lunedì 29 ottobre 2012
Seveso e Pedemontana, devastazione per deroga
di Sofia Basso, tratto da Left del 27/10/2012
A 36 anni dall’incidente che devastò la cittadina lombarda, il progetto della Pedemontana riporta l’incubo della contaminazione. Perché il tracciato della nuova autostrada passa proprio sopra l’area maggiormente colpita. Anche se l’Arpa ha rilevato concentrazioni tossiche ancora fuori legge. La protesta dei cittadini.
L’aria irrespirabile, il fischio assordante, le facce gonfie dei bambini. Anche quelli che in quel torrido sabato erano piccoli se lo ricordano bene l’incidente che il 10 luglio 1976 colpì Seveso, travolta dalla nube tossica sprigionata dall’Icmesa di Meda, in Brianza. A 36 anni di distanza, il progetto della Pedemontana riporta l’incubo diossina in un territorio ancora ferito dalla scia di malattie e tumori. Perché l’autostrada che dovrebbe collegare Varese a Bergamo passerà proprio sull’area che all’epoca fu maggiormente contaminata. I rilievi Arpa del 2008 non lasciano dubbi: nelle zone interessate dal disastro, gli sforamenti dei limiti per la presenza di diossina sono stati 52. Spesso con concentrazioni molto elevate. E se nell’area bonificata i campioni fuori legge sono stati trovati a una profondità di 60-75 cm, nelle porzioni limitrofe sono addirittura superficiali. Perché invece di essere rimossa, la terra inquinata là fu solo rigirata. Tra gli sbancamenti previsti per allargare l’attuale superstrada e gli scavi per le uscite e le rotonde, il rischio di riportare la sostanza cancerogena nell’aria è altissimo: «Se si alza polvere contaminata da diossina si mette a rischio la salute dei lavoratori e degli abitanti. Il pulviscolo può essere respirato oppure ingerito quando si deposita sugli alimenti», denuncia l’ingegner Paolo Rabitti, consulente tecnico delle procure nei principali processi per inquinamento ambientale. «Nei casi di superamento dei limiti di legge, la normativa prevede che si faccia un’analisi di rischio. Le autorità sanitarie devono intervenire. Non si può fare finta di niente. O bonificano l’area o spostano il tracciato». Quando la diossina si diffonde, i soggetti più esposti sono i bambini: «La diossina è tossica a livelli molto bassi – spiega Rabitti – il limite tollerabile per gli esseri umani è 2 picogrammi (millesimi di nanogrammi) per ogni chilo di peso corporeo». Quindi più si è esili, più si rischia di ammalarsi.
Devastazione per deroga
I lavori per la Pedemontana coinvolgeranno anche il Bosco delle Querce, il parco simbolo del risarcimento del danno provocato dall’industria chimica. Nata sull’area A, quella i cui abitanti furono evacuati e le cui case furono distrutte, la nuova foresta rappresenta la resurrezione di Seveso e un luogo della memoria.
Per tutelare quei 40 ettari di area verde,nel 1985 una legge regionale vietava esplicitamente qualsiasi opera o edificazione. Ma quando spuntò il progetto della Pedemontana, concepito circa 50 anni fa e rivitalizzato dalla legge obiettivo del 2003 e dai preparativi per Expo 2015, la giunta di Roberto Formigoni preferì cambiare le norme invece del tracciato. E inserì una deroga ad hoc per la nuova autostrada: «Nel Parco naturale del Bosco delle Querce sono ammesse le attività per la realizzazione del collegamento autostradale “Dalmine-Como-Varese-Valico del Gaggiolo” e delle opere connesse», recita l’articolo 9 della legge regionale del 15 maggio 2008. «Il progetto originario era devastante perché prevedeva uno sbancamento di 12 ettari sui 40 del parco», spiega Alberto Colombo, consigliere comunale di Sinistra e ambiente a Meda e in prima fila nel movimento No Pedemontana. Dopo le proteste dei comitati, l’azienda ha rinunciato al raddrizzamento della tratta: «Il nuovo progetto, però, non risolve il problema», continua Colombo, «perché nel lato del bosco ci saranno comunque 2 ettari di sbancamenti e i lavori sull’altra sponda della superstrada andranno a toccare zone contaminate ma mai bonificate». Sepolto sotto il bosco, e protetto da due vasche impermeabili, c’è il materiale inquinato dalla diossina: case, alberi, terra e animali. Il nuovo progetto riduce il rischio di danneggiare le piscine, ma non lo esclude. «L’area dove vogliono fare le opere per la Pedemontana è il luogo del naturale allargamento del bosco», precisa Gemma Beretta, presidente del circolo Legambiente di Seveso. «Noi chiediamo che si fermi la nuova autostrada, che tra l’altro andrebbe ad aggiungere consumo di suolo in una provincia che ha già il record nazionale. Tutto per guadagnare 4 minuti all’ora di percorrenza».
