domenica 18 maggio 2014

Ceredo: la ricerca della cascina perduta

La cascina Ceredo a Seregno
Il nome Ceredo deriva da cerredo o cerreto, a sua volta derivante da cerrus, ovvero cerro o quercia; la denominazione rimanda quindi all'antica copertura boschiva dei luoghi.

Il Ceredo entra nella storia nella seconda metà del XIII sec., quando il bosco originario era ormai ridotto a pochi residui e la quasi totalità delle terre era destinata ad arativo. A quell'epoca risalgono infatti i primi documenti che lo nominano e soprattutto la contesa che oppose, dal 1273 al 1311, il Monastero di S. Vittore di Meda, proprietario quasi esclusivo dei terreni, alla famiglia dei Torriani, che se ne impossessarono in due riprese. La disputa vide trionfare il Monastero, in seguito alla sconfitta definitiva dei Torriani da parte dei Visconti, e da allora le Monache rimasero padrone indiscusse del Ceredo fino alla soppressione del Monastero stesso nel 1798 (vedi più avanti).

La Madonna del latte, affresco sulla facciata della cascina
A proposito di cereali, dobbiamo ricordare che il frumento all'epoca era un prodotto piuttosto pregiato, che il mais naturalmente non era ancora conosciuto in Europa e che la base dell'alimentazione popolare era costituita da una mistura di segale e miglio, così come il canone d'affitto pagato alle Monache per le terre del Ceredo dal comune di Seregno, che alla fine del XIII sec., variava dalle 85 alle 130 moggia all'anno.

Comunque nella zona non c'era traccia di abitazioni, per le quali bisognava aspettare ancora due secoli. E' del 1495 infatti la prima notizia della "cassina del Ceredo", allora "costituita da due case contigue con antistante portico, rustici di paglia per gli attrezzi agricoli, stalla, aia, orto e vigneto per i due fittavoli che si dividevano la conduzione dell'intero podere.  (...) Oltre alla solita mistura di segale e miglio, vi si producevano rape, fagioli, ceci, olio di lino, grano e - dopo la parziale riconversione in vigneto di quelle che un tempo erano soltanto terre arative - anche il vino, il cui largo consumo ne stimolava la produzione, prevista nei canoni di fine Quattrocento accanto alla cera, ai capponi, alle uova, a ciliege, amarene e marroni." [M. Tagliabue in (1)]


Questo contratto di locazione ne fa la prima cascina di Seregno di cui si abbia notizia, anche se probabilmente coeva o addirittura più antica deve considerarsi la cascina Arienti (ora frazione San Carlo), visto che nei due censimenti alla metà del '500 questa risultava di 5 e poi di 7 "fuochi" (cioè famiglie) mentre quella del Ceredo ne contava solo tre.


Nella seconda metà del XVII sec. le monache di Meda fecero costruire una chiesetta per i fittavoli, che fu intitolata a S. Ambrogio; la cascina veniva ora chiamata "il Chiaré". Pochi anni dopo probabilmente furono demolite o rimaneggiate le prime abitazioni per costruire una grande cascina, che rimane in parte ancora oggi e che reca incisa la data del 1694.

Questa cascina è quella che risulta dalle mappe del Catasto teresiano, redatte all'inizio del secolo successivo (1721-22). Queste stesse mappe ci danno una fotografia della situazione: le proprietà del Monastero di Meda comprendevano oltre al Ceredo anche le aree degli attuali parchi della Porada e del Meredo; parte del terreno arativo era vitato o, in minor misura, "con moroni", ovvero piante di gelso, chiaro sintomo del fatto che stava prendendo piede la bachicoltura; resistevano solo circa 38 pertiche di bosco, pari a poco meno di 25.000 mq.

Catasto Teresiano - 1722
Nel frattempo, verso la metà del '600, nella nostra zona era stata introdotta la coltura del granoturco, che si diffuse sempre più nel XVIII sec., mentre perdevano importanza i cosiddetti "cereali minori" come la segale e il miglio.
Ma alla fine di quel secolo la Rivoluzione arrivava a coinvolgere, o a sconvolgere, anche la cascina del Ceredo. Nel 1798 infatti il Monastero di Meda fu soppresso e i suoi beni incamerati dalla Repubblica Cisalpina e poi ceduti per pagare forniture militari. L'acquirente a sua volta vendette il Chiarè con la maggior parte dei terreni circostanti a Giuseppe Rivolta. Questi trasformò tutta l'ala est della cascina in una villa, che esiste ancor oggi. Forse contemporaneamente venne costruita una parte nuova di lato e davanti alla cascina, che la chiudeva a corte allungata, con il lato aperto verso la villa.

