari monzesi" di Angelo Vergani.

Passati 73 anni li vogliamo omaggiare con una nuova pubblicazione. Sotto trovate il primo dei due articoli. Il secondo lo trovate cliccando qui.

Brianza e brianzoli
di Giovanni Meda
da "Il Lambro" del 22 giugno 1947

Occorre perdonare a quell'avvocato di parte civile che qualche anno fa, durante una udienza alla Pretura di Desio, ebbe ad asserire che «Brianza deriva da... Briganzia, terra di briganti», pur essendo vero che tre secoli or sono a Milano si dicesse: Meda, Seregn, Paina e Marian i mantegnen el boia de Milan.

Ed è pur vero come le diligenze che partivano da Milano per raggiungere Como, percorrendo la Napoleona e dopo aver cambiato cavalli a Barlassina, si vedessero bloccata la strada da figuri col viso semicoperto da cappellacci a larga falda i quali depredavano i signorotti e le dame in gita turistica, come si userebbe dire ai nostri tempi.

Nessuno però ha mai pensato ai motivi disperati che istigavano questi masnadieri da strapazzo e nessun storico, narrando questi fatti, si è preoccupato di aggiungere che fatti si poco commendevoli avvenivan un po' dovunque, e, naturalmente, in conseguenza dello stato di estrema miseria di chi li commetteva.

Questa gente di Brianza, così sprezzata da quella di città che finì col definire il «bosino» - il quale «bosino» non era altri che il villano venuto dalla campagna a recitar strambotti e farsi zimbellare dai «cittadini» -, questa gente sembrava nei secoli scorsi essere stata creata solo per servire «colendissimi patroni», per far guerre senza nemmeno saper per chi e per che cosa, per ingrassar vacche perchè facessero latte per «lor signori» e dar grano alle galline affinchè facessero uova; questa gente intelligente e rude anzichenò la si poteva dunque ritenere avvelenata nel sangue, restìa alle volte nel dover sempre servire e scappellarsi anche se la fronte era irrorata di sudore oppure pioveva, mentre invece l'ossequiato padrone era in carrozza.

«Fraterne battaglie», le si dicevan quelle tra due potenti famiglie intese a conquistar paesi, e a combatterle erano i brianzoli. Una volta la chiama veniva bandita dall'Arengario di Monza oppure era il campanone della Brianza che improvvisamente chiamava all'adunata, c'era poi lo squillar del corno dal castello di Brivio o lo sventolar dello stendardo baronale sopra un torrione merlato. E il villan dovea armarsi di archibugio, lancia o forca, per accorrere suo malgrado. E la stizza si accompagnava alla rassegnazione e le donne sconsolate piangevano perché al podere, alle bestie, ai lavori avrebbero dovuto far tutto loro. Rassegnazione e pazienza di secoli per il brianzolo, che doveva assistere ad ogni sorta di angherie e che a furia di servire «lor padroni» fu l'ultimo a svestire quello che lo storico definisce «pittoreschi costumi» e che in realtà non erano che rattoppati e rammendati corti calzoni di fustagno o lana grossa filata nelle stalle, marsine dai colori indefiniti per via degli effetti dei raggi solari e cappellacci ottimi giocoforza d'estate per il sole e d'inverno per la neve e la pioggia! E lo storico, che di brianzolo conosceva solo formose balie ed il fattore che andava in città a portar uova fresche e frutta, a parlare di «pittoreschi costumi»! Le balie infatti dovevan vestire trine e nastri secondo il colore voluto dalla madamigella (sotto, le mutande e la camicia eran di grossa e ruvida tela) e il fattore doveva inguainar calze bianche e mettere nastri rossi per allacciar le brache sotto il ginocchio; poi il cappello era meno alla «brava» e più «cittadino» e c'era, infine, l'aureola d'argento in testa a completare il «costume pittoresco» per le donne che, al pari dei loro uomini, non vivevano che di vessazioni e triboli.

Fu Bernabò che per il gusto di alimentare un suo laghetto in una, villa di Desio, privò 35 molini e tanti paesi dell'acqua di una roggia (e qualche decennio fa, un altro, pur non essendo un Visconti, fece pressapoco lo stesso). Altre volte, e sovente, interi campi venivan sequestrati per «caccia riservata», come Napoleone che «per la grazia di Dio e la Costituzione» emetteva pene severe a chi per una estesa zona attorno a Monza avesse fatto circolar cani dove lui si era proposto di cacciar selvaggina; poi lo stesso Napoleone a minacciar palle di pietra su Seregno e dintorni perché i bravi seregnesi del berretto frigio avevan fatto cenci. Le decime, gli obblighi, la pigione a staie di cereali, i bandi...

Ma la Brianza, con tutte le sue eterogeneità e sfumature è veramente il giardino di Lombardia e questo giustamente lo hanno affermato in tanti. Il male si è che non tutti sono d'accordo nel descrivere l'uomo di questa terra e, per meglio conoscerlo nel suo intimo, occorre dire anche che nessuno si è eccessivamente curato, nei secoli passati, affinchè l'erudizione e la cultura fossero come l'intelligenza del brianzolo esigeva, così che se è vero che la superstizione è sorella dell'ignoranza è pur vero che dove regnare queste virtù negative gli è perché nessuno ha fatto sì che le cose andassero diversamente. C'erano da combattere «fraterne battaglie» perché il blasone del tal barone venisse posto sopra il transetto di ogni palazzotto in sostituzione di quello del tal duca o visconte! E con queste preoccupazioni chi poteva pensare all'educazione del brianzolo che, in fin dei conti, sapeva nutrirsi così bene anche con semplici formaggini, polenta e zuppa di pan giallo, e che si era così tanto affezionato al lavoro da far quattordici ore consecutive nella filanda, dove le ragazze avevano cominciato ad andarvi a dieci anni, portando anche lo sgabello di legno per arrivare alla spola del telaio?!

Ed ecco che nessuno zappava fave in venerdì e tristi presagi si attendevano perché una gallina aveva cantato da gallo, e si stava in pensiero perché le rondini non avevano nidificato in cortile il che voleva significare che là c'era discordia-; e i pipistrelli apportavan tigna se toccavan persona e i «busitt» andavano a buttar sossopra mucchi di letame per cercare la punta d'oro del fulmine che si era scaricato durante il temporale...

Per lo storico per il turista appassionato, la Brianza ha un fascino tutto esteriore. Per chi è esigente, per chi questa terra ama veramente, la Brianza è sfinge poliedrica che merita di essere studiata e scrutata fino in fondo e da ogni lato; è zona che a definirla ancora «infeudata» non c'è pericolo di sbagli.

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