Lambro settentrionale: La distruzione fisica della Roggia Peschiera
Quando l’intervento idraulico presenta manifesta incompatibilità ambientale
Testo e foto di © Luciano Erba
https://lucianoerba.wordpress.com/
Disalveo, raddrizzamento o geometrizzazione d’asta, asporto di materiale autoctono e cementificazione del fondo, pericolosità (per piante, uomini e animali) indotta dall’argine artificiale perpendicolare all’alveo, impraticabilità spondale, assetto di canalizzazione, devegetazione, distruzione di elementi di ritenzione trofica, appiattimento morfodinamico, distruzione completa della fascia ecotonale, distruzione del benthos, impraticabilità ittica, regresso della biodiversità complessiva, alterazione del transito idrologico, aleatorietà idraulica, riduzione dei tempi di corrivazione, con conseguente necessità di altre opere di stempero (tipo casse d’espansione vallive, quindi altri disalvei, artificializzazioni ecc…) cancellazione del significato ecologico del corridoio fluviale, in una parola incompatibilità ambientale 100%.
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Abbassamento alveo ed interruzione confluenze naturali |
Molti di questi assunti rientrano nella fattispecie in osservazione. Qualunque presidio (scientificamente competente) assegnerebbe un regresso funzionale post-opera piuttosto grave al contesto. Regresso funzionale significa peggioramento della qualità ambientale. Peggioramento della qualità ambientale significa perdita di valore ed onerosità aggiunta (ad es. di mantenimento), in definitiva perdita anche economica a carico della collettività, anche se indirettamente (non immediatamente) percepibile.
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Sbancamento disalveo e cementificazione del fondo (geometrizzazione) |
L’esigenza dell’intervento in disamina esemplificativa, di cui se ne condivide, beninteso, la necessità e l’urgenza (ma non del tutto le modalità attuative di cui sarebbe opportuno moderarne l’impatto) è dettata da alcuni movimenti franosi interessanti un casolare in sx orografica ed il tracciato stradale dx (insistente inidoneamente in breve tratto in fascia sensibile) oltre che i collettori di raccolta delle acque nere. Ma è necessario un po’ di storia per ricostruire la dinamica sopravvenuta, perché la situazione è sintomatica di un approccio errato alle risorse territoriali. La Roggia Peschiera (con etimo già antonomastico della ricchezza biologica) è un piccolo corso d’acqua tipico, debbo sottolinearlo, dell’amenità del paesaggio brianzolo, perché anche l’estetica ha non secondaria rilevanza territoriale. Alimentato a sua volta da diversi piccoli tributari, alcuni di essi formavano anche fontane pubbliche, rappresenta in senso frattale uno spaccato del minuscolo, ma pregevole sistema del Lambro imbrifero. L’ampliamento urbanistico e un nuovo tracciato stradale ha determinato la totale scomparsa del reticolo.
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Artificializzazione totale |
Dove sono finiti i ruscelli ( in fognatura?). Accanto a positive opere di disinquinamento (nella roggia, per certo periodo, confluivano reflui civili e industriali di spiccato carico inquinante) è comparso in testa di valle anche uno scolmatore di piena che ha probabilmente trasferito acque di dilavamento urbano, prima di diversa dispersione. La riduzione dei tempi di corrivazione e l’aumento improvviso del carico idrologico (estraneo alla dinamica di assorbimento del piccolo bacino) ha determinato almeno come concausa, un ampliamento forzoso dell’alveo e la conseguente instabilità dei versanti, peraltro ricadenti in fascia di mobilità funzionale (in quanto tali avrebbero dovuto essere protetti da idoneo vincolo ambientale con arretramento delle sopravvenienze strutturali). Questo per specificare come l’instaurarsi di certi eventi viene spesso, troppo facilmente ed univocamente, ricondotto a “calamità naturali”.
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Asporto di argille |
Bene, in sintesi la conclusione è che le autorità, localmente insistenti, e quelle di più alto livello possono disporre coercitivamente (in base alla normativa in vigore, beninteso) tutto quanto credano opportuno attivare, ma se non si arriverà almeno ad un’armonizzazione tra le incontestabili necessità idrauliche con il rispetto e la salvaguardia ambientale, in caduta libera esponenziale, le cose non potranno che peggiorare sotto tutti i punti vista. Artificializzare un fiume infine è controproducente a prescindere. Anche ai benpensanti ed al pubblico generalista, ovviamente estraneo, senza colpa alcuna, alla contestualizzazione tecnica, mi occorre segnalare che non si senta troppo protetto da questa tipologia d’indirizzo. Le leggi (pratiche) in vigore sull’ambiente, che piaccia o meno, le detta per ora ancora la Natura, ed ogni errore si paga, non solo monetariamente. Quanto ai propugnatori della cosiddetta “riqualificazione fluviale” siano essi di spirito volontario che istituzionale, cui, pur nei limiti della mia personale interpretazione, ideologicamente mi associo, abbiano a cuore anche una visione preventiva dei fenomeni (prevenire un danno è meglio che curarne i postumi, alias non si può accettare tutto ed in molti casi è purtroppo tardiva ogni qualsivoglia cura) anche per non cadere, in eventuali paritetici presupposti, in
“contradictio in terminis”.