venerdì 24 aprile 2020

25 Aprile: data memorabile per gl'Italiani

Seregno, 1945. Il palazzo comunale imbandierato per l'arrivo delle truppe alleate
Nei mesi scorsi scartabellando nei faldoni dell'Archivio Storico del Comune di Seregno abbiamo avuto il piacere di scoprire una serie di componimenti scritti, nel 1954, dagli alunni delle scuole cittadine per celebrare il 25 Aprile.

Nel leggerli ci ha colpito come i ragazzi siano riusciti a cogliere l'esatto significato di quella "data che segna l’inizio di un’altra vita!"

#iorestolibero e festeggio la Liberazione


Riportiamo di seguito uno dei componimenti premiati, scritto nel 1954, dall'alunna Teresa Tomellini della classe 3° Avviamento Commerciale, Scuole Mercalli

25 Aprile

Venticinque aprile 1945! Data memorabile per gl’Italiani, data che segna l’inizio di un’altra vita! I fascisti ed i tedeschi sono cacciati!

Si avranno vere e nuove elezioni e verrà proclamata la Repubblica. Finalmente l’Italia avrà un Governo libero, uomini liberi, che possano dire e far valere le loro ragioni.

Nove anni sono passati da quel giorno eppure l’entusiasmo nel celebrare l’anniversario di questa data non è assopito. Gli italiani non possono scordare le ansie, i timori, i travagli passati nove anni prima, quando erano costretti ad agire nell’ombra e combattere clandestinamente il prepotente invasore, nemico di ogni libertà di pensiero. Più che uomini eravamo considerati bestie da soma, costretti a lavorare solo per il benessere e le ambizioni dei nostri aguzzini. No! I nostri padri e noi stessi non possiamo scordare ciò che c’è stato ed imposto per tanti anni. Il solo ricordo delle ingiustizie fatte ci fa ribollire il sangue nelle vene. Per questo dobbiamo celebrare con solennità la ricorrenza! Di quella giornata memorabile io purtroppo non rammento distintamente i particolari essendo allora piccina. Cercando nei miei ricordi vedo ancora pochi giorni prima di questo avvenimento: fascisti che cercavano di scappare, americani su veloci camionette che ci obbligavano a rientrare e a chiuderci nelle nostre case.

Vedo ancora la mia mamma con al collo il piccolo Gianni che piangendo mi prendeva per le mani facendomi rientrare in casa ed io (oh! benedetta età dell’incoscienza) volevo restare fuori per vedere quei soldati che venivano d’oltre oceano con uniformi mimetizzate e certi elmetti in testa….
Mi sembrava di vivere in un sogno e non in una ben dolorosa realtà.

Poi il giorno della liberazione. Uomini, giovani, donne, tutti sporchi, impolverati, coi visi trasfigurati, che, pazzi di gioia, si abbracciavano. Io, ricordo, ridevo delle facce che facevano. Credevo, a quell’età, che la gioia si potesse avere solo per un giocattolo donato, e non perché degli uomini scappassero….

Avevo cinque anni allora, ora ne sono passati nove e, sebbene poco, comprendo perché gli italiani erano pazzi di gioia in quel giorno: erano finiti i timori, si era giunti finalmente all’agognata, tanto attesa, tanto sospirata pace.

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