venerdì 15 febbraio 2013

La Pedemontana è diventata lo zombie della Brianza


La tratta B2 sempre più a rischio, tra collasso da traffico e disastro ambientale. Una soluzione c'è, ma occorre realismo, umiltà e trasparenza.

Doveva essere la soluzione ai problemi di mobilità della Brianza, diventerà un macigno gettato in mezzo ad un sistema di viabilità da tempo prossimo al collasso. Ostaggio di calcoli politici e vittima della sindrome da gigantismo infrastrutturale, l'opera, i cui cantieri sono aperti da tre anni con la promessa, ormai dichiaratamente impossibile, di completare tutto il tracciato (da Malpensa a Dalmine) per Expo 2015, non ha ancora ultimato il primo e il più inutile dei suoi cinque lotti, ovvero il collegamento tra la A8 e la A9 a Lomazzo, provocando immensi danni ambientali solo per fare un inutile raddoppio dell'autostrada dei laghi. 

Non si sa nulla di ufficiale del secondo lotto, quello che dovrebbe collegare la A9 alla superstrada Milano-Lentate, anche se si vocifera che il progetto esecutivo sia stato finalmente consegnato dalla società vincitrice dell'appalto, il colosso austriaco Strabag. Poco più che voci di corridoio, dal momento che la concessionaria, Autostrada Pedemontana Lombarda (APL) Spa, si guarda bene dal mettere a disposizione informazioni su un progetto da oltre 5 miliardi di euro, in parte coperti da finanziamenti e crediti statali. 

Ma è sulla tratta B2, consistente in una radicale riqualifica e ampliamento di circa 12 km della esistente superstrada da Lentate S/S a Cesano Maderno, che i dubbi sono più forti. Qui infatti la cantierizzazione avverrebbe in un'area ad elevatissima densità urbana, e in cui per di più i pochi terreni liberi sono tutt'ora contaminati dalla diossina rilasciata dall'incidente di Seveso del 1976: un inquinamento che interessa anche il territorio di Desio, dove sorgerebbero alcuni dei più grandi cantieri della successiva tratta C, facendo sì che la semplice movimentazione dei suoli provocherebbe la dispersione in atmosfera delle polveri tossiche. Un problema ampliamente sottovalutato nei progetti di Pedemontana, ma che rischia di far lievitare enormemente i costi dei cantieri. Ad essere investita dall'intervento, inoltre, sarebbe una arteria fondamentale di collegamento da e per il capoluogo lombardo, strada già congestionata oltre ogni limite, incapace di accogliere l'ulteriore traffico delle tratte di adduzione di Pedemontana. Il condizionale è d'obbligo, perchè sul fatto che i cantieri partano veramente ogni dubbio è legittimo, di fronte ad una APL che vede ai suoi vertici dimissioni e nuove nomine ad ogni cambio di stagione, e di cui ormai è chiaro lo stato di drammatica prostrazione finanziaria, dal momento che il socio di maggioranza, Serravalle Spa, non versa le quote di capitale sociale e le banche finanziatrici vogliono vederci chiaro sul futuro dell'opera. 

“Pedemontana più che un ecomostro è già un morto che cammina, un eco-zombie, che però può fare ancora molti danni al territorio - dichiara Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia - il progetto deve essere rimodulato e risanato con energici tagli all'opera principale e alle viabilità complementari, e questo deve avvenire in modo trasparente, riaprendo i tavoli con tutti gli enti interessati dall'opera. L'obiettivo è il dimezzamento secco dei costi e, conseguentemente, dell'impatto ambientale”.

Un obiettivo impossibile? No, a giudizio di Legambiente, che ritiene l'opera sproporzionata ai bisogni reali. Ma la rimodulazione va fatta scrivendo un nuovo patto sia con l'ente concedente (CAL, concessionaria Autostradale Lombarda, partecipata da Regione Lombardia e ANAS ciascuna al 50%) che con i comuni e gli altri enti del territorio, finora tenuti fuori dalla porta.

“Alla Lombardia non serve un'autostrada che riduca di 20 minuti i tempi di percorrenza tra Malpensa e Orio, ma un'opera che aiuti a risolvere il nodo brianzolo e le esigenze di mobilità dei pendolari e delle imprese: per questo è possibile fin d'ora cancellare definitivamente il lotto D, il più lungo, di collegamento tra Vimercate e Osio, così come i secondi lotti delle tangenziali di Varese e Como, e ridurre calibro e svincoli della tratta centrale tra Desio e Vimercate, anche alla luce del vistoso calo dei flussi di traffico che si sta registrando su tutta la rete stradale. Riguardo alla riqualifica della Milano-Lentate, una soluzione molto più sobria ma funzionale è quella di limitarsi ad introdurre la terza corsia reversibile, da usare alternativamente verso Milano al mattino e verso Lentate nell'ora di punta pomeridiana, riducendo allo stretto indispensabile le cantierizzazioni su suolo contaminato”.

Su un aspetto però gli ambientalisti non sono disposti a sconti: le misure compensative ambientali. “Senza una revisione dell'intero progetto, andiamo incontro ad un cantiere che impiegherà decenni a completarsi, con il rischio concreto di diventare una immensa area dismessa a meno di improbabili e inopportune elargizioni di denari pubblici, e con la certezza che le uniche opere che verranno rimandate sine die saranno le compensazioni ambientali: questo è proprio ciò che non può permettersi un territorio già gravemente penalizzato da Pedemontana”.

Quello delle grandi opere inutili, pesantissimo retaggio dell'era formigoniana, rappresenta un tema troppo poco considerato dai candidati alle imminenti elezioni regionali, per questo Legambiente è tra i promotori del dibattito “Grandi opere inutili in Lombardia: quando basta?” che si terrà sabato pomeriggio , con interventi di Ivan Cicconi, esperto di appalti pubblici, Dario Balotta, responsabile trasporti di Legambiente Lombardia, Ettore Prandini, presidente di Coldiretti Lombardia. Appuntamento con la stampa alle ore 14.30, sabato 16 febbraio, salone ACLI di Milano in via della Signora.

Legambiente Lombardia

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