giovedì 11 settembre 2025

Area ex Dell’Orto: è questa la rigenerazione che Seregno merita?

L'edificio ex Dell'Orto, vista da via San Rocco


Dopo la presentazione del dossier delle Acli (leggi qui e qui) analizziamo ora alcuni degli allegati tecnici che lo corredano. Non si tratta di appendici secondarie, ma di strumenti che permettono di verificare, punto per punto, la fondatezza della lettura critica proposta. Leggi, pareri tecnici, confronti con altri progetti: tutto concorre a mostrare che l’attuale Programma Integrato di Intervento (PII) sull’area ex Dell’Orto presenta più ombre che luci.

La legge regionale responsabilizza il Comune

Il primo allegato (A) richiama la cornice normativa fondamentale: la Legge Regionale n. 18 del 26 novembre 2019, “Misure di semplificazione per la rigenerazione urbana e territoriale”.

Il documento sottolinea come questa legge non attribuisca automatismi al privato, ma affidi al Comune un ruolo decisivo:
«Gli articoli principali della legge sono chiari: l’articolo 2 fissa gli obiettivi di fondo – rigenerare significa migliorare la qualità urbana, ambientale e sociale, contenere il consumo di suolo e favorire coesione. L’articolo 4 attribuisce ai Comuni la facoltà di individuare gli ambiti da rigenerare. L’articolo 5 specifica che i diritti edificatori non sono automatici, ma devono essere previsti dagli strumenti urbanistici vigenti e compatibili con essi».

Un passaggio chiave è poi l’articolo 8:
«Ogni intervento può essere subordinato a convenzioni, capaci di riequilibrare l’interesse pubblico con quello privato, imponendo opere, servizi, standard qualitativi e ambientali».

In sintesi: il Comune non è spettatore passivo. Al contrario, è chiamato a esercitare “piena responsabilità politica e tecnica”, affinché “l’interesse generale prevalga su quello particolare”.

Il parere tecnico ignorato

Il secondo allegato (B) riporta il parere della prof.ssa Elena Granata (Politecnico di Milano), redatto nel novembre 2024 su incarico del Comune.

Pur riconoscendo alcuni elementi positivi – come “l’abbandono dell’ipotesi dei due grattacieli isolati” – la relazione resta severa:
«Le riserve espresse riguardano in primo luogo l’eccessiva densità edilizia e l’impatto paesaggistico: le altezze previste alterano lo skyline del centro e la concentrazione volumetrica risulta sproporzionata rispetto al contesto già densamente abitato».

Sul verde, la valutazione è netta:
«La logica è ornamentale e condominiale: manca un vero verde pubblico con funzione ecologica e sociale, in coerenza con le linee del Piano Clima comunale».

Non meno pesante è la critica alla mancanza di edilizia sociale:
«La relazione evidenzia l’assenza di edilizia convenzionata o sociale, invitando esplicitamente a introdurre una quota di alloggi accessibili per rispondere alla crescente domanda abitativa delle fasce più fragili».

E infine, il nodo della partecipazione:
«Non meno rilevante è la totale mancanza di partecipazione civica: il parere chiede al Comune di aprire un percorso pubblico di confronto con cittadini e associazioni, ritenuto indispensabile per dare legittimità al progetto».

Una valutazione che non può certo essere interpretata come un “via libera tecnico”.

Agenda 2030: incoerenze evidenti

L’allegato D prende in esame la coerenza del progetto con la strategia “Seregno 2030 – Crocevia di Opportunità”, approvata dal Consiglio e dalla Giunta nel 2022.

Qualche segnale positivo c’è – “il riuso di un’area dismessa” e “la ristrutturazione della ex Biblioteca” – ma, scrive il documento:
«Prevalgono le incoerenze sostanziali. L’indice edificatorio dell’area, pari a circa 5 mc/mq, è superiore a quello di altri comparti cittadini e contrasta con l’obiettivo di qualità dell’abitare. Il verde previsto è frammentato e residuale, senza connessioni ecologiche e senza funzione di spazio pubblico urbano».

Sul fronte sociale, il giudizio è ancora più duro:
«Mancano alloggi accessibili, spazi civici e funzioni di welfare di comunità. Il progetto rischia così di rafforzare processi di esclusione e polarizzazione, in contrasto con i principi di equità e inclusione sociale».

Nemmeno la mobilità sfugge alle critiche:
«Non sono previsti percorsi ciclopedonali né collegamenti con il sistema urbano esistente, mentre le opere viabilistiche privilegiano l’accessibilità privata».

La conclusione è inequivocabile:
«Il progetto, pur muovendosi formalmente nel quadro normativo vigente, si rivela incoerente con la vision urbana delineata dall’Agenda 2030 Seregno e dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU».

