lunedì 8 settembre 2025

Area ex Dell’Orto (Seregno): il dossier delle Acli e il destino della città

L'area ex Dell'Orto, corso Matteotti ang. via Cavour

Le Acli di Seregno hanno recentemente prodotto un Dossier partecipato dedicato all’ex area Dell’Orto. Si tratta di un documento articolato e prezioso, che merita di essere conosciuto e discusso perché non riguarda solo un progetto edilizio, ma la qualità del futuro della città.

L’argomento è decisivo: non si tratta soltanto delle volumetrie e delle scelte proposte da un privato, ma soprattutto del modo in cui l’operazione è stata (o meglio, non è stata) gestita dall’Amministrazione comunale.

Il dossier mostra con chiarezza come i processi partecipativi siano stati deboli, quasi inesistenti, e come manchi del tutto una vera visione di città. Si procede “a spot”, con progetti isolati e scollegati, senza un disegno complessivo capace di orientare le trasformazioni urbane.

Il rischio è che, al momento della redazione del nuovo PGT, ci si trovi con progetti impattanti già avviati, che condizionano e limitano la possibilità di pensare a una Seregno più giusta, equilibrata e sostenibile.

Per questo crediamo sia necessario ribadire un principio semplice ma fondamentale: meglio fare meno ma bene, piuttosto che tanto ma male.


Ex area Dell’Orto: un progetto senza visione pubblica

Il piccolo parcheggio su via Cavour

L’area ex Dell’Orto è una delle ultime grandi occasioni di rigenerazione urbana per Seregno. Ma il progetto oggi sul tavolo – con una torre di 14 piani, volumetrie sproporzionate e verde frammentato – rischia di trasformarsi in una mera operazione immobiliare. Il dossier partecipato delle Acli parla chiaro: «Non si costruisce città, si occupa spazio».

Piazza Mons. Ratti, davanti all'Oratorio dei SS: Rocco e Sebastiano

Il dossier ricorda che l’ex Dell’Orto non è un semplice comparto edilizio, ma un nodo strategico per il futuro di Seregno. L’operazione in corso, presentata come piano di recupero, in realtà appare come una trasformazione a guida privata, priva di una visione pubblica. La città, spiegano le Acli, dovrebbe porsi una domanda di fondo: vogliamo una città costruita a misura di investitori o una città coesa e inclusiva?

Il progetto visto da via San Rocco

Il piano prevede un grattacielo di 14 piani, con oltre 41.000 metri cubi edificati e un indice pari a 5 m³/m², molto più alto rispetto ad altri quartieri cittadini. Una volumetria che muta radicalmente il profilo urbano, senza un disegno che ne spieghi l’utilità collettiva.

Le dotazioni pubbliche risultano marginali: la promessa di un asilo nido non trova conferme e la quota minima di standard (6%) è stata monetizzata, rinunciando a spazi verdi e sociali autenticamente collettivi.

Pianta delle aree pubbliche

Il verde proposto è frammentato e condominiale, senza connessioni ecologiche e senza valore sociale. La viabilità si fonda su una nuova rotatoria e su parcheggi destinati soprattutto alla mobilità privata, in aperto contrasto con gli obiettivi del PUMS (Piano Urbano della Mobilità Sostenibile) e del Piano Clima.

Inoltre, il progetto non prevede alcuna edilizia sociale: l’offerta immobiliare è pensata per fasce medio-alte, contribuendo ad aumentare le disuguaglianze.

L'edificio ex Dell'Orto in via San Rocco

Secondo le Acli, la criticità principale sta nella mancanza di una visione pubblica. L’Amministrazione comunale ha il dovere di guidare le trasformazioni urbane, orientandole verso l’interesse collettivo. Rinunciare a questo ruolo significa abdicare alla propria responsabilità.

Il progetto, così com’è, si presenta come un’operazione immobiliare più che come una rigenerazione urbana. Non c’è un piano per integrare l’intervento nel tessuto cittadino, né un coinvolgimento della cittadinanza.

Chi ci guadagna? Impatti sociali, ambientali ed economici

Ogni trasformazione urbana produce valore. La domanda è: a chi va questo valore? Nel caso dell’ex Dell’Orto, il dossier mostra come la rendita generata sia quasi interamente concentrata nelle mani del privato, mentre gli impatti sociali, ambientali ed economici ricadono sulla collettività.