L'attuale Oratorio della B.V. Addolorata
Il vecchio Oratorio di S. Ambrogio fu demolito e fu ricostruito sul lato della villa che dava verso la cascina; probabilmente in tale circostanza cambiò l'intitolazione, prendendo quella alla Beata Vergine Addolorata, in onore della statua lignea già presente nella vecchia chiesetta.

Il "Casun"
Altri fabbricati, tra cui il cosiddetto "Casun", furono aggiunti più tardi; possiamo vedere la situazione dopo la metà dell'800, che ci è rappresentata dal catasto del Lombardo-Veneto del 1856-73 (il fabbricato a C sulla destra è quello della villa).

Catasto Lombardo Veneto -1856/1873
Un nuovo restauro della cascina fu effettuato nel 1906, come ci informa la data incisa sul muro, che reca anche il nome Rivolta, famiglia che evidentemente deteneva ancora la proprietà. Negli anni successivi tuttavia la villa passava alla famiglia Fumagalli, che la possiede ancor oggi e con il cui nome è conosciuta.

Ca' Foeu o Casa delle margherite
Al 1914 risale la cascina Fumagalli, soprannominata Ca' Foeu o Casa delle margherite, fra via Induno e via Lambruschini, e sempre alla prima metà del XX sec. risalgono le case lungo via Lambruschini, dietro la chiesa attuale, e il caseggiato di fronte alla villa in via Cadore - soprannominato Tri Boeucc -, in cui si aprivano i negozi di prima necessità. Il tutto è fotografato nella bella veduta aerea del 1943, in cui si notano il bel giardino della villa e i campi estesi a perdita d'occhio.

Veduta aerea nel 1943. Immagine tratta dal sito della Parrocchia del Ceredo
Nella prima metà del '900 era ancora molto diffuso l'allevamento dei bachi da seta. Nella Curt de la Gesa o Curt de' Matt Matisch, come veniva chiamata adesso l'antica cascina, i gelsi crescevano spontaneamente, così come numerosi crescevano nella campagna circostante. La vendita dei bozzoli costituiva un'importante integrazione al ricavato dal lavoro dei campi, che era ancora prevalente.

Cascina Ceredo o Curt de la Gesa prima del 1980. Foto Radaelli, tratta da (3)
La villa Fumagalli fu sede durante l'ultima guerra di un incontro clandestino di partigiani a cui partecipò anche Sandro Pertini in rappresentanza del Comitato di Liberazione Nazionale.

E siamo ormai prossimi ai nostri giorni. E'del 1964 la costruzione dell'attuale chiesa di San Giovanni Bosco - di cui quest'anno ricorre il cinquantenario - ed era da poco iniziata quell'espansione edilizia, durata circa trent'anni, che ha snaturato completamente la fisionomia della frazione.

Il Ceredo ai giorni nostri (da Google Earth)
Nel 1980, dopo la demolizione della parte anteriore della Curt de la Gesa, veniva costruito un condominio proprio davanti all'antica cascina, che contemporaneamente veniva ristrutturata e rialzata di un piano.


Oggi per cercare la cascina del Chiaré bisogna entrare in un angusto vicoletto, al termine del quale il fabbricato che ci si trova davanti dice ben poco del suo lungo passato.

Testo di Chiara Ballabio 
Fotografie di Zeno Celotto

© riproduzione riservata
 
Riferimenti bibliografici:
1) Seregno. Una comunità di Brianza nella storia (secoli XI-XX). A cura di G. Picasso e M. Tagliabue - Seregno 1994
2) AA.VV. - Il futuro nella tradizione e nell'attualità - Besana Brianza, 1982
3) Parrocchia San Giovanni Bosco al Ceredo - Una comunità che fa memoria - Osnago, 1990

1 commento:

  1. Bravi
    Ottimo lavoro! Un'occasione per uscire dalla massificazione dei luoghi e della storia anche locale che i nostri amministratori, seppur leghisti (?) , non sanno valorizzare riempendosi la bocca solo di "macroregione"..."padania libera"......"brianza autonoma".........

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