Il confronto con altri quartieri riqualificati

L’ultimo allegato (E) propone un raffronto con altri comparti di riqualificazione urbana: Trabattoni e Villa.

I numeri parlano da soli. All’ex Dell’Orto l’indice fondiario previsto è 5 mc/mq; a Trabattoni era 2,4 mc/mq, a Villa 3 mc/mq.

Le dotazioni pubbliche?
«Il progetto ex Dell’Orto prevede spazi estremamente ridotti per funzioni non residenziali (circa 350 mq complessivi)… A confronto, Trabattoni ha garantito 8.200 mq di biblioteca, 4.250 mq di giardino pubblico e una piazza di 1.200 mq; Villa ha previsto un giardino di quartiere, parcheggi pubblici e una quota di edilizia convenzionata».

Il giudizio finale è netto:
«Mentre nelle aree Trabattoni e Villa le trasformazioni hanno introdotto dotazioni pubbliche significative e un miglioramento complessivo della qualità urbana, l’intervento sull’ex Dell’Orto appare guidato prevalentemente da logiche speculative, con un ritorno pubblico minimo».

 

La posizione dell’amministrazione comunale

Sul progetto dell’area ex Dell’Orto l’amministrazione comunale ha più volte espresso la propria linea.

Il sindaco Alberto Rossi, in un intervento pubblicato su Facebook tre mesi fa (13 giugno 2025), ha ricordato che il Piano Integrato di Intervento oggi sul tavolo «è il progetto elaborato dal proprietario dell’area e dal suo staff progettuale ed esprime l’aspettativa dell’operatore privato». Per questo, ha sottolineato, le ambizioni del privato dovranno «conciliarsi con l’interesse pubblico, con la necessità di integrare il nuovo intervento con il quartiere, di prestare attenzione alla mobilità locale e di interpretare in modo corretto le indicazioni date dal Documento di inquadramento». Un percorso definito «non facile da raggiungere in un contesto urbano già molto denso», ma da affrontare «con rigore e serenità».

L’assessore all’urbanistica Giuseppe Borgonovo, intervenendo in questi giorni sulla stampa locale, ha giudicato il dossier Acli «sorprendente», perché a suo avviso «non coglie lo stato dell’arte: l’amministrazione ha già fatto osservazioni al soggetto attuatore». Pur riconoscendo che i contenuti del dossier «sono perfetti dal punto di vista accademico, direi una lezione di urbanistica», Borgonovo ha precisato che «non siamo in presenza di una pianificazione pubblica, bensì del progetto di un privato che ha tutti i diritti di edificare come prevedono le norme vigenti e la legge sulla rigenerazione».

Secondo l’assessore, il documento delle Acli sarebbe «disconnesso dalla realtà, perché con il privato si è fatto un passo avanti». La prima proposta della proprietà, infatti, non è stata accolta dal Comune, che ora «nella revisione del progetto si aspetta una risposta positiva sugli aspetti non secondari che abbiamo evidenziato». Resta però un punto fermo: «Non siamo nelle condizioni di mettere in discussione l’intero progetto, che non è il progetto del Comune, bensì del privato che opera con tutti i diritti del caso».
 

Nostro commento 
Il confronto tra le dichiarazioni istituzionali e il documento delle Acli mostra con chiarezza un diverso approccio al tema della rigenerazione urbana.

Da un lato, le Acli chiamano in causa la responsabilità politica del Comune, ricordando che la legge regionale attribuisce agli enti locali non solo il potere, ma anche il dovere di pretendere qualità urbana, equità sociale e sostenibilità ambientale. Per loro, il progetto ex Dell’Orto non è un destino già scritto, ma uno spazio di scelta politica.

Dall’altro lato, il sindaco Rossi e l’assessore Borgonovo interpretano il ruolo dell’amministrazione in modo più limitato: non tanto come regia capace di riscrivere le regole del gioco, quanto come mediatore tra le ambizioni del privato e le necessità della città. Il sindaco parla di un equilibrio “da ricercare con rigore e serenità”, mentre l’assessore sottolinea che “non siamo nelle condizioni di mettere in discussione l’intero progetto”, proprio perché si tratta di un’iniziativa privata prevista dalle norme vigenti.

Questa differenza di impostazione è cruciale: per le Acli siamo davanti a un banco di prova della capacità del Comune di orientare le trasformazioni urbane secondo gli indirizzi di “Seregno 2030”; per l’amministrazione, invece, il margine di manovra è più circoscritto, e si tratta di ottenere le migliori condizioni possibili dentro il perimetro normativo già definito.

La questione di fondo, dunque, rimane aperta: la rigenerazione urbana è un terreno di mediazione tecnica o un atto politico che decide il futuro della città?

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