Una costosa colata di cemento
L’avvio del cantiere di Seveso, comunque, è in ritardo. Il progetto esecutivo dell’azienda che ha vinto l’appalto, la Strabag, doveva essere consegnato in agosto e i lavori dovevano partire in ottobre. Più che le proteste dei cittadini, ad azzoppare la Pedemontana potrebbe essere la mancanza di soldi. La Varese-Bergamo, infatti, è tra le autostrade più care d’Italia (47 milioni di euro al chilometro contro una media
nazionale di 32). Costo totale: circa 5 miliardi di euro (4,1 per l’infrastruttura vera e propria), di cui 1,2 statali. Composta da 67 km di autostrada, 20 di tangenziale e 70 di nuova viabilità, dovrebbe collegare cinque province in un territorio abitato da 4 milioni di persone.
L’obiettivo è aprirla al traffico entro il 2015, in tempo per l’Esposizione universale di Milano. Il tutto senza contare i costi e i ritardi per eventuali bonifiche. Già sulla tratta di Desio la società deve affrontare il problema di una discarica abusiva della ’ndrangheta, molto vicina a dove si vorrebbe fare lo svincolo più grande d’Europa.
E adesso Pedemontana spa deve valutare come procedere a Seveso. La linea ufficiale è che «tutto sarà fatto secondo le leggi vigenti».
Ma senza precisare come sarà tutelata la salute pubblica. I comitati locali sono sul piede di guerra perché non riescono ad avere informazioni sui carotaggi che la Strabag sta portando avanti da settembre: «I documenti ufficiali dei sondaggi ambientali non parlano di diossina. E se non la cerchi, non la trovi», lamenta Gianni Del Pero, geologo del Wwf. «Già il dato che l’azienda abbia fatto marcia indietro sul progetto originario dimostra che il problema esiste. Anche se ha tutto l’interesse a minimizzare ». Il riconoscimento del rischio, comunque, è certificato nero su bianco in un documento interno di Autostrada Pedemontana lombarda (Apl): «Le campagne di indagini effettuate da Apl hanno rilevato la presenza di diossina residua nei terreni interessati dal tracciato e ricadenti nelle aree influenzate dall’incidente Icmesa. Nella realizzazione dell’infrastruttura particolare attenzione dovrà essere posta nella gestione delle terre e rocce da scavo», si legge in una relazione interna del luglio 2011, che avverte che quasi «tutti i superamenti del limite industriale (quelli a maggior contaminazione, ndr) avvengono nel top soil (lo strato più superficiale, ndr)». Impossibile, quindi, non rimettere la diossina in circolo con i lavori senza una bonifica.
Verità nascoste
A sollevare un’ulteriore questione è l’ingegner Rabitti, che ricorda che l’inquinamento dell’Icmesa non si limitò al momento dello scoppio del reattore, ma fu costante nel tempo, come avevano del resto denunciato per decenni gli abitanti che si lamentavano del cattivo odore e della moria degli animali. «Dopo l’incidente furono delimitate e bonificate le aree contaminate sulla base della ricaduta del vento che soffiava in quel momento. Ma se l’inquinamento era pregresso, è evidente che la diossina si trova anche fuori le zone A e B», fa notare il consulente, autore del libro Diossina, la verità nascosta.
Andare a scavare in quell’area, assicurano i rappresentanti dei comitati locali, è un rischio non solo per gli abitanti di Seveso ma anche per i Comuni limitrofi. Da qui l’esposto firmato a marzo da Gemma Beretta (Legambiente), Alberto Colombo (Sinistra e ambiente) e Paolo Conte (coordinamento Insieme in Rete per uno sviluppo sostenibile), per chiedere al prefetto di Monza e Brianza di «intervenire al più presto» visto che «l’attuale progetto definitivo ancora non ottempera alle vincolanti prescrizioni del Cipe» e che «paiono sottovalutati i pericoli che possono derivare dalla movimentazione di terreno ancora contaminato da Tcdd (diossina)».
Le generiche assicurazioni di Pedemontana spa non possono certo tranquillizzare i cittadini di un’area colpita in modo irreversibile da un comportamento che la commissione parlamentare d’inchiesta definì «colposo». Perché i dirigenti dell’Icmesa non solo non si preoccuparono della sicurezza del proprio reattore, ma dopo l’incidente minimizzarono l’episodio. E per otto giorni non fecero riferimento alla fuoriuscita di diossina, lasciando gli abitanti in balia dell’incertezza e di un veleno invisibile. «Seveso è successo. Seveso non deve ripetersi», dichiarò in seguito il gruppo svizzero Givaudan La Roche, sospettato di produrre anche materiale bellico nell’impianto brianzolo. Da qualche anno, però, in troppi sono pronti a riaprire quella ferita.
left 43 - 27 ottobre 2012
Left 43 - Seveso, Il Ritorno Della Diossina
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