Via D'Azeglio, ang. via San Rocco

Il piano proposto concentra i vantaggi su chi realizza l’intervento, senza redistribuirne i benefici. La monetizzazione delle dotazioni pubbliche è un esempio lampante: invece di creare nuovi spazi collettivi, si preferisce un contributo economico che lascia intatto il problema della scarsità di servizi e aree verdi.

Questa scelta priva la città di opportunità di crescita inclusiva e riduce la rigenerazione a una semplice occasione di profitto.

Il progetto rischia di escludere le fasce più fragili della popolazione: giovani, famiglie monoreddito, anziani. L’assenza di edilizia sociale e di spazi civici alimenta disuguaglianze e concentra l’offerta abitativa su chi dispone di maggiori risorse.

Via D'Azeglio, vista da corso Matteotti

Inoltre, l’arrivo di nuovi residenti aumenterà la pressione su servizi pubblici già carenti, senza che siano previsti investimenti compensativi.

Il verde è insufficiente, chiuso entro spazi condominiali, e non garantisce connessioni ecologiche. Non sono previste compensazioni ambientali né interventi che riducano l’impatto della densificazione edilizia. Al contrario, il rischio è di aumentare traffico, inquinamento e consumo di risorse.

I costi indiretti dell’intervento – dall’adeguamento delle reti idriche e fognarie all’aumento della domanda di servizi – ricadranno sulla collettività. Non esiste un’analisi costi-benefici che dimostri la sostenibilità economica dell’operazione nel medio-lungo periodo.

La città si trova così a sopportare gli oneri senza ricevere in cambio vantaggi significativi.

Il progetto cancella la memoria industriale dell’area, trasformandola in un “non-luogo”. Nessun richiamo alla storia produttiva, nessun percorso di valorizzazione culturale.

A questo si aggiunge l’assenza di processi partecipativi: non sono stati attivati strumenti di confronto pubblico, né valutazioni di impatto sociale. Una trasformazione così rilevante è stata decisa senza un vero coinvolgimento della cittadinanza.

Per una rigenerazione giusta e partecipata

Una città giusta non nasce dal silenzio, ma dalla partecipazione consapevole. Il dossier propone sette assi strategici per invertire la rotta sull’ex Dell’Orto: più dotazioni pubbliche, edilizia accessibile, mobilità sostenibile, standard ambientali vincolanti e un tavolo civico permanente.

Il punto è chiaro: vogliamo una città costruita a misura di investitori o una città coesa e inclusiva? Delegare ai privati la regia urbana significa rinunciare al ruolo politico dell’Amministrazione.

L'edificio ex Dell'Orto su corso Matteotti

Le Acli lo sottolineano: l’Amministrazione ha il potere, il dovere e la responsabilità di guidare le trasformazioni urbane.

Le sette proposte:
  • Incrementare le dotazioni pubbliche: più spazi verdi e sociali collettivi.
  • Garantire casa accessibile: introdurre edilizia sociale o cooperativa, superando la logica della monetizzazione.
  • Integrare il progetto nella mobilità sostenibile: percorsi ciclabili e pedonali, riqualificazione dell’asse Cavour–Matteotti, piano del verde urbano.
  • Istituire un tavolo civico permanente: monitoraggio partecipato per un intervento che durerà anni.
  • Vincolare a standard ambientali elevati: certificazioni energetiche, materiali ecologici, patti di manutenzione.
  • Applicare davvero la L.R. 12/2005, art. 8 bis: rigenerazione significa inclusione, verde e servizi, non solo costruzione.
  • Rinegoziare l’accordo urbanistico: riequilibrare interesse pubblico e privato, con convenzioni trasparenti e vincolanti.

Il dossier propone di andare oltre il singolo caso: istituire un Osservatorio Civico Permanente sul PGT, promuovere tavoli di coprogettazione pubblica, definire criteri chiari di valutazione delle trasformazioni (utilità collettiva, giustizia urbana, sostenibilità ambientale, redistribuzione del valore).

L’ex Dell’Orto diventa così simbolo di una sfida più ampia: costruire una città capace di coniugare memoria, giustizia e innovazione.

Contornata in rosso: l'area ex Dell'Orto

Rigenerare non significa solo costruire, ma costruire meglio. Significa creare spazi che rafforzino la comunità, che riducano le disuguaglianze, che rispettino l’ambiente e la storia.

Il dossier partecipato delle Acli è un invito alla cittadinanza e alle istituzioni: fare dell’ex Dell’Orto un’occasione di giustizia urbana, non di speculazione. Perché una città giusta non si misura in metri cubi, ma nella qualità delle relazioni e della vita che ospita.

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