Ci siamo imbattuti in un interessante articolo pubblicato su The New Yorker, scritto da Shayla Love (link originale), che esplora una questione affascinante e ancora poco dibattuta: gli insetti possono provare dolore? Sebbene il tema non riguardi direttamente i temi trattati dal nostro blog, abbiamo ritenuto utile segnalarlo per la sua capacità di ampliare lo sguardo sul rapporto tra esseri umani e mondo naturale. L’articolo ci invita a riflettere su argomenti etici e scientifici di grande rilevanza, offrendoci una nuova prospettiva su creature spesso trascurate ma fondamentali per gli ecosistemi globali.
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Post ispirato al lavoro di Shayla Love, pubblicato su The New Yorker (link originale)
Negli ultimi anni, il dibattito scientifico sulla possibilità che gli insetti possano provare dolore e avere esperienze soggettive ha guadagnato sempre più attenzione. Sebbene l’idea che esseri così piccoli possano soffrire possa sembrare radicale, una crescente quantità di ricerche sta dimostrando che potremmo aver sottovalutato le loro capacità cognitive ed emotive.
Un gruppo di biologi e filosofi, guidati da Lars Chittka e Jonathan Birch, ha recentemente pubblicato la Dichiarazione di New York sulla Coscienza Animale. Questa dichiarazione sostiene che esiste una “possibilità realistica” di esperienza cosciente non solo in tutti i vertebrati, ma anche in molti invertebrati, come api e moscerini della frutta. Sebbene gli scienziati non abbiano prove definitive, l’approccio è prudente: accumulare evidenze da diverse discipline per stimare le probabilità.
Il dolore è distinto dai riflessi automatici, come il ritrarre la mano da una superficie calda. È un’esperienza soggettiva e complessa, che implica emozioni e cognizione. Alcuni scienziati, come Shelley Adamo, rimangono scettici sul fatto che cervelli così piccoli possano generare esperienze di dolore simili a quelle umane, sottolineando l’assenza di strutture analoghe all’amigdala umana nei cervelli degli insetti. Altri, come Andrew Barron e Colin Klein, propongono che gli insetti possano vivere sensazioni rudimentali di fame, sete o dolore, che li aiutano a evitare danni.
Le ricerche di Chittka e dei suoi colleghi hanno rivelato comportamenti sorprendenti negli insetti:
- Le api possono contare, riconoscere volti e imparare a usare strumenti.
- Esperimenti sui grilli hanno dimostrato che questi animali possono imparare a evitare stimoli dolorosi e associare colori a ricompense.
- Gli insetti possiedono nocicettori (recettori del dolore), collegati a parti del loro cervello che integrano apprendimento e memoria.
Un esempio emblematico è quello dei bombi, che, quando esposti a sonde calde, mostrano comportamenti di grooming mirati alle antenne toccate, suggerendo una risposta specifica a uno stimolo sgradevole.
L’idea che gli insetti possano soffrire solleva domande etiche profonde. Le pratiche agricole e industriali, come l’allevamento e la macellazione delle larve di mosca soldato nera, sono state criticate per non considerare il potenziale dolore inflitto. Meghan Barrett, una studiosa di etica degli insetti, ha sottolineato la necessità di sviluppare metodi più umani per trattare questi animali.
Per molti, l’idea di proteggere il benessere degli insetti è difficile da accettare, forse perché mancano delle caratteristiche che solitamente ispirano empatia, come il pelo soffice o il canto melodioso. Tuttavia, alcuni scienziati, come Chittka, trovano affascinante l’idea che siamo circondati da creature senzienti. Se gli insetti provano dolore, come suggeriscono molte evidenze, le implicazioni etiche e pratiche del nostro rapporto con loro potrebbero essere enormi.
Questa nuova visione non solo ci invita a rivedere le nostre abitudini, ma anche a riconoscere la complessità della vita, persino nelle forme più piccole e apparentemente insignificanti. La domanda su cosa significhi essere senzienti potrebbe non trovare mai una risposta definitiva, ma ci spinge a considerare il mondo naturale con maggiore rispetto e umiltà.
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