domenica 30 maggio 2010

Liberafiumi 2010 - Parte 4° - Primi risultati

Parte 4 di 12
A cura di Andrea Agapito Ludovici, WWF Italia

“fiumi canalizzati e sbarrati”

Da anni il WWF denuncia l’inadeguatezza della gestione dei nostri corsi d’acqua che risente di un approccio tecnico riduttivo che porta a considerare i fiumi simili a canali, dove l’unica “disciplina ufficiale”, quando ce ne è una, è l’ingegneria idraulica. Ci si è, così, adoperati a “canalizzare” i fiumi con l’idea di poter contenere le acque in alvei sempre più stretti e regolati e consentire un rapido deflusso delle acque verso valle nei periodi di piena. La sempre più spinta “impermeabilizzazione” dei terreni e la perdita di capacità di ritenzione del territorio, determina a seguito di violente precipitazioni un vertiginoso aumento della velocità di corrivazione e la formazione di pericolosi colmi di piena nei corsi d’acqua che mettono a repentaglio i centri abitati di valle, manufatti, difese e sempre più spesso vite umane.

Fiume “canalizzato” e fiume naturale a confronto durante le fasi di magra, morbida e piena e grafici di riferimento di un’eventuale onda di piena
(Tratto da WWF Nederland 1999)

Il 2 maggio i volontari del WWF hanno rilevato come ancor oggi la canalizzazione selvaggia, che nonostante favorisca la distruzione degli habitat fluviali e l’aumento del rischio idrologico complessivo, è l’intervento di gestione fluviale più diffuso.

A sx: Adda, vecchia difesa spondale
A dx: Biferno, osceno muro in costruzione!


Fiumi un tempo stupendi, dove sopravvive ancora la lontra, come l’AGRI in Basilicata, sono in gran parte stati canalizzati e costretti in sponde rigide, costose, inutili, realizzate con soldi pubblici per tutelare qualche campo agricolo e favorire lo sfruttamento dei terreni fino alle sommità delle sponde. Lungo i chilometri di AGRI (Basilicata) censiti sono anche state osservate 74 briglie o sbarramenti che interrompono la continuità fluviale; il tratto censito del fiume lucano attraversa prevalentemente terreni aperti, boschi e zone agricole con pochi centri abitati e lontani dal fiume, sfruttato dalla diga di Marsico Nuovo, che sbarra il corso del fiume a pochi chilometri dalle sorgenti e dalla diga del Pertusillo.Un corso d’acqua che dovrebbe essere prevalentemente lasciato divagare liberamente, senza opere spondali che, oltretutto, necessitano di continue manutenzioni. Ma anche fiumi come il SAVIO (Emilia Romagna), seppur attraversando campagne aperte e mantenendo anche delle discrete fasce di vegetazione arborea riparia, appare in gran parte inutilmente canalizzato e con diverse briglie.

A sx: Agri canalizzato
A dx: Ofanto. Difesa con prismate.


In Sicilia l’ORETO appare in gran parte canalizzato con sponde difese realizzate in modo spesso obsoleto e con una gran necessità anche di manutenzioni; in molti punti si potrebbero ripristinare le sponde naturali asportando le vecchie opere, lasciando più spazio al corso d’acqua e alla vegetazione spontanea.

A sx: Sbarramento sul Savio (Emilia Romagna)
A dx: Oreto (Sicilia) verso la foce


Oreto (Sicilia) tra case e campagna cemento anche nell’alveo!

Difese spondali con gabbionate sul Sangro in Abruzzo e sull’Oreto in Sicilia

L’ADDA sub lacuale è interessato da due parchi regionali, ma è anche caratterizzato da ampi tratti canalizzati e soprattutto “sbarrati”. Sono stati censiti almeno 14 sbarramenti oltre a quelli storici che interrompono la continuità fluviale, rendendo il fiume per lunghi tratti praticamente “bacinizzato”: uno dei punti, peraltro molto suggestivo, è il lago formato a Trezzo dalla storica centrale idroelettrica “Saccani”. Sull’alto TEVERE (Umbria) per lunghi tratti la sponda è difesa da interventi anche con opere rigide e pendenze del 100%, la vegetazione riparia spontanea è in gran parte stata danneggiata o tagliata anche all’interno di aree SIC.

Adda “canalizzato” anche se con sponde rinverdite e sbarramento

Parte 5° - Attività estrattive

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