lunedì 25 ottobre 2021

Mai più Cadorna nelle nostre città

Foto tratta da Wikipedia. Gruppo di Stato Maggiore. Il Generale Cadorna è il primo sulla destra.

 

Riportiamo di seguito un articolo di Ferdinando Camon pubblicato, ormai quattro anni fa su l'Avvenire ed in questi giorni ripreso dalla rivista eco-pacifista "Tera e Aqua".

 

Togliamo da vie e piazze il generale massacratore. Mai più Cadorna nelle nostre città.

 

di Ferdinando Camon

La sconfitta di Caporetto, nel 1917, vuol dire sconfitta finale di Luigi Cadorna: non è una sorpresa, se uno tiene presente la sua tattica, l’immenso spreco di vite umane in cambio di un briciolo di territorio, o anche di niente. Mettendo in fila le 11 spallate dell’Isonzo, con le centinaia di migliaia di vite umane che sono costate, sempre con la tattica suicida dell’attacco frontale, in fondo si vede Caporetto: la spallata finale e la sconfitta finale, la catastrofe.

Ordinare a un soldato o un reparto di andare a un’operazione in cui rischia di morire, è nello spirito  militare: un soldato o un reparto sanno che possono morire.Ma con gli ordini di Cadorna, e degli ufficiali che applicavano le sue direttive, i soldati sapevano un’altra cosa: che “dovevano” morire, non avevano nessuna possibilità di salvarsi. Non erano ordini di battaglia, ma una condanna a morte. Senza alcuna colpa e alcun vantaggio: Il vantaggio lo vedeva solo Cadorna, ma era una sua allucinazione.

Cadorna ha scritto un libro, una spiegazione del proprio concetto di battaglia, di distruzione del nemico, di vittoria, e dell’obbligo dei soldati all’obbedienza totale, anche agli ordini che prevedono la loro morte. La sua guida al combattimento, distribuita a tutti gli ufficiali, si può ancora trovare, in copia anastatica, con la firma a mano del Generalissimo. S’intitola Attacco frontale e ammaestramento tattico. L’unica idea tattica di Cadorna è l’assalto. Tu vai di corsa contro il nemico, più ti avvicini più il nemico ha paura, quando gli sei addosso il nemico si nasconde in fondo alla trincea.

Prendiamo Emilio Lussu, “Un anno sull’Altipiano”, pag. 107. Lussu è finalmente arrivato addosso al nemico, davanti alle sue trincee, per strada son caduti quasi tutti i suoi compagni di reparto, falciati dalle mitragliatrici. Lussu è sorpreso dal tonfo pesante con cui cadono, come se precipitassero dagli alberi. È a portata del nemico. Ce l’ha davanti. È la situazione sognata da Cadorna, quella in cui il nemico dovrebbe «acquattarsi». E invece: «Io vidi quelli che ci stavano di fronte, con gli occhi spalancati e con un’espressione di terrore quasi che essi e non noi fossero sotto il fuoco. Uno, che era senza fucile, gridò in italiano: «Basta! Basta!». «Basta» ripeterono gli altri, dai parapetti. Quello che era senz’armi mi parve un cappellano. «“Basta! Bravi soldati. Non fatevi ammazzare così”».
Ci voleva un cappellano per accorgersi dell’insensatezza di quella strage. Cadorna impostava i suoi attacchi frontali per giungere in faccia ai nemici e vederli «acquattarsi» per paura di morire, invece li vede spaventati per la nostra morte in massa, la nostra strage. Il nemico non ha pietà di sé ma di noi. L’attacco frontale di Cadorna è un omicidio di massa per il comandante, un suicidio di massa per la truppa.

Qualche anno fa, dai giornali ho chiesto alle città che hanno vie o piazze dedicate a Cadorna di cancellare il suo nome. Udine l’ha fatto subito. E Udine è la città dove Cadorna aveva posto la sede del suo comando. Da questo giornale, che ha condiviso e condivide questa ormai urgente domanda, torno a estendere la richiesta alle altre città. (L’Avvenire 21 ottobre 2017)

 

PROPOSTA PER LA BRIANZA


Anche in Brianza ci sono vie, piazze, scuole dedicate al massacratore. Il problema che le amministrazioni comunali contrappongono, di dover cambiare gli indirizzi degli abitanti, è risolvibile: il padre di Luigi, Raffaele Cadorna comandò le truppe che presero Roma nel 1870 e suo figlio, con lo stesso nome Raffaele (1880-1973), ufficiale del Regio esercito italiano, nel 1935 dissente dall’invasione dell’Etiopia e dopo l’8 settembre 1943, difende Roma contro i tedeschi e diventa comandante del Corpo Volontari della Libertà, capo militare della Resistenza. Perciò è sufficiente cambiare il nome Luigi in Raffaele.


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