di Dario Balotta, presidente ONLIT (Osservatorio Nazionale Liberalizzazioni Trasporti e Infrastrutture)
“È inaccettabile che oggi, dopo mesi in cui abbiamo ripetuto che il trasporto pubblico poteva diventare il collo di bottiglia se non fossero stati riprogrammati gli orari, ci si venga a dire che si chiudono scuole e attività produttive perché i trasporti si sono fatti trovare impreparati”: a dirlo è Arrigo Giana, presidente di Agens (l’Agenzia confederale dei trasporti) e amministratore dell’azienda trasporti milanese (Atm).
Di veramente inaccettabile nel 2020, tuttavia, c’è un’altra cosa: il fatto che Atm - come tutte le aziende di trasporto pubblico italiane - non abbiano ancora chiaro che il mondo e la mobilità sono cambiati, e che sono soltanto loro a vivere di rendita, garantiti da concessioni che durano da decenni senza quasi mai essere state messe a gara. Zero flessibilità, zero innovazione, tante garanzie pubbliche, soldi a palate e aziende strutturate ancora come negli anni ’80: sono queste le vere cause del fallimento dei sistemi di trasporto pubblici.
Attualmente, rispetto al periodo pre-Covid la mobilità si è ridotta della metà; nella gran parte delle scuole superiori i flussi degli ingressi e delle uscite sono stati ridotti del 50% grazie alla didattica …
… gli over 65 si muovono prevalentemente in automobile. Dunque, che cosa serve ancora ad Atm per evitare gli affollamenti? Sarebbe bastato rafforzare le linee più congestionale con qualche autobus a noleggio.
Un’azienda come Atm, del tutto autoreferenziale nonostante si dipinga come una realtà all’avanguardia, invece di chiedere al mondo di cambiare dovrebbe farlo essa stessa attraverso un rapido mutamento organizzativo, che al contrario non ha neppure ipotizzato, lasciandosi andare a un facile quanto inutile “scarica barile”.
martedì 27 ottobre 2020
Lo scarica barile del trasporto pubblico
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