di Dario Balotta, presidente ONLIT (Osservatorio Nazionale Liberalizzazioni Infrastrutture e Trasporti)
Da una parte si chiedono nuove competenze - rivendicando la maggiore efficienza della gestione regionale - contemporaneamente, senza troppa pubblicità, si restituiscono quelle considerate scomode. E così si scopre dalla Gazzetta Ufficiale del 28 gennaio scorso che le regioni che più puntavano al federalismo e all’autonomia differenziata (la Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte) hanno chiesto e ottenuto la restituzione all’Anas, la società pubblica che gestisce la rete, di 3.200 km di strade regionali oramai disastrate e piene di buche.
La Lombardia cederà 1.086 km di strade, una vera e propria Caporetto federalista. La provincia che si è liberata dell’estesa di rete maggiore è quella di Pavia con 299 km. Seguono le provincie di Brescia con 178 km, di Bergamo con 170, di Mantova con 131, di Milano e di Sondrio con 66, di Varese con 59, di Lecco con 55, di Cremona con 45, di Como con 10 e di Monza con 3 km.
L’operatività del trasferimento dei vari tratti di strade, che saranno riclassificate come statali, è ora subordinata ai verbali di consegna che quantificheranno i costi necessari per la loro gestione e che a sua volta verranno riconosciuti come corrispettivi che il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti verserà all’Anas. Vent’anni fa - in Lombardia nel cuore dell’epoca formigoniana - le regioni avevano preteso e ottenuto di gestire le strade statali, a livello locale, certe che lo avrebbero fatto meglio della azienda statale. La Lombardia passò le strade alle Province. Il risultato è stato però lo stesso: a vent’anni di distanza la manutenzione è crollata, l’asfalto è una groviera e ogni viaggio è diventato un pericolo. Ora, invece di investire di più e gestire meglio le strade, si rinuncia a qualsiasi sforzo e si richiama in aiuto lo Stato. E tutto mentre si pretendono dallo Stato centrale dopo il referendum consultivo del 2017 nuove competenze.
In mano alla Regione restano i monumenti al fallimento del federalismo stradale: le autostrade regionali (dannosissime e per fortuna mai partite in Lombardia, come Broni-Mortara, Cremona-Mantova, Treviglio- Bergamo e Valtrompia) e la gestione delle fallimentari e/o incomplete nuove autostrade (le Pedemontane Lombarda e le semivuote BreBeMi e Tem).
Tra i 1.086 km di rete trasferiti spicca la Strada Statale 294 della valle di Scalve, una sessantina di km in alta montagna dove l’11 gennaio scorso al confine tra le provincie di Bergamo e Brescia si sono staccate parti di calcestruzzo dalla volta di una galleria della via Mala provocando un incidente che ha coinvolto tre autovetture, una delle quali è stata colpita dai calcinacci.
Come dimostra il caso Trenord, società al collasso praticamente fin dalla sua nascita, dieci anni fa, il federalismo dei trasporti non ha mai portato bene alla lombardia. Invece d’invocare sempre più competenze, i loro presidenti dovrebbero gestire meglio quelle che hanno.
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