Riceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato stampa del Comitato Beni Comuni Monza e Brianza
L’ennesima omissione, l’ennesimo oltraggio alla trasparenza sono stati compiuti dall’ATO di Monza e Brianza e dai vertici di Brianzacque.
Il 3 maggio 2013 l’AGCM (Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato) ha inoltrato la terza comunicazione ai vertici dell’ATO e di Brianzacque.
Questa comunicazione, di cui alleghiamo copia, è molto importante poiché assegna termini perentori e non differibili (30 giugno 2013) entro i quali Brianzacque deve necessariamente ottenere i requisiti stabiliti dalla normativa relativa all’in house providing, completando tutte le operazioni, non solo relative alla modifiche statutarie, ma anche quelle che dovrebbero portare la società ad essere direttamente partecipata dagli Enti locali. In assenza, l’AGCM fa presente che non tollererà ulteriori atti di proroga che saranno suscettibili di impugnazione tramite Avvocatura dello Stato (art 21 bis della L. n. 287/1990).
Alla luce dei contenuti della comunicazione e della evidente impossibilità di portare a termine le necessarie operazioni entro il termine assegnato, nascono alcuni inquietanti interrogativi.
Per esempio, è stato un caso il rinvio dell’Assemblea di ALSI avvenuto il 16 maggio, la sua convocazione il 22 maggio dopo la riunione dei Sindaci in Provincia, la delibera di avviare uno studio per la fusione completa di ALSI in Brianzacque e la nomina di un Amministratore Unico?
I Sindaci, in particolare quelli che hanno partecipato all’incontro in Provincia e che hanno poi presenziato all’Assemblea di ALSI, erano edotti della comunicazione dell’AGCM?
Le patrimoniali socie di Brianzacque, nonché il Comune di Monza, fresco socio di Brianzacque dopo l’acquisizione delle quota di Agam, erano al corrente di tale comunicazione?
L’AGCM ha ricevuto tutte le informazioni del caso, visto che nel comunicato non vengono citate problematiche relative alla presenza in Brianzacque di realtà quali IDRA, ASML, GSD?
Tutta l’operazione è nata nel segno dell’illegittimità e la situazione, con le ultime decisioni che sono state prese, viene ad aggravarsi sempre più per i motivi che non ci stancheremo di ripetere.
Per quanto riguarda la proprietà di reti e impianti giova ricordare che, alla luce della sentenza n. 320/2011, le uniche legittimate a detenerla sono le patrimoniali costituite precedentemente all’entrata in vigore del D.L. n. 112/2008, mentre Brianzacque, che patrimoniale non lo è mai stata, non potrà mai averla. Per inciso, la cosa non è indifferente in quanto in Brianzacque hanno già evidenti tendenze a cedere alle sirene del privato, come la vicenda delle Case dell’Acqua evidenzia.
A riguardo, il Ministero dell’Ambiente sul ricorso presentato dal Comitato Beni Comuni si esprime in questi termini: “La Corte Costituzionale, con sentenza 320/2011 del 24 novembre 2011, ha affermato il principio della incedibilità, a soggetti privati, delle infrastrutture a rete del servizio idrico integrato, comprendenti acquedotti, fognature, depuratori e relative infrastrutture pertinenziali;”…“Il conferimento in proprietà delle reti idriche, ad una società per azioni, anche se a capitale interamente pubblico (n.d.r. Brianzacque nemmeno lo è!), trasformerebbe le reti medesime in patrimonio aziendale privato e le renderebbe pertanto soggette a trasferimento in favore di un terzo o ad azioni esecutive, con violazione degli artt. 822, 823 e 824 del codice civile. La sola partecipazione pubblica, ancorché totalitaria, in società di capitali non vale a mutare la disciplina della circolazione giuridica dei beni che formano il patrimonio sociale e la loro qualificazione”.
La tutela dei beni pubblici, a noi tanto cara e ben delineata dal Prof. Rodotà, impone che la proprietà pubblica dei beni comuni non possa essere trasferita ad una società che, pur avendo la totalità delle quote nelle mani degli enti, è un organismo di diritto privato e non può essere proprietaria delle reti che sono demaniali e inalienabili. Il rischio di trasferirle a Brianzacque è che in ipotesi di dissesto i beni possano finire nelle mani di un privato, magari quotato in Borsa. L’ipotesi non è così peregrina, visti i precedenti degli amministratori di Brianzacque, con licenziamenti di dipendenti pubblici e società privatizzate (impianto di Truccazzano e Idra Fanghi).
Vale poi la pena ricordare che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato aveva già segnalato che: “l’affidamento in house a Brianzacque è avvenuto in assenza dei necessari requisiti per tale forma di affidamento”, “questi ultimi, infatti, devono logicamente essere integrati dalla società a ciò individuata, al momento stesso in cui le viene conferito l’affidamento del servizio senza che il possesso integrale degli stessi possa essere rimandato ad un momento successivo nel tempo”. Della stessa opinione il Ministero dell’Ambiente “E’ altresì condivisibile quanto sostiene il ricorrente, con il secondo motivo del ricorso, in ordine alla mancanza, da parte di Brianzacque s.r.l., dei requisiti giuridici per essere affidataria diretta della gestione del servizio idrico integrato”.
Sono quindi chiaramente illegittimi tutti gli atti con i quali i Comuni procedano alle operazioni finalizzate a partecipare direttamente in una società che ha ottenuto un affidamento definito illegittimo dall’AGCM e dal Ministero dell’Ambiente.
Ma è possibile che nessuno si renda conto che il tentativo di riorganizzare il servizio idrico secondo il progetto della Provincia è ormai fallito e che insistere su questa strada non può che peggiorare la situazione? Perché non si prende atto che questa strada, proprio perché illegittima, risulta irta di ostacoli pressoché insormontabili?
L’unico modo credibile per riorganizzare il servizio idrico, che possa scongiurare il pericolo di perdere, a favore del CAP, un’azienda brianzola con la quale rispondere in modo più efficace alle esigenze della cittadinanza è quello di affidarlo alla grande patrimoniale brianzola che nascerebbe a seguito delle varie operazioni di incorporazione tra quelle storicamente esistenti sul territorio. Ancora più proficuo sarebbe accorpare il ciclo dei rifiuti e quello dell’acqua, visto che le patrimoniali brianzole già gestiscono i due servizi.
Al termine di questo percorso si potrebbe quindi finalmente creare, questo deve essere il vero obiettivo, una grande azienda speciale consortile, Ente pubblico che finalmente gestirà il servizio idrico e il ciclo dei rifiuti al servizio dei cittadini e nella massima trasparenza, mettendo al riparo i beni comuni dalle logiche di un mercato perverso.
Alla luce di quanto esposto chiediamo:
1) l’immediata convocazione di un’Assemblea straordinaria di ALSI per:
- - revocare la delibera con la quale, per l’amministrazione della Società, è stata scelta la figura dell’Amministratore Unico (il soggetto nominato, oltretutto, risulta essere uno dei maggiori artefici del fallimentare progetto finora portato avanti);
- - nominare con scrutinio segreto un C.d.A. autorevole in grado di veicolare il processo di aggregazione con le altre patrimoniali (IDRA, AEB/GELSIA, ASML, SIB, GSD);
- - revocare la delibera con la quale si è avviato lo studio per la fusione di ALSI in Brianzacque
- - sostituire il CdA dell’ATO;
- - revocare tutti gli atti preordinati e conseguenti all’illegittimo affidamento del servizio a Brianzacque;
- - confermare la gestione del servizio con le modalità antecedenti la Delibera n. 85, nelle more dei processi di accorpamento tra le patrimoniali.
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